capitolo quaranta

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ELIZABETH
Chicago, 22 gennaio

«Imbarco volo 8922 al gate 5! Ripetiamo; imbarco volo 8922 al gate 5!» la pesante voce metallica rimbalzò attraverso le ampie vetrate dell'aeroporto.
Aiden abbassò lo sguardo, leggendo il numero sul proprio biglietto.

Volo 8922, era il suo.
Nella notte, intenta a camminare avanti e indietro per la stanza, avevo imparato a memoria anche quelle quattro cifre.

«È ora di andare»

La grande mano di Alexander si posò sulla spalla del fratello, i due si guardarono, salutandosi senza pronunciare nemmeno una parola.
Amanda pianse tra le braccia di Aiden, stringendosi al suo collo finché Jace e Steven non furono costretti ad allontanarla.

Io rimasi in disparte, chiusa nel mio mondo, schiacciata dall'angoscia.

Poche ore prima avevamo fatto l'amore, lui mi aveva sussurrato all'orecchio un'altro ti amo e come se fosse appena iniziata una semplice giornata, si era preparato per raggiungere l'aeroporto.

I capelli corti avevano perso i riflessi biondi delle settimane passate a Los Angeles, la mimetica oscurava le braccia sempre esposte dalle sue T-shirt monocolore e ai piedi non portava più alte All Star nere, bensì pesanti anfibi impermeabili.

«Ti aspettiamo all'entrata, Elizabeth» annuii a Jace, osservandoli distratta allontanarsi da noi due.
Rimasi in silenzio, sentendo i suoi occhi sulla mia figura.

«Beth, guardami» rivolsi a fatica il capo nella sua direzione «andrà tutto bene, te l'ho promesso»

«Tu dici tante bugie, Aiden»

Mi ero ripromessa di non piangere, mi ero imposta di mantenere la calma ed essere forte per lui.
Eppure quelle parole uscirono in un sussurro, spezzate dal mio respiro affannato.

«Non a te, piccola» il pollice raggiunse la mia guancia, accarezzandola dolcemente. Asciugò le prime lacrime, mantenendo un sorriso sereno in volto.

Singhiozzai, lanciandomi addosso al suo ampio petto. Ci avevo provato ma Aiden ormai si era insinuato così in profondità dentro di me e lasciarlo andare corrispondeva quasi a perdere una parte del mio corpo.

Le sue labbra si appoggiarono alla mia fronte, le mani racchiusero delicate la mia testa, tenendomi vicina a lui.
Sentivo il suo respiro pesante accarezzarmi la pelle, percepivo il suo cuore battere attraverso la spessa giacca verde.

«Vivi Beth. Continua a risplendere. Continua ad essere la mia luce, ok?» sussurrò vicino al mio orecchio, dedicando solo a me, tra i mille rumori dell'aeroporto, le sue ultime parole.

Alzai il capo devastata, pregandolo di baciarmi un'ultima volta.
E quando le nostre labbra si unirono, sentii il sapore salato delle mie lacrime.

Le sue braccia mi strinsero la vita, le mie mani raggiunsero la base del suo collo.
Mi sollevò leggermente da terra, regalandomi se stesso ancora una volta.

«Ci vediamo presto, pulce»

«Ti amo» risposi

E dopo aver mimato con le labbra un "anche io, cazzo", mi lasciò definitivamente andare.

Sentii freddo. Non alla pelle, al cuore.
Sentii i brividi percorrermi da testa a piedi, lo stomaco contorcersi e il respiro mancare.

Lo guardai camminare sicuro fino alle scale mobili, reggere tra le mani due pesanti borsoni dell'esercito e percorrere impassibile la distanza dei due piani.

Alla fine, poco prima che scomparisse dalla mia vista, si girò e rividi ancora una volta i grandi occhi azzurri della quale mi ero innamorata.

L'azzurro oceano che mi aveva studiato nella cucina della sua casa.
Il celeste intenso che mi aveva preso in giro la prima notte nel mio appartamento.
Il colore caldo che mi aveva osservata nuda tra le fresche lenzuola della camera.

«A domani» soffiai, sperando che quel leggero suono raggiungesse le sue orecchie nonostante i metri di distanza.
Tra la folla, persi la visuale sul suo corpo. Aveva superato la fila della sicurezza, si era addentrato verso il gate.

Io ero ferma, immobile al primo piano dell'aeroporto. Bloccata in centro alla grande sala con lo sguardo rivolto verso l'alto.
Aiden non sarebbe tornato indietro a baciarmi un'altra volta. Era troppo testardo e orgoglioso per farlo.
Io aspettai comunque.

E solo quando il volo 8922 scomparve dal grande tabellone delle partenze, lasciai andare il fiato.

Sentii la stanchezza investirmi e l'angoscia dissiparsi.
Quella sera avrei cenato, mi sarei fatta la doccia, avrei ripassato gli ultimi argomenti per l'esame e sarei andata a dormire; da sola.

Il giorno seguente averi dato l'ultimo esame della sessione, sarei uscita la sera con le mie compagne di corso e tornata a casa sarei andata a dormire; da sola.

Avrei ripreso lo stage da Alexander, avrei lavorato alla tesi di laurea, sarei tornata a Los Angeles per trovare i miei genitori, avrei continuato a vedere Amanda e Steven, riprendendo ad uscire in loro compagnia come una perfetta terza incomodo.
Avrei incrociato per i corridoi dell'università Victoria Holeman, sorridendo nella sua direzione consapevole di avere l'unico ragazzo che lei abbia mai amato.

Sarei tornata a casa e dopo essermi messa il pigiama mi sarei coricata, da sola.

Eppure lui sarebbe sempre stato al mio fianco, in ogni azione avrei pensato a lui, alla distanza che ci separava ma al diminuire dei giorni prima del nostro incontro.

Lui diceva bugie, ma non a me.
Lui sarebbe tornato.





































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Il capitolo è corto, lo so. Presto pubblicherò l'ultimissima parte e credetemi se vi dico che sono agitata da morire.
Ho iniziato questa storia un anno fa e vedere i grandi risultati raggiunti mi scalda il cuore.
Grazie davvero a ogni di voi🤍
Vi mando un grande bacio, ci vediamo presto!!

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