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La poca luce che penetrava dalla finestra bastò a svegliarmi e riportarmi alla cruda realtà. A diciassette anni la realtà non dovrebbe essere così giusto? Si dovrebbe pensare solo a far festa, ad ubriacarsi e a divertirsi. Sei sei una pogue però hai delle preoccupazioni più importanti, quali pagare le bollette, andare a lavoro e cercare di non uccidere nessun kook per essere un kook.

Qui nelle outer banks la popolazione era divisa e stereotipata in due. C'erano i kook ovvero l'alta borghesia, quella che poteva comandare tutta l'isola e campare senza il minimo sforzo; e i pogue ovvero i lavoratori, quelli che si spaccavano la schiena e vivevano sotto alle suole dei kook, i poveri insomma.

Una volta svegliata mi alzai e andai in cucina per fare colazione, mamma come al solito era già uscita e aveva lasciato un post it attaccato al frigorifero.

torno tardi

C'era scritto. Da quando mio padre aveva abbandonate per una vita da kook, mia madre doveva fare doppi turni per poter sostenere tutte le spese che la casa e il mio mantenimento richiedevano. Io pure lavoravo e cercavo di aiutare a casa il più possibile.

Trovare un lavoro per me non è stato poi cosi difficile dato che la famiglia della mia migliore amica possiede un ristorante. Kie era una kook per nascita ma odiava essere associata a quella gente, così girava con i pogue sentendosi una di noi, e ormai era come se lo fosse.

Come ogni giorno la mia colazione si limitava ad una ciotola di late e cereali scadenti che ormai mi ero fatta piacere a forza. Mentre mangiavo mi misi a guardare la chat con i miei amici, che sembrava sembra esser scoppiata durante la notte a casa delle voci sull'uragano che sta per arrivare.

Dopo essermi vestita uscii di casa per andare al Wreck, ovvero il mio luogo di lavoro. Sebbene fosse nella parte ricca della città l'abbigliamento per i lavoratori era molto casual, considerato il fatto che era un posto acchiappa turisti.

A lavoro ci andavo a piedi, anche perché io e mamma potevamo permetterci a stento una macchina, ma non mi dispiaceva. Camminare mi ha sempre aiutata a liberare la mente, soprattutto se lo facevo con la musica. Attraverso le mie auricolari infatti risuonava la voce angelica di lana del rey.  La musica era tutto per me, amavo sentirla e amavo farla.

Quest'ultima l'avevo ereditata da mio padre, che ne era appassionato. Quand'ero piccola passavamo interi pomeriggi a suonare la chitarra e a cantare.  La chitarra era anche l'unica cosa che mi ha lasciato quando se ne è andato, il resto era tutto sparito, lui incluso.

Una volta arrivata al Wreck mi sistemai e presi il taccuino per annotare le ordinazione anche se lo usavo raramente.

Mi misi a servire qualche turista commentando con Kate, un'altra ragazza che come me faceva la cameriera, i loro accenti buffi.

Arrivai poi al tavolo dove seduti vi erano Topper, Rafe e Kelce, una tripletta con cui non si dovrebbe mai parlare per più di un minuto o si rischia di tentare il suicidio.

"Cosa posso portarvi a voi?" dissi io con un falso sorriso
"Due margarita" rispose Topper-biondo ossigenato-Thorthon "E tu Rafe?" aggiunse dopo una lunga pausa.

"Un whisky"
"Okay" mi allontanai sentendo gli occhi dei tre ragazzi perforarmi la schiena, per essere dei kook facevano particolare attenzione ad una pogue, o per lo meno al mio fondoschiena.

"Due margarita e un whisky per il tavolo 5"
"Il whisky con o senza ghiaccio?" chiese Kate
"Merda" corsi di nuovo al tavolo dei miei carissimi amici kook

"Rafe, il whisky lo preferisci con o senza il ghiaccio?"  lui mi guardò per giusto una frazione di secondo e poi spostò di nuovo la sua attenzione su Topper che stava parlando di un nuovo modello di barca, chiaramente per infastidirmi.
"Allora?" iniziai a spazientarmi, una delle cose che odiavo di più era essere ignorata, a maggior ragione se accadeva nell'orario di lavoro.
Data la mia poca pazienza, la maleducazione di Rafe e il mio astio nei suoi confronti, gli schioccai le dita davanti agli occhi, certa che mi avrebbe sicuramente calcolata.

