capitolo otto

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AIDEN
Chicago, 01 dicembre

LE MIE GAMBE erano troppo lunghe per potersi adattare ai minuscoli sedili dell'auto di Amanda.
Il delfino viola mi fissava intensamente dal cruscotto, giudicando tutte le mie parole dal momento in cui ero salito.
La vettura era piccola, soffocante e l'odore troppo dolce per le mie narici.

Non aprii comunque bocca.
Dopo la cena del Ringraziamento, Amanda mi aveva rivolto la parola solo due volte ed era già un miracolo che si fosse scomodata per venirmi a prendermi in ospedale.

Avrebbe benissimo potuto lasciarmi lì. Forse averi preferito...

La ferita si era infiammata per davvero. A detta dei medici stavo trascurando la mia condizione e i troppi sforzi mi avrebbero compromesso ancora di più.
Mi avevano ricoverato il 29 novembre sera e dopo due giorni di noia mortale su uno scomodo letto d'ospedale avevo riassaporato la libertà.

Per così dire.

L'unico aspetto positivo erano stati i due giorni passati al Virginia con Jace prima del ricovero. Mi aveva contattato dopo aver saputo del mio ritorno e ne avevo approfittato per scappare da casa e ritrovare un vecchio amico delle superiori.

In verità, il migliore.

Le aule punizioni erano sempre occupate dai sottoscritti e nella squadra di basket non era mai esistito uno Scott 22 senza un Anderson 56.

Ci eravamo ubriacati nel nostro solito bar di fiducia e avevo riscoperto con grande piacere quanto bello fosse il sesso improvvisato dentro i bagni.
Probabilmente avevo esagerato in quel momento, ma Jessica... Jennifer... Jasmin... ragazza incontrata era evidentemente più vogliosa delle mie aspettative.

«Mi fermo un attimo in facoltà a ritirare il materiale per l'esame. Dieci minuti e poi ti riporto a casa»

Certo mamma.

Quando rimasi solo davanti il grande ateneo della Chicago University non potei fare a meno che scendere dalla vettura per potermi godere una bella sigaretta in santa pace.
Il delfino era diventato troppo da sopportare e le mie ginocchia iniziavano a lamentarsi.

Il grande giardino trasmetteva una pace inaudita e gli studenti che passeggiavano tranquillamente su di esso sembravano solo delle comparse in un perfetto dipinto.
Mi era sempre piaciuta quella zona della città. Ovviamente era popolata da gente ricca e snob ma il verde di Hyde Park mascherava alla perfezione anche la merda della quale era popolato.

Se solo fossi stato come i miei fratelli, in quel momento sarai probabilmente andato anche io a ritirare il materiale dentro la struttura, oppure il mio destino sarebbe stato segnato da un'università ancora più prestigiosa come la Columbia.
Numerose ipotesi alla quale però non avrei mai dato una risposta definitiva.

Inalai l'ultima boccata di fumo, lasciando cadere al suolo il mozzicone consumato.
I primi studenti stavano già abbandonando l'università per le vacanze natalizie, mentre altri passavano il tempo distesi sul prato nonostante i cinque gradi presenti.

Forse un po' invidiavo quella vita, ma non ero certo di nulla in quel preciso momento.

«Non ci posso credere. Aiden?!»

A riportarmi con i piedi per terra fu una squillante voce femminile.
Quando mi girai, la ragazza sorrise ancora di più, avvicinandosi con passo spedito verso di me.

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