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                                                                                                                                                                                                                                                                                           "I know that you got daddy issues"

Quella mattina mi svegliai spensierata, per la prima volta in vita mia lo ero davvero. Stavo vivendo quell'attimo sulla ruota panoramica in cui sei nel punto più alto, in cui ti godi la vista, in cui sei felice solo stando in una seggiola a un centinaio di metri da terra. Il problema, quello in cui ancora non mi ero imbattuta, era che la ruota prima o poi sarebbe scesa, sarei tornata a terra, con più problemi di quanti ne avessi prima, sarebbe stato solo questione di tempo, nel mio caso sarebbe bastata solo qualche ora per questa mia ricaduta sulla superficie, ma io questo ancora non lo potevo sapere.

La sveglia del telefono, tanto efficace quanto rude mi riportò alla realtà svegliandomi dal mio sonno, da quando io e Rafe ci vedevamo le mie ore di sonno erano aumentate, niente più fare la notte in bianco con la testa sovraccaricata di pensieri, niente più riposo arretrato e niente più stanchezza a lavoro. A proposito, dovevo andare al lavoro. Balzai giù dal letto e corsi a pavarmi i denti portando in bagno i vestiti che avrei dovuto mettere. Indossai una canotta nera e un paio di jeans blu che mi fasciavano le gambe perfettamente.

Arrivai al Wreck e dopo una chiaccherata veloce con Kate mi misi subito a lavoro apparecchiando i tavoli. Il locale man mano si riempì, quel giorno erano venuti anche i miei amici poichè per una scommessa persa Sarah avrebbe dovuto offrire il pranzo a tutti, non a me in quanto io avrei dovuto servirli, che vita ingiusta pensai.
Pochi minuti dal loro arrivo anche il tavolo inferno-ormai non più inferno si occupò dai soliti tre ragazzi.
Spesso quando lavoravo e giravo tra i tavoli io e Rafe ci scambiavamo delle occhiate complici però stavamo sempre attenti a non dare troppo nell'occhio, nonostante i suoi e i miei amici già sapessero della nostra storia lui non poteva farlo sapere a nessun altro, per nessuna ragione voleva che la voce di noi due arrivasse al padre. Ward mi conosceva come la migliore amica di Sarah e mi vedeva spesso a casa sua ormai ma io ero pur sempre una pogue e difficilmente avrebbe accettato che uscissi con suo figlio, già "la sua bambina" era in una relazione con John B, sapere che anche il figlio maschio si trovava implicato con una pogue gli avrebbe fatto venire come minimo un infarto.

Mi aggiravo tra i tavoli come una trottola, quel giorno il Wreck era particolarmente affollato e questo significava più lavoro nello stesso tempo. In mano avevo due spritz ed ero pronta a servirli al tavolo 46 quando un altro cliente chiamò la mia attenzione.

"Un secondo solo" dissi senza nemmeno girarmi verso il proprietario della voce.
"No è importante" continuò e così mi voltai verso l'apparentemente cliente meno educato della giornata.

Rimasi pietrificata quando incontrai quegli occhi marroni più simili ai miei di quanto avrei voluto. Richard aka mio padre, era lì, seduto da solo in uno dei tavoli del luogo in cui io lavoravo. La sua presenza fu del tutto inaspettata e io sentì immediatamente mancarmi la forza in tutto il corpo, come se stessi per svenire in maniera però del tutto cosciente. La presa sui due bicchieri che tenevo in mano si affievolì svanendo e portando alla frantumazione sul pavimento dei due cocktail che avrei dovuto invece servire. Il rumore del vetro che si infrangeva mi risvegliò da quegli attimi di stato di trance in cui ero finita e solo lì mi accorsi che mezzo ristorante era girato verso di me, la cameriera goffa che aveva fatto cadere due bicchieri provocando un frastuono assurdo.
Mi chinai frettolosamente per cercare di levare i cocci e magari di asciugare anche tutto l'alcol che era finito per terra, però le mie mani si mossero in una completa confusione come se fossero andate in tilt, iniziai a respirare in maniera più pesante per via del panico che mi stava crescendo. Gli occhi di tutti si puntarono su di me e non fecero altro che aumentare il mio stato di panico e il luccichio nei miei occhi.

"Alex" disse calmo mio padre, la sua voce apparentemente non era cambiata di una virgola ma in realtà era completamente diversa, non era più la voce che mi ricordavo, in realtà non lo sentivo da talmente tanto tempo che forse non me la ricordavo nemmeno per com'era prima.
"Non dovresti essere qui" sono le uniche parole che riuscì a dire, affannosamente per altro.
Raccimolai i pezzi di vetro in un mucchietto così che poi sarebbe stato più facile con la scopa levarli completamente.
"Io voglio solo sistemare le cose, so che ho sbagliato tutto Alex, ma dammi una possibilità, mi basta anche una cena insieme"
Strinsi un vetro che tenevo in mano a tal punto da ferirmi e da farmi uscire il sangue. In quel momento avrei solo voluto urlargli che era troppo tardi, che aveva già mandato tutto a puttane, che ormai era morto per me, l'unica cosa che però riuscii a fare era singhiozzare e lasciare andare tutte le lacrime che stavo cercando a tutti i costi di ricacciare dentro. Tutta la mia rabbia, il mio rancore, il mio odio sparisono, la mia arroganza si fece da parte per lasciarmi in uno stato pietrificato, non riuscivo a dire frasi di senso compiuto che esprimessero quello che provavo per Richard.
Ero sul pavimento con le ginocchia fradicie da cinque minuti ma mi sembrava esser passata una vita  quando sentii due forti braccia alzarmi di peso e portarmi via dagli occhi curiosi e confusi di tutti i clienti, mentre quella figura, che non avevo ancora messo a fuoco ma che ero certa fosse Rafe, mi portava via guardai di sfuggita mio padre e fui sicura di esser riuscita a dire con gli occhi tutto quello che avevo represso in quegli anni.

Mi posò nel retro del locale dove tutta la confusione dei tavoli arrivava ottavata alle mie orecchie. Alzai lo sguardo e incontrai gli occhi blu cobalto preoccupati di Rafe, le sue mani si posarono sul mio viso asciugandomi le lacrime che però continuavano a scendere senza alcun controllo da parte mia sulle guance.
"Chi era quell'uomo Alex?" il suo tono dolce mi scaldò il cuore.
"Era mio padre" dissi con un filo di voce che non mi rese nemmeno sicura che mi avesse sentito.
Di rimando lui mi avvolse nelle sue braccia posandomi un bacio sulla testa e per un momento lì mi sentii protetta, come se Richard non si fosse mai presentato al Wreck, come se andasse tutto bene, come se la ruota panoramica non stesse cadendo in picchiata sull'asfalto della realtà.

𝐛𝐚𝐝 𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐫.𝐜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora