capitolo diciasette

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AIDEN
Chicago, 19 dicembre

CINQUE SEDIE ROSSE in una stanza dalle pareti verdi.
Non c'erano quadri, piante o riviste. Tutto era avvolto dal silenzio.

Guardai due volte l'indirizzo nello schermo del cellulare, sperando di aver sbagliato strada o numero civico.

Paham Street 34, studio dello psicologo Patrick Allen.

Maledizione a me.
L'indirizzo era giusto.

Se avevo rimandato fino a quel momento un motivo c'era.
Non volevo affrontare lo schifo dalla quale ero appena uscito, eppure senza la conferma dello strizza-cervelli non sarei mai più potuto ripartire in missione.

Le alternative si erano ridotte a una sola.
Ero appena uscito dall'inferno e come un masochista del cazzo non vedevo l'ora di rituffarmici dentro.

Mi sedetti più lontano possibile dalla porta, aspettando che qualche buon anima si facesse viva.
I colori della sala d'aspetto probabilmente rispecchiavano l'animo esaurito dell'uomo che avrebbe dovuto curarmi

«Signor Scott, buongiorno»

Presi trent'anni in un secondo e la faccia di mio padre si materializzò davanti ai miei occhi.
Io non ero il fottuto Signor Scott.

«Salve, Patrick?»

«Dottor Allen, si»

Non importava molto.
L'uomo alto, dai capelli ricci e grigi sarebbe rimasto comunque Patrick.
Un signore di mezza età con un paio di occhiali eccentrici e una giacca bianca in stile matrimonio a Las Vegas.

Inguardabile.
Decisamente psicopatico.

«Prego, si accomodi»

Quando mi sedetti nella poltrona, iniziai a guardarmi intorno, soffermandomi un po' troppo sui quadri porno-astratti appesi alle pareti.
I numerosi libri polverosi donavano un'aria di pesantezza alla stanza, in contrasto però con la grande vetrata luminosa nella parete ovest.

«Nel suo fascicolo sono riportati tre anni e mezzo di servizio al Paese, ottime prestazioni e due riconoscimenti in seguito a missioni di notevole rilevanza»

Sapeva anche leggere, ero sicuramente in mani sicure.

«Sette luglio»
Pronunciò infine critico, scrutandomi dalle spesse lenti trasparenti.
«Vogliamo parlarne?»

Dritto al punto.
Più affilato di un coltello a doppia lama.

«Non so cosa vuole sapere»

Non bastava essermi presentato all'appuntamento?
Dovevamo anche parlare?

«Cosa ti ricordi di quel giorno Aiden?»

«Tutto»

«La prima cosa, il primo rumore o la prima immagine che vede appena ci pensa?»

«La sirena di emergenza»

Non potevo permettermi di oltrepassare quella maledetta linea, non potevo rivivere tutto ancora una volta.
Se fossi rimasto bloccato nel tunnel dei ricordi e del dolore non ne sarei più uscito.

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