Capitolo Quattordici: Un migliaio di brutti ricordi

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"Muovi quel tuo bel culetto, raggio di sole! Sei indietro," le dissi ad alta voce, destreggiandomi tra la folla sul marciapiede. Nonostante i clacson, le voci e i rumori di New York, riuscivo a sentire gli sbuffi di Jessica dietro di me, mentre cercava di velocizzare il passo finché non riuscì a raggiungermi.

"Perché stai camminando così veloce?" Mormorò, tirandomi per un braccio, facendomi rallentare un po'.

"Dobbiamo arrivare a casa prima che cominci a piovere. Non vorrai bagnarti, o si?"

Jessica era seria nel suo tentativo di aiutarmi a studiare. Dato che Charlotte e Kyle dovevano lavorare sulla loro esibizione per lo spettacolo, Jessica aveva suggerito di continuare con le lezioni private. Forse era il suo modo di scusarsi per il giorno precedente, dopo avermi spinto oltre a quello che riuscivo a sopportare. Nonostante me la fossi presa con lei, non volevo che si sentisse in colpa. Non sapeva quanto fosse difficile per me, quindi non sapeva quando poteva andare avanti.

Jessica rabbrividì, quando una raffica di vento colpì le nostre schiene. Si strinse nella giacca e, questa volta, cominciò a camminare più velocemente davanti a me. "Muoviti!" Gridò, iniziando a correre. Mi fermai ed aspettai, fino a che non notò che non ero dietro di lei. Un ghigno divertito comparve sul mio volto, mentre la guardavo voltarsi e realizzare che mi ero fermato. Anche da quella distanza, potei notare il suo disappunto.

"Idiota," mormorò, tornando indietro ed entrando nell'edificio.

"Ehi," alzai le mani in difesa. "Eri tu quella che stava continuando a camminare senza sapere dove stava andando."

Alzò gli occhi al cielo. "Certo."

Entrammo in ascensore ed aspettammo di arrivare al mio piano. Feci oscillare il portachiavi tra le mie dita mentre attraversavamo il corridoio, aprii la porta e feci entrare Jessica per prima. Si poteva udire una conversazione provenire dalla camera di Mark e Rebecca; sollevai le sopracciglia confuso. Non doveva esserci nessuno a casa.

"Pensavo avessi detto che non ci sarebbe stato nessuno per un po'?" Jessica mi guardò con gli occhi spalancati, come se venire a casa mia per aiutarmi fosse un crimine da dover tener nascosto ai miei tutori.

"Rilassati, raggio di sole," dissi lentamente. "Ti attaccano solo se mi molesti sessualmente." Feci un passo in avanti, lasciandola a guardare il mio fondoschiena e parlai, "Ciao? Rebecca sei tu?"

La testa di Mark sbucò dal corridoio, la sorpresa era evidente nel suo sguardo mentre guardava tra me e Jessica. "Ehi, Reece. Chi è la tua amica?"

Potei udire l'eco di Rebecca, "Amica?" Il suono dei tacchi sul pavimento la precedettero ancora prima che comparisse davanti a noi, guardandoci sorpresa. "Oh, ciao Jessica."

Jessica alzò la mano per salutare.

"Hai già conosciuto Rebecca," cominciai, guardando Mark e Rebecca venire verso di noi. "Mark, lei è Jessica. Jessica, questo è l'altro santo che si è preso cura di me dopo che mio padre mi mise nella merda."

"Reece," mi ripresero entrambi.

Jessica mi guardò con gli occhi spalancati per il modo in cui avevo insultato mio padre. Quando la guardai, il fascino di Jessica era già ritornato, mentre si voltava verso Mark e Rebecca. "Ciao, spero vada bene che siamo qui, senza neanche aver avvisato, Signor.. ?"

Mark sorrise e strinse la mano di Jessica. "Non c'è nessun problema. Per favore, chiamami Mark." Mise una mano sulla spalla di Rebecca. Dubitavo fortemente che aveva notato cosa avesse detto suo marito, considerando la sua felicità nel rivedere Jessica, dal momento che avevo sostenuto, dal primo giorno, che era solo una ragazza fastidiosa. "Quindi tu sei Jessica? Oh, ho sentito tanto parlare di te," Continuò Mark.

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