<<Ho capito, non c'è bisogno che tu dica altro.>>
<<No, Elisa, aspetta. Lasciami spiegare...>>
Lo fermo di nuovo, sguardo su di lui e mani che tremano dietro la schiena.
<<Non devi spiegarmi nulla, non devi giustificarti perché altrimenti questo richiederebbe che io mi giustifichi con te. Dovrei chiederti scusa perché sono grassa? Scusa se sono grassa, Andrea. Scusami davvero. Scusa mamma, se dal tuo esile corpicino è uscito un gigante di lardo, scusa.>>
Andrea mi guarda corrucciato.
<<Non capisco, cosa c'entra tua madre con me?>>
<<Oh, c'entra eccome. Nei miei ventidue anni tu di vita sei il secondo caso, il primo è stato mia madre. Perché pensi che non volessi chiamarla? Non ci sentiamo da quando sono arrivata a Torino e sai perché ci sono venuta? Esperienza, voglia di cambiare aria, desiderio di fuggire da lei. Io percepivo il suo sguardo di disapprovazione. Mi ha sempre guardata come se ci fosse qualcosa da cambiare, una parte di me da prendere e da gettare via. E tutto si ripercuoteva su ogni mio insuccesso, su ogni mio errore. Finché non sono andata da mia nonna con le valigie pronte e da lì mi sono diretta verso l'aeroporto.>>
<<Mi dispiace, ma non è quello che provo io quando ti guardo.>>
<<Certo, lo so. Tu non vedi un fallimento come mia madre, tu vedi una stilista. Qualcuno che potrebbe essere utile per te, ma non ti piace l'involucro. Quello che tu e mia madre non capite è che dovete prendervi il pacchetto completo, non potete cambiare ciò che non vi piace. Dovete accettarmi così come sono e se dimagrirò sarà soltanto una mia scelta, non una vostra imposizione.>>
A quelle parole Andrea non risponde. Sostiene ancora il mio sguardo, ma si è ammansito. Un po' come quando mio padre mi urlava in faccia che sapeva il motivo della mia espulsione per tre giorni da scuola e io mi addolcivo e tranquillizzavo perché non c'era più nulla da fare, se non aspettare che si calmasse. Quelle sono state le uniche volte in cui mio padre abbia mai urlato qualcosa, per il resto si è sempre rintanato al di là di ogni possibile litigio, senza raggiungere l'una o l'altra parte della barricata. Soltanto mia nonna ha sostenuto lo stendardo del mio esercito, seguendomi e appoggiandomi qualsiasi cosa facessi e ovunque andassi. E se mia nonna dovesse... no, non posso pensarci.
I miei pensieri si soffermano di nuovo su Andrea, che sta fissando il suo orologio.
<<Torna pure al lavoro, è tardi.>>
<<Ci sarai?>> mi chiede, con la voce incerta.
<<Ci sarò, ma a una condizione.>>
Fa una smorfia divertita e quasi mi aspetto una delle sue solite frasi ironiche, ma non accade. E' mansueto come non lo è stato mai.
<<Quale?>>
<<Non tornerò a casa a Bari e lavorerò per te fino alla Milano Fashion Week, in fondo è quello che avrebbe voluto mia nonna. Mi ha sempre detto di inseguire i miei sogni a prescindere dagli altri, compresa se stessa, e così farò. Lavorerò al fianco di Camillo, evitando il ruolo della stagista come da te richiesto, ma chiedo di poter sfilare alla Milano Fashion Week.>>
Gli occhi di Andrea sono così dilatati che riesco a vedere la radice dei suoi capillari.
<<Sfilare? Non è possibile, Elisa! Abbiamo già tutte le modelle che ci servono e non avremmo tempo per elaborare un altro abito. Inoltre, non lanciamo una linea curvy.>>
Che ridere, linea curvy. Un po' come i negozi con il reparto separato per donne sovrappeso.
<<Io lavorerò ad entrambe le cose, ai modelli già stabiliti e a quello che indosserò io.>>
<<Fammi capire, vuoi disegnare l'abito che indosserai sulla passerella?>>
<<Sì>> dico con decisione.
<<E perché vorresti farlo?>>
<<Per far capire alle ragazze come me, e sono molte, che non c'è bisogno di una linea curvy per poter indossare un bel vestito d'alta moda su una passerella.>>
Detto ciò, Andrea si morde un labbro e sospira. Più che un labbro, si sta mordendo il sorriso che gli è sfuggito.
<<D'accordo, condizione accettata.>>
Mi dà le spalle e si rivolge verso la porta.
<<Aspetta>> gli dico, mentre lui si volta verso di me, << è un patto.>>
Gli porgo la mano e attendo che me la stringa. Tentenna, con una mano a mezz'aria e l'incertezza negli occhi. Alla fine agguanta il mio palmo e sigilla il patto con la sua forte stretta.
<<Allora fino alla Milano Fashion Week, poi andrai via.>>
<<Poi andrò via>> dico, mentre mi sforzo di non far tremare le labbra.
Andrea fa un cenno col capo, lascia andare la mia mano e si chiude la porta alle spalle. Mentre sento il click della serratura penso che questa sia stata la prima volta in cui ci salutiamo senza urla, scontri o rancori.
Torno sul divano e sorrido. Disegnerò un abito tutto per me, sfilerò alla Milano Fashion Week e faccio schifo ad Andrea.
Almeno sfilerò. Anche se davanti agli occhi di chi faccio schifo.
Sfilerò.
Ce l'ho fatta, nonna. Se non stessi dormendo ti chiamerei per dirtelo.
Prendo la borsa ed esco di casa. Ho bisogno di un nuovo telefono, nel caso ti venisse in mente di aprire gli occhi e telefonarmi.
Ciao a tutti!
Come promesso, ecco a voi un nuovo capitolo. Ecco a voi... l'inizio della fine!
Dal prossimo capitolo le cose cambieranno, le vite della nostra Elisa e dei suoi due uomini si accavalleranno e sua nonna... be'... non vi resta che scoprirlo.
Intanto vi auguro un buon weekend.
Un forte abbraccio,
Nicole
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Scusa se sono grassa
General FictionTorino, aprile 2019. Elisa Fanelli, ventidue anni, pugliese in cerca di lavoro, ha un particolare che la differenzia dalle tipiche protagoniste di una storia: pesa 104 kg. Un'obesità di terzo grado che non frena lei, ma la maggior parte di coloro ch...