Receptionist al cioccolato-Parte 2

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Cosa spinga un'entità di sesso femminile a voltare il volantino di una casa di moda di tutto rispetto, nessuno saprebbe spiegarlo. Chiunque osserverebbe la modella in tubino color pesca presente sul foglio fino a consumarlo, chiunque leggerebbe più e più volte il lungo slogan scritto in alto. Io, invece, mi sono fiondata sul retro.

Arrivare a Torino e non riuscire a trovare lavoro è stata la prospettiva peggiore che mi fossi figurata mentre ero a casa, con la valigia pronta ma tanta paura di fallire.

Appena sono entrata nella mia nuova casa in affitto nella periferia di Torino, ho subito cominciato a contattare le agenzie disponibili sul territorio, con la speranza di trovare un'occupazione che non richiedesse una laurea. Quella, purtroppo, l'ho evitata un paio d'anni fa.

Durante questo periodo, ho anche scoperto che talvolta vengono inseriti gli annunci di lavoro sul retro dei volantini. Forse per renderli inesistenti agli occhi dei clienti, ma abbastanza visibili a chi, come me, è alla disperata ricerca di un lavoro.

Ho avuto infinite risposte negative, finché una settimana fa qualcuno ha infilato il volantino della Ferrero Fashion Group nella mia cassetta della posta. Così ho voltato il foglio e ho avuto un'altra chance.

Respiro a fondo e tiro verso di me il portone, ma questo non si muove. Ci provo di nuovo con forza maggiore, ma sento solo cigolare. Questo portone deve essere davvero pesante.

Sto per tirare per la terza volta, quando vedo vicino alla maniglia un'etichetta rossa con una scritta bianca. Spingere.

Ah. Adesso è tutto chiaro.

Il pavimento è in marmo, e questo lo noto subito a causa del ticchettio dei miei tacchi a spillo. Due grandi piante grasse si trovano ai lati dell'ingresso, oscurando il resto della hall, così sono costretta a fare qualche passo in avanti per capire verso dove devo dirigermi.

Di fronte a me si staglia una lunga scalinata ricoperta da un tappeto rosso e subito spero di non doverla percorrere per nessuna ragione. Io, i tacchi e le scale non andiamo molto d'accordo.

Alla mia sinistra si trova ciò che cerco. Un bancone della stessa tonalità del pavimento e, dietro di lui, una donna sui trent'anni, con i capelli biondi legati in uno chignon e una divisa nera che le fascia il corpo tonico. Mi dirigo verso di lei, con un sorriso sulle labbra per cercare di fare sin da subito una buona impressione.

Quando la raggiungo, la receptionist è piegata a novanta gradi, intenta a cercare qualcosa al di sotto del bancone.

Mi schiarisco la gola e le parlo.

<<Salve, sono qui per il colloquio di lavoro.>>

La donna si solleva di scatto, sicuramente spaventata dalla mia improvvisa comparsa, e urta la testa sul lato del bancone. Urla un'imprecazione di tutto rispetto e si massaggia la testa. Io non faccio a meno di notare che il suo chignon è rimasto impeccabile, tale e quale a com'era prima dell'urto.

<<Per la miseria, mi ha fatto prendere un colpo!>>

Quando i suoi occhi si posano su di me, la sua smorfia di dolore si tramuta in una maschera di perplessità.

<<Chiedo scusa, cosa mi ha detto?>>

<<Sono qui per il colloquio di lavoro come receptionist.>>

Ritira il volto indietro, con la fronte corrugata e un angolo delle labbra verso l'alto in segno di perplessità. Dopo qualche istante di silenzioso imbarazzo, finalmente mi risponde.

<<Forse ha sbagliato luogo, questa è una casa di moda.>>

La guardo e adesso sono io ad essere perplessa.

<<Lo sono bene, l'ho letto sul vostro volantino>> dico e tiro fuori dalla borsa un foglio stropicciato.

