Capitolo Trentasette: Un migliaio di persone ferite

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La pioggia scrosciante era l'unica cosa che riempiva il silenzio nel corso della seconda ora. Ero seduto con la testa appoggiata al mio pugno e stavo fissando la piccola finestra che dava sull'esterno. Il mio petto si strinse al pensiero del temporale, ma il senso di tradimento mi costrinse a desistere, allontanando quella sensazione.

Non avevo alcuna voglia di conversare. Dopo aver lasciato Jessica nel vicolo, ero esploso anche con Mark e Rebecca durante la cena, così pesantemente che avevano mandato Chris in camera sua. Rebecca sembrava veramente distrutta per il fatto che mi fossi incazzato con Jessica.

"Non vedo quale sia il problema se Jessica ha incontrato tuo padre. Solo perché ti rifiuti di vederlo, non significa che a lei è vietato," mi disse Mark la scorsa sera, il che fu la mossa sbagliata considerato il mio stato già fumante.

Scossi la testa. "Non capisci. Se Jessica avesse minimamente supportato la mia decisione di non incontrarlo e avesse saputo come mi sento a riguardo, non sarebbe andata," sibilai in risposta. "Non si è neanche fottutamente preoccupata di dirmelo!"

Sollevò un sopracciglio, imperturbato dalle mie urla. "Sembra che tu non le abbia lasciato molto spazio per dirtelo. La stavi evitando da un po' e ti sei ripreso solo nel momento in cui l'hai effettivamente rivista."

Era vero, ma non cambiava niente. Non cambiava il fatto che lei fosse andata volontariamente, sapendo come mi sentivo a riguardo. Potrà non conoscere il mio passato, ma immaginavo potesse intuire l'entità del danno che avevo subito a causa sua.

Quindi, quando entrai nella lezione della terza ora, l'ora che condividevo con Jessica e alla quale ero solito sedermi vicino a lei, mi diressi ai maledetti posti nelle primi file e mi sedetti. Nelle prime file. Questo vi poteva far capire quanto fossi altamente incazzato e tradito per scegliere di sedermi davanti al professore.

Il ragazzo che di solito si sedeva in quel posto sembrava irritato di avermi visto seduto lì, ma lo intimidii con uno sguardo raggelante. Mi superò con il volto pallido e andò a sedersi a fianco a Jessica, che mi stava guardando con gli occhi gonfi.

La presa sulla matita si rafforzò.

Mi sforzai di distogliere lo sguardo.

Fu allora che notai che il Sig. Wallace mi stava guardando. "Reece?" Mi richiamò. In classe calò il silenzio e volevo aggredirli verbalmente a uno ad uno.

"Sì, professore?"

Mi indicò gli ultimi posti della classe. "Credo che il tuo posto sia quello vicino alla Signorina Andrews. Per piacere torna al posto che ti è stato assegnato."

"Non riesco a vedere la lavagna," dissi in modo burbero, il che era una vera e propria stronzata. Ci vedevo piuttosto bene.

Non sembrò convinto. "Quindi non hai mai visto la lavagna negli ultimi sei mesi?" Mi chiese strascicando la pronuncia.

Annuii. "Esatto."

Il Sig. Wallace sospirò e con voce più severa aggiuse, "Sig. Bremer, non mi interessa se ci sono problemi in paradiso, torna a sederti al tuo posto. So che ci vedi bene."

Con la classe esclamò un 'ooo' in coro e iniziò a ridere, mi accigliai e cambiai posto. Il professore doveva sapere che avessimo una relazione e anche come stava andando. Jessica si stava nascondendo dietro qualche ciocca dei suoi capelli biondi, ma potei notare la tinta rossa che le colorava le guance mentre prendeva la matita che era caduta tra le nostre sedie.

Tra noi calò un silenzio teso per la maggior parte della lezione, finché Jessica non mi parlò a bassa voce. "Quindi la tua vista è un'altra delle cose che non mi hai detto di te o stavi solo evitando di sederti vicino a me?"

A Thousand Words - TraduzioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora