Crêpe Nutella e mocio-Parte 2

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Finisco il turno di lavoro con in testa il ricordo di questa discussione e comincio a immaginarne tante altre in cui lo mando a quel paese, gli dico che la sua azienda fa schifo; ma la discussione immaginaria migliore è quella in cui gli faccio uno shampoo con il mocio e poi glielo striscio lungo tutto il corpo. Sarebbe stato un bel modo di reagire, ma in quel momento non mi è venuto in mente.

A turno finito, apro la porta dell'ufficio di Andrea Russo per salutarlo e andare via.

Mi guarda con preoccupazione, così mi avvicino alla sua scrivania. Questa volta, però, rimango in piedi di fronte a lui, non ho alcuna intenzione di testare la resistenza di un'altra sedia mezza rotta.

<<E' venuto un uomo molto alto da me, poco fa.>>

Subito penso che chiunque sembrerebbe alto al suo confronto, ma questo preferisco non dirglielo.

Io sollevo un sopracciglio e faccio spallucce. Cosa m'importa che sia venuto da lui un uomo alto?

Io potrei dirgli ogni giorno di aver incontrato una donna magra, di aver parlato con un bambino basso e di aver accarezzato il dorso di un cane piccolo. Ma che gli fregherebbe?

<<E io cosa c'entro?>> gli dico.

<<E' un certo Andrea Ferrero, forse è l'uomo stronzo di cui mi parlavi.>>

Ah.

Comincio ad agitarmi per quello che potrebbe avergli detto, quindi afferro la prima sedia che mi capita a tiro e, noncurante del fatto che potrei ritrovarmi a gambe all'aria, mi siedo e sono pronta ad ascoltarlo.

<<Mi ha offerto dei soldi, tanti soldi. In cambio voleva che ti licenziassi>> mi dice, grattandosi i capelli brizzolati a spina.

Io sgrano gli occhi per l'ansia.

<<E tu cosa gli hai risposto?>>

<<E' stata una scelta difficile, sai, con tutti quei soldi potrei mandare avanti il supermercato per almeno un paio d'anni...>>

Non posso crederci. Quest'uomo, oltre ad essere un pervertito con i Carrera sul naso, è anche un ingrato. Ho donato anima e corpo per questa attività, l'ho affiancato nella gestione ed è soprattutto grazie a me che il supermercato è tornato a splendere come un tempo. Andrea sta guadagnando e gran parte del merito è il mio. Come può aver deciso, o anche solo pensato, di mandarmi via da qui?

<<Non gli avrai detto di sì.>>

<<Ovvio che no, sciocchina! Come potrei mai rinunciare al mio bombolone alla crema>> dice, pizzicandomi la guancia e tirandomela così tanto che temo possa staccarsi da un momento all'altro, <<non potrei mai farlo.>>

Detto ciò, si sporge verso di me e i nostri nasi si sfiorano. Io mi ritraggo tanto, tantissimo, finché la mia schiena tocca la spalliera della sedia. A quel punto sono in trappola.

In un secondo formulo un piano per sottrarmi al suo bacio.

Apro la bocca, inspiro a fondo e... etcì. Fingo uno starnuto.

Andrea si allontana disgustato e si asciuga naso e fronte dalle gocce di saliva che sono state schizzate su di lui.

Io fingo di grattarmi il naso per non mostrargli il sollievo che sto provando.

<<Ci frequentiamo da più di un mese>> è serio quando parla e temo per quello che dirà fra poco, <<e tu non hai ancora voluto baciarmi. Una volta hai singhiozzato, un'altra hai avuto una reazione allergica al cioccolato, un'altra ancora sei caduta dal muretto sul quale eravamo seduti, per quanto ti sei sporta all'indietro. E oggi questo.>>

Io sono muta. Non so cosa dirgli perché ha ragione. Ogni volta che ha provato a baciarmi ho trovato un modo per sottrarmi a lui. Forse finirò all'inferno per questa finzione, ma ho bisogno di portarla avanti.