La receptionist si massaggia ancora la testa e sembra riflettere, dopodiché mi dice di aspettare qui dove sono. La vedo andare via e tornare, dopo qualche minuto, accompagnata da un uomo in giacca e cravatta. Da lontano non posso che notare e ammirare il suo abbigliamento elegante, combinato alla perfezione e indossato da un corpo allenato. Man mano che si avvicina, posso distinguere i capelli castani raggruppati in piccoli boccoli che gli circondano la fronte, un naso dritto e dalle narici allargate, e delle labbra a cuore così precise che sembrano disegnate da un pittore. Mentre si avvicina a me, confabula con la receptionist in modo piuttosto animato.

Appena ad un metro da me, quell'uomo si blocca e comincia ad osservare ogni lato del mio corpo. Parte dalle mie décolleté rosso fuoco, di taglia quarantasei. Le guardo anch'io e, sotto il suo sguardo, mi imbarazzo per i miei piedi che fuoriescono dai lati delle scarpe.

Lui continua a far scorrere lo sguardo fin sulle gambe compresse da calze di maglia doppia, perché quella sottile mi si strappa tra le dita mentre provo a indossarle. Così, mi vergogno anche per quelle calze troppo scure e pesanti per essere aprile.

I suoi occhi si soffermano qualche istante di più sulla mia gonna nera che mi fascia le cosce e il girovita di sessantuno centimetri. Guardo anch'io, e anche questa volta mi vergogno per aver indossato un capo tanto aderente da mostrare le mie forme eccessive.

Arriva ad osservare la mia camicia bianca, inserita all'interno della gonna, e per la prima volta vedo sul suo viso un lieve cenno di approvazione. Abbasso lo sguardo e noto che un bottone della camicia si è sganciato, mostrando la linea di separazione dei miei seni abbondanti. Mi affretto ad abbottonarla fino al collo, per evitare che qualcun altro ne approfitti. Dentro di me, però, non posso che gioire. Alle donne come me capita di rado di essere apprezzate da un uomo e, quando accade, ci si sente un po' più femminili. Anche se ad essere gradite sono soltanto due paia di tette.

Infine, quell'uomo tanto galante quanto bello mi guarda in viso e finalmente posso scorgere il colore dei suoi occhi. Azzurri e striati di giallo. Rimango senza parole, quell'elemento ha reso irresistibile un uomo già bello di suo.

Ci fissiamo negli occhi per qualche istante di troppo, così lui distoglie lo sguardo sui miei capelli arruffati per via della corsa e storce le labbra in segno di disapprovazione.

Si avvicina di un passo verso di me e mi parla, facendo scorrere lo sguardo tra gli occhi e il seno adesso coperto dalla camicia.

<<Così è lei l'unica donna che si è presentata al colloquio per coprire il posto di receptionist>> dice e poi consulta l'orologio argentato che ha al polso, <<anche se con quasi dieci minuti di ritardo.>>

Decido di sorvolare il suo accenno al mio ritardo perché giustificarmi dicendo che ho perso tempo a guardare venticinque torte dalla vetrina di una pasticceria, mi sembra troppo ridicolo.

Ma lo affronto sulla prima parte del suo discorso, il mio colloquio di lavoro. L'ultima possibilità che mi resta per cercare un impiego a Torino ed evitare di tornare nel mio paese natio.

<<Sì, sono qui per il lavoro e, se ho capito bene, sono anche l'unica. Quindi credo che non le dispiacerà chiamare il suo capo e permettermi di cominciare il colloquio.>>

Gli parlo con superiorità e con il mento puntato verso l'alto, con la speranza di sembrare abbastanza autorevole da raggiungere il mio scopo.

Quello, però, si scioglie in una risata cupa come la sua voce e tanto differente rispetto al suo aspetto austero.

<<Ma sono io il capo, Andrea Ferrero in persona.>>

Sgrano gli occhi e sussurro un sottile "ah".

Scusa se sono grassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora