Capitolo Cinque: Una migliaia di verità nascoste

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"Reece!"

Passandomi un asciugamano sui capelli, uscii dal bagno e mi diressi verso la cucina, da dove Rebecca mi stava chiamando. Era in piedi, al centro della stanza con le mani sui fianchi e la bocca contratta. Non era difficile intuire la sua disapprovazione, mentre rivolgeva il suo sguardo verso il salotto.

"Che succede?" Le chiesi.

Si voltò verso di me e gesticolò verso la sala. "Hai visto cosa c'è di là?" Mi rispose.

Sbattei le palpebre e guardai il salotto. C'erano plichi di fogli ammassati disordinatamente sul tavolino. Molti dei giochi di Chris erano sparpagliati sul tappeto e sul pavimento. Diversi fili che collegavano la play station alla TV erano staccati e penzolavano nel nulla. Un pacchetto vuoto di patatine era a terra, a fianco al cestino, ma non avevo le energie per alzarmi e buttarlo via.

Mi sembrava tutto normale, ad essere sincero.

"Non ha nulla di diverso dal solito," le risposi, facendo spallucce.

Rebecca brontolò. "Stanno arrivando degli ospiti, Reece. Vuoi che pensano che in questa casa ci viva un branco di cannibali?"

Ghignai e mi piegai a prendere il pacchetto di patatine per buttarlo nel cestino. "Beh, è normale quando tre uomini vivono nello stesso posto..."

Rebecca si portò le dita alle tempie. "Non ricordarmelo," sospirò.

"Ci vuoi bene."

"Certo, siete i tre uomini più importanti della mia vita," disse, accarezzandomi la guancia, "ma siete anche dei maiali, quindi inizia a pulire."

"Che dichiarazione romantica," le dissi ironico.

"Si chiama amore," mi urlò allontanandosi. "E mettiti una maglietta!"

Mentre Rebecca andava in camera sua, guardai il disordine che regnava in casa. Non avevo nessuna intenzione di ripulire tutto da solo. Soprattutto quando i due quarti di tutta questa sporcizia era stata creata da un insegnante di geografia e da un bambino di nove anni.

Mi schiarii la voce ed urlai, "Chris! Muovi il tuo piccolo-"

Riuscii a trattenermi appena vidi Mark sul ciglio della porta che mi guardava con un' espressione di rimprovero. "Il linguaggio."

"Sedere," conclusi innocentemente. "Stavo dicendo sedere."

"Certo," strascicò Mark, per nulla convinto. La cosa che più mi piaceva di quell'uomo era che si comportava come se fosse mio padre. Era tranquillo, sarcastico e intelligente, ma c'era sempre se avevamo bisogno di lui. Gli interessava delle persone che lo circondavano, al contrario di quel bastardo di mio padre, che stava marcendo in prigione. Avrebbe dovuto imparare una cosa o due, come ad esempio crescere un figlio prima di iniziare a spacciare droga.

"Rebecca mi ha detto che hai compagnia stasera." Mark si avvicinò al tavolino, facendo una smorfia. "Mi ero dimenticato di questo tavolino," mormorò a se stesso, a bassa voce.

Ridacchiai e mi appoggiai al muro, mentre guardavo Mark impegnato ad accorgersi della confusione che regnava in quella stanza. "Sì, è vero," gli risposi.

"Qualcun altro, oltre a Kyle?"

Annuii. "Ci saranno anche un paio di ragazze che frequentano la mia stessa scuola, Charlotte e Jessica, dobbiamo lavorare ad un progetto di biologia."

Le lue labbra si schiusero quando sentì il nome di Jessica, però si ricompose subito. Non pensavo che Rebecca glielo avesso raccontato. "Non fare niente di cui potresti pentirti."

Alzai gli occhi al cielo. "Se pensi che abbia  intenzione di ingravidare una delle due e renderti nonno prima di quanto ti aspetti, devi essere impazzito. Non hai nulla di cui preoccuparti," gli dissi in tono secco.

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora