Andrea è incerto, passa il peso del corpo da un piede a un altro. Non ama le situazioni non gestite da lui, questo è palese. Mentre io amo avere le idee chiare e questo è il momento di renderle tali.
<<Voglio capire perché mi tratti così. Te l'ho già fatta questa domanda, ma ci giri attorno. Questo è il momento giusto per parlare.>>
Un sopracciglio di Andrea si solleva, ha l'aria scettica e dal modo in cui fa passare le iridi da un mio occhio ad un altro comprendo che è anche un po' confuso.
<<Non so cosa dirti, sono il tuo datore di lavoro. Credo sia normale essere in pensiero per i propri dipendenti, soprattutto quando manca poco ad un evento importantissimo per le sorti dell'azienda.>>
<<Andrea, tu mi hai praticamente costretta a lavorare con te. Mi hai vietato di licenziarmi, mi hai perseguitata finché non hai ottenuto il mio contratto di lavoro. Eviti in tutti i modi che io me ne vada... questo non significa essere in pensiero per un dipendente.>>
Lo vedo allontanarsi da me e avvicinarsi al tavolo, sul quale ho posizionato la cioccolata ormai fredda.
<<Posso o la vuoi tu?>> mi chiede, indicando la tazza.
<<Bevi pure, io ho lo stomaco chiuso.>>
Impugna la tazza e se la porta alle labbra. Trangugia tutto il contenuto con la testa all'insù e il mignolo sollevato. Mentre è intento a leccarsi le labbra sporche di cioccolato, io riprendo a parlare.
<<Mi stai chiedendo di non andare da mia nonna, che è in ospedale con un ictus, per lavorare con te. Non ti sembra assurdo?>>
Ma lui non mi risponde, va in giro per il soggiorno alla ricerca di qualcosa. Alla fine trova un tovagliolo e si pulisce la bocca.
<<Dove posso buttarlo?>> dice, appallottolando il fazzoletto.
<<Mi stai ascoltando? E' una cosa seria, cazzo! Mia nonna sta male, ma io sto perdendo tempo a parlare con te. Voglio capire, Andrea, voglio capire una volta per tutte cosa ti passa per la testa.>>
Andrea lancia la palla di carta sul tavolo e torna a due passi da me.
<<Ho capito, vuoi un momento verità ma non so davvero cosa risponderti.>>
<<Esatto, mi piace come definizione. Un momento verità.>>
<<Come ti ho già ripetuto più volte, non so cosa vuoi sentirti dire. Per me è importante che vada tutto bene alla sfilata di settembre e tu devi esserci. Hai del potenziale da sfruttare e in più non posso permettermi di cercare un'altra stagista a nemmeno un mese dalla sfilata.>>
<<Quindi è solo questo, giusto? La sfilata, il lavoro, le tempistiche. E' per questo che non vuoi che vada via, dopo tutte le brutte parole che ti ho detto e dopo tutte le discussioni?>>
Andrea sta sostenendo il mio sguardo a due passi da me e mi fa strano notare che non è la prima volta che accade nell'ultimo mese. Da questa distanza riesco a notare delle macchie di cioccolato che sono incastrate agli angoli delle sue labbra. Gliele indico con l'indice.
<<Sei ancora sporco, lì. Sì, esatto, poco più sotto.>>
Andrea si schiarisce la gola e si strofina il pollice da un lato all'altro delle labbra.
<<Qui?>> chiede, indicando un punto poco più sotto il suo labbro inferiore.
<<No, a destra>> e alla fine avvicino la mia mano per togliere la maledetta macchia e porre fine a questa situazione imbarazzante. Ma non ho messo in conto il fatto che il mio polpastrello vicino al suo labbro, mentre il suo respiro caldo mi accarezza il polso, mi avrebbe messo in difficoltà.
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Scusa se sono grassa
General FictionTorino, aprile 2019. Elisa Fanelli, ventidue anni, pugliese in cerca di lavoro, ha un particolare che la differenzia dalle tipiche protagoniste di una storia: pesa 104 kg. Un'obesità di terzo grado che non frena lei, ma la maggior parte di coloro ch...