Capitolo Trentacinque: Un migliaio di strade da prendere

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Non avevo fatto molto da quando mi ero presentato davanti alla porta di Jessica durante la prime luci del giorno di Natale. Jessica - Dio se la amo- mi aveva fatto entrare e si era stesa al mio fianco, senza pormi alcuna domanda. Nascosi il volto nell'incavo del suo collo e mi rifiutai di parlare. Lei accolse la mia richiesta.

Sapevo che era preoccupata. Era facile dirlo dal modo in cui infilava delicatamente le dita tra i miei capelli e i baci che mi lasciava ogni tanto dove arrivava. Sarebbe stata una buona idea dirle cosa fosse accaduto quella notte. Erano le due del mattino ed io mi ero presentato alla sua porta battendo i pugni come fossi un ubriaco in cerca di conforto. Ma Jessica era in grado di capire quando non ero dell'umore di parlare, era come se la mia ostilità stesse fuoriuscendo dalla mia stessa pelle.

Avevo perso la cognizione del tempo quando mi calmai. Nonostante avessi richiuso le emozioni del passato in un cassetto, non riuscii a domare i miei pensieri.

L'oscurità riempiva la mia visuale.

Con le palpebre serrate e l'illuminazione inesistente, non avevo tregua. Ero molto lontano dal dormire. Non c'era modo che riuscissi a calmare la mia mente quando ormai tutto era andato a puttane. Avevo troppa confusione in testa. Troppi pensieri che non mi permettevano di staccare.

Mi sentivo davvero irrequieto. Era come se dovessi camminare in continuazione e più volte per uscire dal buco in cui ero caduto. Le mie braccia erano ancora strette attorno a Jessica, il suo respiro regolare era l'unica cosa che riusciva a calmare i miei pensieri, così come il peso della sua testa sul mio petto.

Ci vediamo presto.

Dio, sapevo cosa voleva dire. La lettera che avevo preso era recente? Non avevo guardato al data ed ero determinato a non leggere altro, qualsiasi cosa avesse da dirmi.

Con il sospiro più leggero possibile, presi il cellulare da sotto il cuscino, attento a non muovere Jessica e quasi borbottai. A questo punto ormai, avrei passato il giorno di Natale a dormire. Ma cosa importava, no? Dubito che ci sarebbe stata un'atmosfera gioiosa e felice, con il peso che avevo sullo stomaco.

"Perché sei ancora sveglio?" Mi chiese una voce delicata. Jessica.

"Mi dispiace, raggio di sole," sussurrai, strofinando le labbra sulla sua spalla e posando la fronte contro la sua. "Ti ho svegliata?"

"No. Stai bene?"

"Non riesco a dormire?"

Passò le sue dita tra i miei capelli e mi accarezzò. "Vuoi parlarne?"

"Non ancora," risposi istantaneamente.

Sospirò. "Potrebbe aiutarti a dormire. Toglierti il peso dal petto." Non risposi, ma rafforzai la presa attorno alla sua vita. Non avrei mai voluto parlarne. Di lui. Mai.

Jessica sembrò rassegnarsi. Si divincolò dalla mia presa e raggiunse il cellulare. La luce bianca squarciò l'oscurità. Sussultai e chiusi gli occhi.

"Sette chiamate perse da Mark, tre da Rebecca e anche una da Kyle. Ci sono anche diversi messaggi. Devo leggerli?"

"Jessica."

"Reece." Fu lei a sbuffare questa volta. "Senti, ti amo e lo sai. La mia porta sarà sempre aperta per te, ma ho bisogno almeno di sapere cosa succede. Non ti ho mai visto così - teso, freddo e chiuso in te stesso. É come dormire con una pietra. Una leggera e confortevole pietra, ma sempre una pietra.

Si voltò verso il comodino e accese la luce facendomi borbottare.

"Non ho voglia di parlarne," le dissi, voltandomi dall'altro lato così da darle le spalle.

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora