Epilogo: Un migliaio di continui viaggi

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"Merda, merda, merda."

Nella frenesia di tornare a casa, mi ero quasi scontrato con un'anziana donna nella foga che si aprissero le porte dell'edificio. Il suo sguardo si trasformò dallo sbigottito all'arrabbiato in un secondo. Ignorai velocemente il suo sguardo d'odio dirigendomi verso l'ascensore.

I miei nervi si erano tesi quando avevo ricevuto una chiamata al lavoro. Ero nel mezzo di una riunione e sentivo il cellulare continuare a vibrare in tasca.

La novità aveva stravolto il mio mondo e rovinato l'atteggiamento positivo con cui avevo iniziato la giornata. Immaginavo che a tutti capitassero questi giorni, no? E pensare che avevo lasciato l'appartamento con un sorriso sul volto grazie ad una certa biondina che avevo incontrato sulla mia strada dieci anni fa. Stavo tornando a casa da lei, sapendo che non stava indossando neanche il suo sorriso.

La mia impazienza mista alla lentezza dell'ascensore e alla tristezza di non aver avuto il tempo di comprendere, lanciai una serie di imprecazioni e fui premiato con un brusco rimprovero dalla stessa anziana signora con cui mi ero scontrato venendo qui.

Reazione tipica delle anziane. Giuro, le persone dovrebbero essere più discrete con i loro giudizi. Ma di nuovo, neanche io li tenevo per me, nonostante fossero passati dieci anni dal mio diploma. C'era ancora schiettezza in me, nonostante il passaggio all'età adulta.

"Oh, merda," mormorai, scuotendo la testa quando passò un minuto, non c'era traccia dell'ascensore. Sogghignando mi rivolsi all'anziana donna che si agitò nell'udire la mia scelta di parole e dissi, "Scusi signora. Voglio solo andare dalla mia ragazza, solo questo."

Beh, questo di certo la fece addolcire.

Finii per prendere le scale, saltai due gradini alla volta fino a che non raggiunsi il pianerottolo del quinto piano. Ero pronto a vedere una Jessica Andrews in lacrime e ad avvolgerla tra le mie braccia non appena entrato in appartamento, invece mi fermai sui miei passi quando vidi la cucina. Ci si poteva passare un dito guantato tanto era pulita cinque ore fa. Potrà sembrare un'esagerazione, ma questo posto era immacolato quando ero uscito per andare al lavoro. Con la colpevole seduta al tavolo, chiusi gli occhi e sospirai.

"Perché sembra che sia esploso un milkshake nella mia cucina?"

"Ehm..."

La vista di quello che sembrava un composto spiattellato per tutta la cucina, mi fece venire voglia di imprecare. Trattenni le parolacce e mi abbassai cautamente verso la piccola bambina seduta al tavolo. Mi fermai quando pareggiai il mio sguardo con quello della piccola Camryn Rose Radley.

Potevo giurare ci fosse qualcosa di diverso in Rebecca quando rientrai durante le vacanze primaverili un anno. L'estate dopo il mio anno al college, Rebecca mi aveva annunciato che lei e Mark avrebbero avuto un altro bambino. La nascita di Camryn fu un giorno importante per i Radley, come doveva essere. Con il forte legame che avevo con la mia famiglia, la chiamarono come la sua madrina e futura ufficiale babysitter. Era Jessica a fare maggiormente da babysitter in questo momento, perché io lavoravo durante il giorno. Adorava quella piccolina così come le bambine dell'orfanotrofio. Camryng era esilarante e adorabile come Chris quando aveva otto anni.

"Camryn," cominciai piano, posandole una mano sulla spalla. "Sai che tua mamma e tuo papà ti uccideranno, vero? E anche a me, in un certo senso. In realtà io non ero qui, quindi non possono incolparmi."

Lo so, sono bravo con i bambini.

I suoi occhi blu si riempirono di lacrime. Mise il broncio. "Stavo provando a fare i biscotti per Jessica," mi spiegò. "Pensavo di riuscirci perché aveva lasciato la ricetta sul bancone, ma poi non sono riuscita a rompere bene le uova ed è fuoriuscito tutto. Dovevamo cucinarli oggi, poi ha ricevuto una chiamata e mi ha detto di guardare la tv finché non fosse tornata. Ci ha messo così tanto."

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora