Sono le 17:30 e io mi trovo già di fronte all'ingresso della Ferrero Fashion Group. Il mio anticipo è dovuto solo in parte a quell'abitudine che mi porta a prepararmi un paio d'ore prima, per scongiurare qualsiasi tipo di contrattempo e riuscire ad arrivare agli appuntamenti sempre puntuale. Questa volta ho fatto tutto in fretta per il timore di cambiare idea.
Accostare il mio nome alla parola 'dieta' è un paradosso, non ha mai avuto alcun senso logico, almeno fino ad oggi. Ho sempre dato per scontato che prima o poi sarei finita in una tomba extra large e trasportata da una dozzina di uomini sudati per lo sforzo. Immaginavo anche la fotografia per la lapide: un triplo mento ad occupare i tre quarti dell'obiettivo e un sorriso sgargiante per aver trascorso una vita all'insegna del piacere. E per piacere intendo i pasti abbondanti a base di carboidrati.
Mai avrei pensato di ritrovarmi, all'età di ventidue anni, in una situazione del genere.
E' da ieri che rido al solo pensiero di una me che rifiuta una bella brioche con gelato al suon di "sono a dieta, troppi zuccheri".
Ed è sempre da ieri che sono in ansia, un'ansia estrema che più volte durante la notte mi ha portata a cedere e ad annullare ogni buon proposito.
Mi sono detta più volte che, in fondo, quello stronzo di Andrea Ferrero ha ragione. Ho bisogno di perdere peso e non solo per avere finalmente un lavoro decente, quanto soprattutto per garantirmi un futuro più salutare. La chiacchierata di ieri con mia nonna mi ha aperto gli occhi: arriverà il giorno in cui dovrò contare soltanto su me stessa e, per farlo, devo impegnarmi a maturare.
Tutti discorsi ragionevoli e dotti, certo. Ma come si suol dire, tutti bravi con le pance degli altri.
Così mi è balenata più volte l'idea di mollare tutto e assecondare i lamenti del mio stomaco. Il frigorifero, inoltre, non mi ha aiutata. E' così pieno di barrette al cioccolato, piadine dolci e qualsiasi tipologia di alimenti stracolmi di zuccheri, che chiudere l'anta senza aver pescato nulla è stata la prima grande sfida. E non sono nemmeno al primo giorno di dieta.
Questo è il motivo per il quale mi sono affrettata tanto: fuggire prima che potessi di nuovo cambiare idea.
Mentre mi avvicino a passo spedito al bancone, uno chignon dorato e realizzato alla perfezione mi fa già capire di chi si tratta.
<<Oh, salve. Da quanto tempo>> dice lei, con un sorriso tirato e un po' di curiosità che non riesce a celare.
Prima di risponderle, do un'occhiata al suo viso e mi accorgo che dall'ultima volta in cui l'ho vista, cioè dal nostro incontro al supermercato, ha acquistato qualche chilo. Ha il viso più gonfio e riesco a intravedere la pancia voluminosa, poco sopra il bordo del bancone.
<<Come prosegue la gravidanza?>>
Le porgo questa domanda con gentilezza, nella speranza di risultarle più gradita dell'ultima volta, ma questa reagisce sussultando. A quanto pare questo argomento non la manda in visibilio, come accadrebbe a tutte le mamme pancine presenti su Facebook.
<<Bene, grazie>> dice in fretta, poi si stira la divisa da lavoro e prova ad assumere un aspetto meno agitato, <<sono al sesto mese.>>
<<Wow, come passa il tempo!>>
Lei mi rivolge un altro sorriso forzato.
<<Già, il tempo passa ma un sostituto adeguato non è ancora stato trovato.>>
Se non stesse parlando con un'espressione di vivo rammarico, penserei che questa non sia altro che una frecciatina al mio inadeguato aspetto fisico. Questo pensiero mi ricorda il mio imminente appuntamento.
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Scusa se sono grassa
General FictionTorino, aprile 2019. Elisa Fanelli, ventidue anni, pugliese in cerca di lavoro, ha un particolare che la differenzia dalle tipiche protagoniste di una storia: pesa 104 kg. Un'obesità di terzo grado che non frena lei, ma la maggior parte di coloro ch...