Prima o poi gli dirò la verità, ammetterò che non sono interessata a lui e a quel punto spererò nella sua bontà e nel suo perdono. Per adesso, devo continuare a fingere di interessarmi ad Andrea per tenermi stretto l'unico lavoro che ho a disposizione.

Be', da oggi non è proprio l'unico lavoro. Ma lavorare con Andrea Ferrero è una prospettiva peggiore di quella di baciare Andrea Russo.

<<Non voglio che tu pensi che non desideri baciarti, ma sai... sono all'antica, voglio fidarmi di chi ho davanti prima di darmi a lui>> assumo un'espressione ferita sul volto con la speranza che la mia performance sia abbastanza credibile.

E lo è. Vedo Andrea abbandonare la sua sedia e venire verso di me, con un sorriso dolce e premuroso sulle labbra.

<<Hai ragione, ti chiedo scusa, sono stato troppo affrettato>> dice, mentre mi accarezza il viso.

Ho una stretta al cuore. Vederlo piegato su di me, intento a consolare una ferita che non esiste, mi destabilizza. E' innamorato di me, lo vedo dai suoi occhi.

E io vorrei tanto ricambiare, vorrei amare chi mi ama. Ma non posso.

Guardo il suo viso, il modo in cui sorride, penso ai discorsi che facciamo quando usciamo insieme e so di certo che non riuscirò mai ad amare Andrea.

Gli lascio un bacio sulla fronte e lo saluto, pronta ad allontanarmi da lui e dalla sensazione di scorrettezza che percepisco quando è con me.

Dopo dieci minuti sono a Piazza Castello, una delle più belle piazze di Torino.

Mi fermo nel mio angolo preferito, quello in cui posso osservare la piazza nella sua interezza, e inspiro l'aria fresca del crepuscolo. E' bellissima. Alla mia destra si erge in tutta la sua eleganza il Teatro Regio, con i manifesti della programmazione teatrale affissi sui balconi; alla mia sinistra, invece, spuntano lunghi portici e, al di sopra, le ampie finestre del palazzo che ospita la Regione Piemonte. Al centro della piazza, sgorgano quattro piccoli fiotti d'acqua e, intorno a loro, centinaia di turisti di tutte le nazionalità mischiano le loro lingue in un unico, grande marasma di voci confuse. Decido di avvicinarmi ai quattro fiotti d'acqua per rinfrescarmi un po' e, quando sono vicina, noto una donna con il capo coperto da un velo che sorride a suo figlio. Il bambino, forse di un paio d'anni d'età, è nudo e corre tra le fontane, divertendosi con gli schizzi d'acqua. Ad un certo punto lo vedo fermarsi proprio di fronte a me. Si piega un po', stringe i pugni e corruccia la faccia. Dopo qualche istante in quella posizione, sento un tonfo e la fontana smette di emettere acqua. Guardo in basso e, nel foro dal quale fino a poco fa sgorgava una striscia d'acqua fresca, ora si trova un enorme rotolo marrone e puzzolente.

La donna con il velo sul capo si alza e prende il bambino in braccio.

<<No fare cacca per strada>> gli dice, parlando in italiano sicuramente per far capire anche me.

Mi tappo il naso con le dita e attraverso la piazza.

Io ci provo a fare la romantica che osserva Torino e si stupisce della sua bellezza... ma a quanto pare non mi è concesso.



Ciao a tutti!

Mi scuso tanto, tanto, tanto per la lentezza! Però l'università assorbe gran parte delle ore della mia giornata e il tempo per scrivere e per mangiarmi un gelato (sì, ho la malattia dei dolci come Elisa) è davvero poco.

Quindi andrò un po' a rilento nella scrittura e nella pubblicazione.

Bene: nuovo gesto inspiegabile da parte del Ferrero. Cosa ne pensate?

Piccolo spoiler: nel prossimo capitolo ci saranno divergenze con un personaggio che, da quanto ho potuto vedere, avete preso in simpatia.

Vi auguro una buona lettura,

Nicole

Scusa se sono grassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora