capitolo ventisette

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ELIZABETH
Los Angeles, 27 dicembre

IL DOLCE SAPORE del drink impregnava le mie labbra sfumate di rosso a causa del gloss applicato qualche ora prima.

Il bicchiere in plastica davanti ai miei occhi presentava dei contorni completamente sfocati e il sorriso della ragazza dall'altro lato del tavolo non faceva eccezioni.
La musica procedeva senza sosta e i ragazzi continuavano ad arrivare al concerto come uno tsunami.
Uno dietro l'altro, ogni angolo ospitava gente nuova, ogni sbattito di ciglia mi conduceva ad uno sconosciuto diverso.

Strinsi con più forza il cellulare al petto, rimanendo ferma al tavolo nella quale si erano seduti qualche minuto prima gli amici di Garrett.

«Tutto bene El?»
Domandò quest'ultimo, posando una mano poco sopra il mio fondoschiena.
Le sue labbra erano a pochi centimetri dal mio orecchio e la sua voce solleticava l'aria, facendomi rabbrividire.

«Mi gira la testa»
Ammisi, mantenendo la concentrazione su un punto fisso.

Aver accettato quell'uscita era stata la cosa peggiore che potessi fare.
Il nostro appuntamento combinato doveva essere una semplice passeggiata con Masha per il quartiere, invece mi ero ritrovata nella sua auto diretta ad un rave party pochi chilometri dalla spiaggia.

Potevo dire di no, potevo inventare anche la scusa più banale, ma la mia testardaggine e ostinata ossessione verso l'indipendenza mi avevano frenato.

La verità era che speravo mi chiamasse, speravo davvero che dopo quella notte lui si rifacesse vivo.
Invece, non era più tornato a casa e le sue tracce erano definitivamente scomparse.

Volevo chiamarlo e correre da lui, ma tutto quello non era da me.
Non volevo dipendere da nessuno, sopratutto da uno come Aiden.
Non volevo perdere di vista i miei obbiettivi per una stupida cotta senza senso.
Non volevo diventare la fidanzatina gelosa e ossessiva disposta a rovinarsi la vita aspettando il ritorno del suo uomo.

Lui sarebbe tornato solo quando l'avrebbe voluto e io non sarei mai stata disposta a sottomettermi a ciò.

Cosa stava facendo in quel momento?
Si stava divertendo e godendosi la vita? Bene, perché non avrei potuto farlo anche io?

Peccato che tutte quelle idee emancipate e indipendenti fossero finite dritte nel bidone alla prima occasione.
Un drink aveva seguito l'altro e io mi ero ridotta in un pessimo stato solo per zittire quella maledetta vocina nella mia testa.

Aiden, Aiden e ancora Aiden.

Perché non poteva starsene zitta?

Quando la presa di Garrett si strinse maggiormente, mi allontanai.
Fu difficile mantenere l'equilibrio e tanto di più riprendere la lucidità in pochissimo tempo.
Mi sentivo a disagio e in pericolo.
Tutto ciò che mi circondava era estraneo e i miei sensi annebbiati non mi avrebbero protetta.
Mi reggevo in piedi a fatica e le parole arrivavano troppo lentamente alle mie labbra.

«Io e gli altri andiamo ad ascoltare il prossimo artista, vuoi venire?»
Garrett si avvicinò ancora ma io non ebbi la forza di compiere alcun passo.

«Io rimango qui. Devo riprendermi un attimo»

«Resto con te se vuoi»
Mi sorrise dolce, evidenziando quell'espressione da angioletto che mai avrei sopportato.

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