Panino con la porchetta-Parte 1

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Ieri mi sono molto divertita a leggere le vostre supposizioni sul nome del direttore di Elisa!

Se vi va, a fine capitolo ho inserito un mio pensiero per voi. Mi farebbe piacere se lo leggeste! 

Buona lettura!



Mancano cinque minuti alle nove di sera e sono davanti allo specchio della mia camera, cercando di scovare il minimo difetto da poter migliorare.

Mi volto di spalle e noto il mio voluminoso fondoschiena coperto da un pantalone a palazzo di colore verde smeraldo. Questa volta niente calze a doppia maglia, vado sul sicuro.

Quando mi rigiro, stiro con le mani la mia maglia a barca che mette in mostra le spalline nere del reggiseno. Mi avvicino allo specchio e fisso i segni rossi causati dalla loro compressione sulla mia pelle. Così, decido di cambiare maglia, per evitare che anche il mio capo, di cui ancora non conosco il nome, si accorga del fatto che le spalline del mio reggiseno sono troppo strette sulle mie spalle.

Mi decido per la camicia bianca già indossata alla Ferrero Fashion Group e, questa volta, lascio aperti i primi due bottoni intenzionalmente.

Dall'altro lato della stanza sento il rumore del clacson dell'automobile del mio capo. Vado alla finestra e noto un'auto rosso fuoco con i cerchi in lega.

Prendo la borsa lasciata sul tavolo e mi dirigo a passo svelto verso la portiera chiusa.

Penso subito che quest'uomo non è uscito a salutarmi, così afferro da sola la maniglia e cado con un tonfo sui sedili in pelle.

Lui dirige subito i suoi occhi sul mio seno, ancor prima che nelle mie iridi. In fondo, l'ho voluto io. Dopodiché mi bacia una guancia e tituba un poco vicino al mio viso.

Non vorrà baciarmi già adesso?

Mi allontano di poco da lui e gli parlo, sperando che possa distrarsi dalle sue iniziali intenzioni.

<<Non mi hai ancora detto il tuo nome>> gli dico, simulando un atteggiamento lascivo che non mi appartiene.

<<Andrea, Andrea Russo>> mi risponde e, per l'ennesima volta, mi strizza l'occhio.

Ma come diavolo è possibile? In questa città hanno tutti lo stesso nome?

<<Oh, hai lo stesso nome di uno stronzo che ho conosciuto ieri.>>

Lo vedo sbarrare gli occhi per lo stupore e assumere un colorito molto simile a quello della sua automobile. Io, intanto, mi tappo la bocca con le mani e poi mi affretto a riparare il guaio appena commesso.

<<Oh, no. Non volevo dire che tu sei uno stronzo come lui, assolutamente no. Tu sei diverso, lui è alto, tonico, ha gli occhi azzurri...>>

Mentre lo dico, guardo con aria trasognata un punto indefinito al di là delle sue spalle e, quando torno a rivolgermi a lui, la sua espressione è un cumulo di rabbia repressa.

Credo di aver esagerato anche questa volta, così poggio la schiena al sedile e decido di stare zitta.

Il ristorante in cui ha deciso di portarmi dista pochi chilometri da casa mia, e questo è positivo. Se dovessi decidere di scappare via, non dovrei camminare troppo.

Mi indica l'insegna luminosa quando siamo ancora in macchina, rigidi e silenziosi a causa delle mie gaffe iniziali, e sono sollevata da questo suo tentativo di rompere l'imbarazzo che ci ha legati per tutto il tragitto.

<<Questo è uno dei ristoranti migliori in tutta Torino>> me lo dice con il petto in fuori e la fronte spianata.

La mia reazione, però, è tutt'altro che positiva.

Scusa se sono grassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora