capitolo cinque

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ELIZABETH
Chicago, 25 novembre

LE SUE FORTI mani premevano sulle mie cosce nude. I polpastrelli stringevano la carne e l'aria fresca della stanza solleticava il mio ventre scoperto.

Non riuscivo ad aprire gli occhi mentre calore disumano si impadronì di me.
Stavo bene, sospiravo mentre mi aggrappavo al copriletto, cercando di contenermi.

I suoi morbidi capelli mi solleticarono l'inguine e piccoli baci umidi si avvicinarono sempre di più alla mia intimità.

Sospirai, sentendo le sue mani toccare ogni parte di me.
Mi accarezzavano e scosse di pura elettricità mi percorrevano da tasta a piedi.

Trattenni il respiro quando la sua lingua entrò in contatto con la parte più sensibile di me, immergendo completamente la mano destra tra i suoi folti capelli.

Inarcai la schiena, riuscendo finalmente ad aprire gli occhi.
Con il fiato corto e la mente annebbiata dal piacere guardai immediatamente tra le mie gambe, vergognosamente spalancate.

L'uomo dai capelli biondi alzò la testa e in una frazione di secondo i profondi occhi azzurri di Aiden incontrarono i miei.

«Quando abbiamo finito, ricordati di comprare il latte, ok piccola?» sussurrò, baciando spudoratamente l'interno della mia gamba.

«Oddio no!»
Faceva caldo, la maglietta larga del pigiama era interamente bagnata di sudore e tra le quattro mura della mia stanza si sentiva solo il mio fiato pesante.

Una leggera luce filtrava dalle tende, illuminando la scrivania e la sedia stracolma di vestiti.
Voci ovattate arrivavano dalle altre stanze, ma oltre i miei pensieri dannatamente rumorosi, tutto sembrava come sempre.

Nascosi la testa tra le mani, trattenendo i lunghi capelli dietro le spalle.
Non potevo credere a cosa fosse appena successo; avevo davvero sognato Aiden Scott tra le mie lenzuola, immerso interamente tra le mie cosce.

Che. Orrore.

Io dovevo odiare quel ragazzo!
Per come mi aveva trattata alle superiori, per come si era atteggiato la mattina e la sera precedente.

Per tutto!

La sveglia segnava le 09:32 di mattina.
Non avevo mai dormito così a lungo nelle ultime settimane. Di solito, nella penombra dell'alba, sgattaiolavo fuori casa alle sette in punto.

Infilai i pantaloni del pigiama, le pantofole e dopo aver dato una veloce occhiata ai miei capelli, decisi di uscire dalla stanza.

Dovevo andare in bagno.
Dopo il fantastico teatrino della sera precedente mi ero dimenticata di fare anche quello.

Appena accesi la luce e chiusi la porta a chiave, la mia figura apparì riflessa sullo specchio.
Avevo il mascara interamente sbavato e due occhiaie pronte a toccare terra in un istante.
Ci voleva un restauro totale, da capo a piedi.

La suoneria programmata dell'iPhone mi riportò alla realtà, mamma mi stava chiamando e sapevo che quella non sarebbe stata l'unica chiamata dalla giornata.

«Pronto?»

«Buongiorno polpetta
Con la solita energia e positività, sembrava quasi che nella sua vita non esistesse una sola giornata negativa.

«Ciao mamma»

«Amore, sembri stanca. È molto tardi da te, come stai?»

«Sto bene, mi sono solo appena svegliata»

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