Sorbetto alla moda-Parte 2

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Mentre Andrea fa sfrecciare la sua auto nelle strade principali di Torino, io rivolgo lo sguardo al di fuori del finestrino e provo a non pensare a quello che accadrà fra poco: noi due fianco a fianco con stilisti di fama internazionale, a discutere di moda e organizzazione.

Quando Andrea ha comunicato a Massimo Alfieri, direttore organizzativo della gestione della Torino Fashion Week, la nostra proposta per la sfilata del primo giorno dell'evento, io mi aspettavo un netto rifiuto. Invece, quello si è dimostrato simpatico e affabile e ci ha dato appuntamento per la giornata di oggi presso Villa Sassi, sontuosa dimora e rinomata sala di congressi.

Apro la borsa e controllo che il fascicolo del nostro progetto sia all'interno, poi torno a rivolgere l'attenzione agli alti palazzi torinesi. Ad un tratto una scena cattura la mia attenzione: un uomo con i capelli neri a spazzola, accanto alla sua auto parcheggiata in divieto di sosta.

Lo osservo e ho la sensazione di averlo già visto. Mentre la nostra automobile è ferma dietro una lunga fila di macchine, ho tutto il tempo di scrutarlo per bene.

Dopo poco, lo vedo sbadigliare a bocca aperta e noto i suoi denti pronunciati in avanti, proprio come quelli di un castoro.

<<Gira subito verso quell'auto e passami la tua bottiglia d'acqua>> ordino ad Andrea.

Lui fa ciò che dico senza protestare e, quando siamo a meno di un metro dall'uomo, abbasso il finestrino e tiro fuori la testa.

<<Ehi coglione, Platinette ha bisogno di pisciare>> gli urlo, e dalla sua espressione sono sicura che mi abbia riconosciuto, <<e non c'è niente di meglio di un bel gabinetto pubblico.>>

Detto ciò, tolgo il tappo alla bottiglia d'acqua di Andrea e lancio tutto il contenuto in direzione di quell'uomo. Vedo la striscia d'acqua fuoriuscire dalla bocca della bottiglia e dirigersi, con precisione allucinante, sulla faccia dell'uomo che, adesso, ha la bocca spalancata per lo stupore.

Mentre andiamo via, tiro fuori il braccio e gli dedico un vistoso dito medio.

<<Ma sei pazza? E se ci fosse stato qualche poliziotto a vederci?>> mi dice Andrea, sguardo rivolto sulla strada e espressione infuriata.

<<Quell'uomo stamattina mi ha chiamata Platinette dopo avermi schizzato addosso una valanga d'acqua piovana>> comprimo con le mani la bottiglia di plastica ormai vuota e la getto in borsa.

A causa del traffico, arriviamo a Villa Sassi con venti minuti di ritardo.

Quando ci avviciniamo alle scalinate d'ingresso, io e Andrea ci blocchiamo per ammirare l'enorme appartamento color caffè che si staglia davanti a noi. Un paio di lunghe finestre sono posizionate sul lato centrale della casa e si possono notare lunghe tende color vaniglia che nascondono quello che sta accadendo all'interno della struttura. In alto, un tetto spiovente rende la casa più antica di quello che è.

Non ho mai visto niente del genere in tutta la mia vita.

Penso che se fosse mia, organizzerei ogni sera un banchetto lungo quanto tutto il perimetro della casa.

Alla fine delle scalinate bianche, due guardie in costume nero e con un auricolare nell'orecchio, sono ferme ai lati della porta. Mani unite tra di loro di fronte ai gioielli di famiglia e sguardo ritto su di noi.

Guardo i miei tacchi a spillo e poi la lunga scalinata. Ma chi è stato lo stronzo che ha inventato le scale?

Faccio cenno ad Andrea di andare avanti e io, borsa attaccata al petto e mani sudate per l'ansia, appoggio il piede sul primo gradino. Passo dopo passo, acquisto più sicurezza e, come una libellula, percorro le scalinate con velocità e un sorriso sulle labbra.

Scusa se sono grassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora