Camillo e Agata si rivolgono un'occhiata impaurita, dopodiché quest'ultima comincia a parlare.
<<Ieri sera abbiamo bevuto un po' troppo, però tu hai davvero esagerato.>>
<<Per la miseria, hai davvero tanto esagerato. Hai accettato un drink da chiunque!>>
Agata lo spintona per farlo tacere e riprende a raccontare.
<<Poi hai cominciato a flirtare con il barista e gli hai pagato un'intera bottiglia di vodka... purché te la versasse in bocca lui stesso.>>
Cosa ho fatto? Per la miseria, dovevo stare davvero male. E questi due idioti non hanno fatto niente per impedirlo!
Comunque contengo la rabbia e aspetto che finiscano di raccontare.
<<Dovevi vederti, bambola, non capivi più niente>> dice Camillo.
<<Poi siamo usciti dal locale e abbiamo camminato per un po', finché a te non ha cominciato a scappare la pipì.>>
A quel punto Agata guarda Camillo e gli intima di proseguire.
<<Brutta stronza, perché tocca proprio a me la parte peggiore?>>
<<Volete muovervi o devo farvi muovere io?>> dico, minacciandoli con un pugno rivolto verso la faccia di Camillo.
<<Ti abbiamo detto di resistere finché non avessimo trovato un altro bar, ma tu ti sei fermata di fronte alla prima casa che hai visto e sei entrata nel loro giardino.>>
Agata mi si avvicina e mi stringe la mano.
<<Elisa, adesso devi respirare e mantenere la calma.>>
<<Oh, ne avrai davvero bisogno, bambola.>>
Agata da' un'ennesima gomitata sul fianco di Camillo e prova ad assumere un atteggiamento materno per indorarmi la pillola. Io, intanto, fremo per l'impazienza.
<<Hai sollevato il vestito, ti sei abbassata le mutande e hai urinato dietro un cespuglio di quel giardino.>>
<<E mentre lo facevi, urlavi qualcosa in una strana lingua.>>
<<Era dialetto, imbecille>> dice Agata.
Mentre prendono a insultarsi, io rimango immobile davanti a loro, a riflettere su ciò che mi hanno appena raccontato. Sono entrata nella proprietà di uno sconosciuto, in piena notte, ubriaca fradicia e con il sedere in bella vista.
<<Sapete chi è il proprietario della casa?>>
I miei due amici scuotono la testa in segno di diniego.
<<Ma sembrava che ci fosse qualcuno?>>
<<Non credo, era tutto buio e silenzioso. Inoltre non è uscito nessuno, nemmeno dopo le tue urla.>>
Adesso posso tirare un sospiro di sollievo. Non ci sono testimoni, e senza testimoni non c'è motivo di allarmarsi.
Bacio entrambi sulla guancia e torno davanti allo specchio, pronta a ripassare lo stick sulle occhiaie.
Non ho nemmeno il tempo di passare un secondo strato di correttore, perché due uomini piuttosto imponenti e fasciati da una divisa blu fanno irruzione in sala.
<<Chi di voi è Elisa Fanelli?>>
Raddrizzo la schiena e li fisso. Sono carabinieri, e io sono nei guai.
Sollevo il braccio e nel frattempo provo a ricordarmi qualche preghiera. Niente, non me ne ricordo nemmeno una, cazzo!
I due carabinieri mi si accostano, quasi a volermi bloccare ogni via di fuga, poi il più giovane dei due prende a parlarmi.
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Scusa se sono grassa
General FictionTorino, aprile 2019. Elisa Fanelli, ventidue anni, pugliese in cerca di lavoro, ha un particolare che la differenzia dalle tipiche protagoniste di una storia: pesa 104 kg. Un'obesità di terzo grado che non frena lei, ma la maggior parte di coloro ch...