"Ma tipo sembro un cane?" mi """"allietò"""" finalmente con delle parole, acide, ma pur sempre parole.
"Loro sono più amichevoli" lo provocai anche se pensavo realmente quelle cose.
"Perché dovrei essere amichevole con una pogue comunque" marcò le ultime parole con un tono disgustato, come se fossi la feccia del mondo o il demonio.
"Perché la pogue ti sta servendo da bere" Topper e Kelce mi guardavano come se mi fossi appena scritta il testamento davanti ai loro occhi, come se contraddire il principe dei kook fosse una cosa fuori dal mondo.
"E quello a cui dato del cane potrebbe farti licenziare" mi sbatté in faccia quella che purtroppo era la verità.

Alzai gli occhi al cielo, non curandomi che Rafe mi stesse vedendo, e poi me ne tornai al bancone.
"Quindi con o senza?"
"Non lo so, senti faglielo con che magari si strozza pure con il ghiaccio"

Guardai la bionda versare l'alcol nel bicchiere e pensai a quanto volessi scolarmelo io, o almeno a quanto ne avessi bisogno. A consolarmi c'era che mancava solo un'ora di puro strazio e poi sarei potuta andare da John b a poltrire.

Portai i drink al tavolo numero cinque, soprannominato da Kate "tavolo inferno", e feci un sorriso falso che avrebbe dato fastidio persino a Gesù.

I tre non si curarono della mia presenza così continuai a servire gli altri clienti.

Dopo aver servito un paio di turisti era finalmente giunta l'ora dì tornare a casa. Andai all'appendiabiti del personale del ristorante e ripresi il mio zaino salutando Kate che faceva il doppio turno.

Uscita estrassi dalla tasca anteriore il pacchetto di Chesterfield blue e mi misi in bocca una sigaretta. Inizialmente fumavo per gioco ma poi diventò un abitudine e ora fumare era diventato importante come respirare.

Aspirai qualche tiro di sigaretta e poi sentì affiancarmi da qualcuno.

"E comunque il ghiaccio non ce lo volevo" non mi girai nemmeno a guardarlo, anzi non distolsi per un attimo lo sguardo dalla strada davanti a me.
"La prossima volta dimmelo magari"
"Se tu fai domande scontate" parlava come se sapessi i suoi gusti e cosa gli piaceva. A questo punto mi voltai verso di lui.

Quanta bellezza sprecata, Rafe era attraente come una divinità dovevo ammetterlo. I suoi capelli biondo scuro erano divisi a metà e due ciuffi più lunghi gli ricadevano sul viso, i suoi occhi blu proiettavano tutti i colori dell'oceano e caratterizzavano l'intero viso formato da lineamenti decisi e a dir poco perfetti. Di corpo pure era divino, il suo quasi un metto e novanta di corpo era scolpito a mo' di statua. I suoi muscoli non apparivano tozzi, anzi, erano particolarmente snelli. Tutta quella bellezza mi faceva a dir poco incazzare.

"Evidentemente non lo era che dici?" chiesi retorica aspirando di nuovo per poi buttargli il fumo praticamente addosso e lui mi guardò schifato.
"Rafe seriamente cosa vuoi" ormai stavamo camminando da circa dieci minuti e lui non sembrava intenzionato ad andarsene, anzi mi fissava. Sentivo il suo sguardo pesante che mi vagava addosso.
"Non ti sto pedinando Alexandra, dovevo solo arrivare al Cut per una commissione" capì subito che si trattava di droga, al Cut infatti ci abitava Barry il suo spacciatore, conosciuto anche come testa di cazzo.

"È Alex" dissi spazientita, l'avrei preso a botte se solo avesse continuato a parlare.
"Mi interessa poco Alexandra" svoltò per la roulette di Barry senza dire altro. Quel kook del cazzo si era appiccicato a me, dopo avermi minacciata di farmi licenziare, e tutto questo per? Darmi fastidio forse? Beh ci era riuscito.

Arrivata da John B mi buttai sul suo divano.
"Com'è andata bellezza?"chiese smagliante
"Non chiederlo" sprofondai con la testa nel divano.
"Comunque io e Pope stiamo andando a surfare vuoi venire?"
"Pazzi, con l'uragano?"
"Vita da pogue baby" mi fece sorridere e poi uscì di casa mentre io rimasi lì, buttata come un panno sporco.

Avevo già avvertito mia madre che non sarei tornata a casa quindi mi misi a dormire sapendo che a breve John B mi avrebbe svegliata per lamentarsi delle onde non cavalcabili.

𝐛𝐚𝐝 𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐫.𝐜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora