Quando apro la porta lui è seduto dietro la solita scrivania, con la testa fra le mani e un'aria sconfitta sul volto.
Mi appoggio allo stipite della porta e incrocio le braccia, in attesa che lui si accorga della mia presenza. Andrea, però, è troppo assorto nella sua tristezza per darmi retta.
<<Non devi reagire così>> gli dico, cercando di assumere un tono il meno possibile infastidito, anche se 'fastidio' è la parola che meglio rappresenta il mio stato d'animo attuale.
Come può un uomo di quarant'anni mandare in malora la sua unica fonte di guadagno e non fare nulla per porre rimedio ai suoi errori? Come ha fatto ha ridursi in questo stato?
Sono queste le domande che mi sorgono spontanee mentre lo osservo curvarsi sempre di più su se stesso, come una foglia secca.
Lui, intanto, non mi degna di un solo sguardo e io non riesco più a trattenere il nervosismo che la sua arrendevolezza mi suscita. Mi dirigo a passo spedito verso la sua scrivania, sbatto una mano sulla sua superficie e, finalmente, ottengo la sua attenzione.
<<Devi reagire, non puoi restare qui a piangere e a mandare in malora tutto quanto!>>
Lui si solleva dalla sedia, poggia le mani sulla scrivania e prova ad assumere un'espressione quantomeno irritata. Capisco, però, che nel profondo vorrebbe essere lasciato solo.
<<Tu non capisci! E' tutto finito, venderò il supermercato e con quei soldi aprirò un negozio di abbigliamento.>>
Lo guardo dalla testa fino ai piedi, disprezzando ancora una volta il suo stile per niente attuale, e mi domando come possa aprire un negozio di abbigliamento che non assomigli ad un ingrosso di abiti usati anni duemila. Questo mio pensiero, però, lo tengo per me.
<<E' questo il tuo posto, devi reagire e riportarlo in vita. Qui nessuno vuole perdere il proprio posto di lavoro, tantomeno io.>>
Lui sembra destarsi dalla tristezza per rivolgermi un'occhiata dolce e una carezza.
<<Non perderai il lavoro, perché ti assumerò nel mio negozio.>>
<<Assolutamente no>> gli dico, spostando la sua mano dalla mia faccia, << ci saranno almeno dieci dipendenti che per colpa tua perderanno tutto!>> gli urlo in faccia con tutta la rabbia che sto provando nei suoi confronti.
Lui torna a sedersi, si fa piccolo piccolo nella sua sedia e comincia a singhiozzare.
<<Adesso ti metti a frignare come un neonato? Vuoi anche la poppata?>>
Con le lacrime ancora negli occhi e un sorriso malizioso sulle labbra, solleva lo sguardo e mi risponde.
<<Da te non la rifiuterei una bella poppata.>>
Quest'uomo è scostante, prima sembra piangersi addosso e poi ha la simpatia di dedicarti un'allusione sessuale. E' inaffidabile e ha bisogno di qualcuno che prenda il suo ruolo, e quel qualcuno voglio essere io.
<<Posso aiutarti, se me ne dai la possibilità.>>
Andrea mi indica una sedia, pronto ad ascoltarmi, e io accetto il suo invito. Quando il mio fondoschiena tocca la tavola di legno della sedia, sento un cigolio sinistro che decido di ignorare.
Comincio a parlargli come una mamma fa con un bambino: gli spiego come agire, gli indico i suoi errori e gli propongo un piano d'azione.
Lui mi ascolta e sembra ipnotizzato dalle mie labbra. Mi guarda con occhi sognanti, mentre la bocca è semichiusa e un rivolo di saliva comincia a colargli verso il mento.
<<Mi ascolti?>> gli dico, passandogli una mano vicino agli occhi.
<<Come potrei non farlo?>> dice, mordendosi il labbro, <<continua.>>
Così, ricomincio a descrivergli la situazione attuale: lui sperpera il suo denaro per se stesso, non riservandone alcuno per il supermercato. Annuisce e comprendo che le mie previsione sono giuste, così continuo con le mie ipotesi e le rispettive soluzioni.
Gli dico che deve racimolare un po' di denaro da utilizzare per l'acquisto di nuovi prodotti e per i volantini da lasciare per le case della città. Lui annuisce e basta, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
<<Hai ragione su tutto, sei una forza della natura!>> dice, battendo le mani per la gioia e spazzando via le ultime lacrime dalle guance.
Sto per alzarmi e andare via, quando la sedia torna a cigolare. Guardo Andrea e lei sue sopracciglia si arricciano quasi fino a toccarsi.
<<Secondo me dovresti alzarti.>>
Decido di seguire il suo consiglio e poggio le mani sui manici della sedia per farmi forza, ma un rumore di legno spezzato mi fa spalancare gli occhi per la paura. Subito dopo sono a terra, con il sedere incastrato in quel che resta della sedia e le gambe rivolte in aria.
Andrea corruccia il viso, diventa rosso e assume la solita espressione da... colica intestinale.
L'ho detto, che diamine. E mi venga pure la diarrea, ma quest'uomo è un gran bastardo!
<<Pensi di aiutarmi o rimani lì a ridere?>> gli dico, nella stessa posizione di prima.
Lui, con una mano sulla pancia e il viso rosso per le risate, mi aiuta a districarmi dalla sedia rotta.
Quando mi sollevo, percepisco una fitta all'osso sacro che mi costringe ad assumere una smorfia di dolore.
<<Hai bisogno che ti massaggi il sederino?>> mi dice e mi strizza l'occhio.
Preferisco non rispondere e raggiungo la porta del suo studio, dopodiché mi volto per parlargli.
<<Da domani si farà come dico io.>>
Lui annuisce e mi manda un bacio volante. Quest'uomo è proprio un pervertito.
Ciao a tutti!
Questo capitolo è breve, però dovevo chiudere la scena!
Questo capitolo, inoltre, segna la fine di aprile. Cosa significa? Dal prossimo verremo proiettati un mese dopo questi avvenimenti.
Cosa sarà accaduto al supermercato? Come si sarà evoluta la finta relazione tra Elisa e Andrea Russo? Che fine ha fatto Andrea Ferrero?
E so che ve lo starete chiedendo: che fine ha fatto la nonna?
Per lei dovrete aspettare un po', perché nuovi intrighi terranno Elisa occupata!
Vi ricordo che da questa settimana gli aggiornamenti avverranno il martedì, il venerdì e la domenica, tra le 20:30 e le 21.
Buona lettura,
Nicole
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Scusa se sono grassa
General FictionTorino, aprile 2019. Elisa Fanelli, ventidue anni, pugliese in cerca di lavoro, ha un particolare che la differenzia dalle tipiche protagoniste di una storia: pesa 104 kg. Un'obesità di terzo grado che non frena lei, ma la maggior parte di coloro ch...