Capitolo Trenta: Un migliaio di vacanze improvvise

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"Reece!"

Brontolai a me stesso mentre gettavo delle magliette stropicciante in valigia. "Cosa c'è?" Urlai in risposta a Chris attraverso il muro che separava le nostre camere.

"L'arena per i miei beyblades non entra nel bagaglio."

"Allora non portarla!"

"Ma devo portarla!"

Porca puttana.

Avevo letto che la spontaneità ti faceva vivere i momenti migliori. Ma ora, mentre mi preparavo per una vacanza spontanea, il che significava viaggiare lungo tutto la costa est per andare a visitare i genitori snob di Rebecca, essere spontanei faceva un po' schifo. Penserete che Rebecca ci abbia dato un preavviso per il fatto che ci saremmo assentati gli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze invernali per andare in California.

No, ripensateci meglio. Cinque giorni era il tempo che avevamo avuto io e Chris per metterci l'anima in pace.

Sapevo che non sarebbe stato malvagio dal momento che avevamo l'opportunità di lasciare la fredda e congelata New York per dirigerci nella calda e soleggiata California. Ma non ero neanche felice dal momento che dovevo incontrare i genitori di Rebecca.

Li avevo già conosciuti una volta, quando avevo 15 anni ed avevo raggiunto l'apice del mio irresponsabile e rude comportamento. Nick, il padre di Rebecca, non era rimasto impressionato dalla mia personalità ed era furioso il giorno in cui mi aveva accompagnato in aeroporto per fare ritorno a casa. Non approvava la scelta di Rebecca di tenermi con sé. Secondo lui, ero un bagaglio in più che sua figlia doveva portarsi appresso.

Era passato un po' dall'ultima volta che avevo visto il suo volto raggrinzito. Nick era un vero stronzo sulla decisione che aveva preso Rebecca di adottarmi e ci evitava come se avessimo la pestilenza solo perché non riusciva ad approvare le scelte che sua figlia aveva preso nella propria vita. E sì, ovviamente avrebbe voluta incatenarla nell'elegante e ricca California per entrare a far parte delle sue multinazionali, piuttosto che vederla vivere a New York lavorando come cameriera e sposata con un insegnante delle scuole medie a condividere un tetto con un ragazzo problematico come me.

Avevo le mie dannate ragioni per non essere emozionato all'idea di rivedere la sua faccia rugosa di nuovo.

Nonostante ciò il nostro volo partiva stasera. Io e Chris eravamo rimasti a casa da scuola per finire di preparare le ultime cose o, nel mio caso, perché stavo procrastinando fino all'ultimo momento possibile. Jessica sarebbe passata più tardi a salutarci.

Le foto del suo calendario dell'avvento erano state il pezzo forte delle mie nottate durante il mese Dicembre; sapevo di doverle portare in California. Rimuovevo il cartoncino ogni sera prima di andare a letto ed il mio amore per lei cresceva ad ogni singola foto e frase.

Era un regalo davvero romantico, lo ammetto, però l'idea che lei ci abbia messo sé stessa era tutto ciò che mi interessava. Era stato divertente vedere le foto nell'album, molte mi riportarono nel viale dei ricordi.

I Radley dovevano avere più foto di quanto pensassi. Ce n'erano molte di me nel periodo della pre-adolescenza: io che tenevo in braccio Chris appena era nato, io e Kyle in qualche pizzeria e il mio sedicesimo compleanno. Alcune della nostra intera compagnia nell'aula di musica il giorno dello spettacolo e le foto che aveva scattato Jessica durante il nostro giro a New York, che erano le più recenti.

Non ho menzionato quella del nostro primo appuntamento.

"Quando ci siamo visti la prima volta, avevo già le farfalle nello stomaco. Solo ora mi accorgo che svolazzano per diversi motivi."

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora