capitolo diciannove

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ELIZABETH
20 dicembre, Chicago

QUANDO APRII GLI OCCHI, la prima cosa che vidi fu l'orario illuminato sulla sveglia.

04:38

Impiegai qualche secondo a riprendere contatto con la realtà.
Il piumone accarezzava le mie gambe, l'aria calda dell'appartamento abbracciava il mio busto mentre un rumore lontano risuonava all'infinito nella mia mente assonnata.

La piccola lampada nella scrivania era ancora accesa, mostrando così la mia camera stranamente in ordine.

Il rumore giunse ancora una volta alle mie orecchie e solo allora mi resi conto fosse il campanello.

Nella mia enorme T-shirt rosso fuoco mi diressi lentamente verso l'entrata, sciogliendo i lunghi capelli ricci sulle spalle.

Quando raggiunsi la superficie della porta, mi sollevai sulle punte per osservare chi fosse il mio ospite indesiderato e non mi sorpresi più di tanto del fatto che fosse effettivamente lui.

Appoggiai la fronte alla superficie, sospirando.
Dovevo tornarmene in camera. Dovevo richiudere gli occhi ed aspettare che la sveglia suonasse. Sarei partita poche ore dopo, perché incasinare ancora di più il poco tempo a disposizione?

«Sei lì?»
Sussurrò il biondo dal pianerottolo.

Non risposi. Trattenni il fiato nella speranza che non percepisse la mia presenza.

«Alla fine ho preso la linea rossa» Ridacchiò, restando vicino alla superficie opposta per farsi sentire.

«Non sono più ubriaco, Beth»

E come se fosse una giustificazione, la mia mano afferrò la chiave e con un lento movimento la girò nella serratura.
La porta si aprì e i miei occhi sbucarono di lato incuriositi.

Aiden piegò lievemente la testa, sorridendomi silenzioso.
Sembrava quasi un bravo e ingenuo angioletto.

«Ciao»

«Ciao»

Mi spostai, lasciandogli abbastanza spazio per poter entrare.
Aiden si sfilò la solita giacca in jeans dalle spalle, riportando solo allora lo sguardo su di me.

«Questa volta ero sicura fossi tu, non sono sconsiderata»
Incrociai le braccia al petto, stropicciando leggermente gli occhi ancora assonnati.

Aiden si sedette sul bordo del divano, allungò le gambe e incrociò le braccia a sua volta. I capelli in disordine, gli occhi estremamente azzurri e l'espressione stanca gli conferivano un aria docile, quasi innocua.
Non mi avvicinai; consapevole della sua potenza letale.

«Mi dispiace»

«Non mi devi delle scuse»

«Beth...»

No. Non ti permetto di farmi questo.

«Sono seria. Non mi devi nulla e non ho il diritto di chiederti niente.
Ti ho chiesto di venire qui solo perché so quanto Amanda tiene a te. Lei avrebbe fatto così»

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