capitolo trentacinque

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ELIZABETH
Chicago, 10 gennaio

Aiden per tutta la vita non aveva fatto altro che pregare di essere ascoltato, capito ed aiutato.
Ed io cosa avevo fatto?
Ero stata zitta.

Le parole quella sera non erano uscite dalla mia bocca, erano rimaste intrappolate tra le corde vocali e respinte in profondità dalle paranoie che avevano ormai divorato la mia mente.

Il grido disperato di Aiden lo percepii sulle mie labbra, quando il suo corpo di piegò bruscamente verso il mio e la sua bocca raggiunse la mia, sentii tutto il dolore che provava e che con il tempo aveva iniziato a logorarlo sempre di più.

Baciai le sue labbra rudi, aggrappandomi alle sue spalle e restando accanto a lui mentre le sue braccia mi stringevano sempre più forte la vita.
Mi teneva contro il suo petto, vicino al suo cuore, nella speranza che non sfumassi come un sogno, oppure un'incubo.

E io pregavo di non spezzarmi del tutto, di trovare la forza e continuare a lottare per lui.
Era vero, tornando a Chicago nulla era cambiato, forse tutto era solo degenerato ancora di più, ma in ogni caso Aiden era rimasto davanti a me e mi aveva confermato ancora una volta che nonostante tutta la sua vita fosse un fottuto casino, lui voleva me.

Prima che arrivasse, desideravo trovare la mia strada, laurearmi, diventare la donna forte e indipendente che avevo sempre promesso alla me bambina.

Il mio primo ragazzo mi aveva spezzato il cuore, mi aveva spinta a trovare conforto solo in me stessa e nonostante io vedessi in Aiden una persona che ha sempre preferito scappare piuttosto che affrontare di petto la vita, io non facevo eccezione.

Dopo aver fatto l'amore con lui, mi ero svegliata con il suo corpo caldo alla sinistra, ero uscita dalla stanza e mi ero chiusa in bagno a piangere.

Aiden valeva tutto il dolore provato.
Aiden però sarebbe partito per chissà quanto tempo e io sarei rimasta ancora una volta sola con me stessa.

Ero uscita dalla stanza un'ora e mezza dopo. Il biondo era sparito lasciando solo il suo profumo tra le lenzuola.

Io ho spezzato te ma tu hai aggiustato me. Scusa per tutto Beth.

Citava l'ultima polaroid regalatami da Aiden, appoggiata al tavolo della cucina.

Io ero scappata dall'amore.
Lui era scappato dal mio rifiuto.

E così la mia vita aveva ripreso lentamente a scorrere. Tra un abbraccio silenzioso di Amanda, un sorriso tirato di Steven e qualche fusa da Achille.
Una bocciatura dal mio professore preferito e un centinaio di fogli da visionare per Alexander.

La sveglia suonava alle sette e venticinque. La metro partiva alle otto e sedici e il cartellino veniva timbrato alle nove in punto.
Nessuno parlava di Aiden, era come se tutto di lui fosse svanito e quei due mesi trascorsi insieme fossero stati sono un lontano sogno.

I professori pretendevano l'attenzione che non avevo e Alexander aspettava con ansia tutta la vivacità che perdere Aiden mi aveva tolto.

Anche in tribunale, seduta alla sinistra del mio capo, io attendevo la chiamata del fratello.
Al bar, intenta ad ascoltare le mie compagne parlare, io speravo di vederlo entrare e la notte, stretta tra le pesanti coperte, speravo solo di poterlo abbracciare presto, di poter fare l'amore con lui e sentire la sua voce all'orecchio mentre mi sussurrava quanto bella fossi.

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