21

2.4K 73 34
                                    

Sarah sembrava avermi perdonata, o forse le avevo fatto semplicemente pena, nonostante questo era ancora abbastanza rancorosa nei miei confronti ma ero sicura che questione di giorni e tutta questa brutta situazione sarebbe stata solo un altro dei tanti scheletri nel mio armadio.

Anche se con Sarah si era allevviata la questione rimanere a quel party mi stava distruggendo, ormai era impensabile anche solo provare a divertirmi ma comunque ci provai, mi guardai un po' intorno alla ricerca dei miei amici magari ma la mia visuale catturò ben altro. Rafe era lì vicino al fuoco che gli illuminava il viso con il calore intenso, accanto a lui o meglio, spiaccicata a lui, la sua ragazza Serena. Quella pseudo modella bionda perfetta gli stava ballando addosso cercando di rendere i suoi movimenti più sensuali possibili e coinvolgere di più il biondo. Il mio stomaco iniziò a bruciare a quella vista e il solo vedere le mani di Rafe poggiate sul corpo snello e slanciato della bionda mi fece venire mal di testa. Probabilmente sentendosi osservato si girò nella mia direzione guardandomi, io però non riuscii a rimanere semplicemente lì, ferma ad osservare, e così mi voltai e andai da Kie per avvertirla che sarei andata a casa. Dovevo allontanarmi da lui, da lei e da quella dannata musica che mi stava intontendo.

"Vuoi un passaggio?" mi chiese Kie con in mano un bicchiere ancora pieno.
"No tranquilla voglio camminare" la rassicurai e andai via.

Corsi il più velocemente possibile convinta di riuscire ad andare più in fretta dei miei pensieri, volevo lasciarmeli alle spalle, volevo vincere questa gara tra me e loro, ma non era possibile. Arrivai a casa con il fiatone e la milsa in procinto di esplodere, la mia mente era invasa da parole, frasi, discorsi, qualunque cosa. Volevo liberarmente.

Aprii la porta del minuscolo ripostiglio in cui mamma aveva ammucchiato tutte le cose di papà, inclusa la sua chitarra. Non ero sicura che quello fosse il momento giusto per affrontare il mio trauma e suonarla dopo tutto quello che era accaduto, ma dovevo sprigionare i miei pensieri in qualche modo e lo avrei fatto come mi era stato insegnato, mettendoli su carta, non mi sarei limitata a scriverli però no, mio padre diceva sempre "non ridurti a scrivere delle frasi vuote che puoi elaborare in qualcosa di più grande di te" quel qualcosa erano le canzoni e per lui le canzoni erano tutto. Da piccola lo avevo aiutato a scriverne un paio, restavamo le ore chiusi nella camera a spremere il nostro cervello e tirare fuori tutte le cose che ci passavano per la testa, poi facevamo ordine dando armonia e mettendo complicità tra ogni parola, infine davamo ai nostri pensieri un ritmo che trasmettesse il significato vero. Sorrisi alla memoria di un uomo che ormai era sparito per sempre, lui non era morto ma mio padre lo era, e la persona che era ora non aveva niente a che fare con lui.

Rabbrividii nel prendere in mano la sua chitarra dopo anni, il legno era freddo ma trasmetteva calore e le corde rinticcavano ogni volta che il mio dito le sfiorava, ci avrei messo un po' a riaccordarla..
Mi rintanai di corsa nella mia stanza e mi sentii come se se avessi appena rapinato una banca e dovessi fuggire al più presto. Prima di buttarmi sul letto presi il mio blocknotes e il posacenere, mi ci sarebbero volute tante sigarette per quello che stavo per fare.

Iniziai a scrivere frasi a caso, alcune che riprendevano la conversazione avuta poche ore prima con Sarah, altre invece erano direttamente per Rafe. Mi sforzai di descrivere le sensazioni che avevo con il biono, ripensai a quando avevo dormito con lui, a com'era sentire il tempore che emanava il suo corpo attaccato al mio, a come aveva animato in qualche modo la mia vita spodestando il dominio di quella normalità stucchevole che mi aveva circondata prima che arrivasse lui.

Scrivevo e fumavo, fumavo e scrivevo, questo era il ciclo che si ripeteva ormai da ore e veniva interrotto solo quando mi concedevo alla pausa caffè che serviva per tenermi sveglia. Dozzine di fogli appallottolati finirono per terra abbandonati a rimanere lì per un bel po' di tempo. Buttai giù un intero ritornello che sembrava essere in armonia. Cercai di cantarlo prima per capire il ritmo che avrei dovuto dargli. Lo cantai così tanto che quasi iniziò a farmi schifo ma non mi arresi e a cicrca il quindicesimo tentativo avevo trovato la giusta melodia. Presi di corsa la chitarra per paura di dimenticarmi il ritmo, iniziai a suonarla e mi appuntai le note più adatte per fargli avere un'intesa con tutto il resto. Nonostante non avessi suonato la chitarra per anni non ero per niente arrugginita, le mie dita sapevano perfettamente quali accordi utilizzare, l'intensità nel suonare e quale ritmo seguire. Nella mia mente apparve l'immagine della me di qualche tempo fa, quando cantare era il mio passatempo preferito, tutto ciò che volevo fare, la mia droga. Le mie labbra si incresparono in un sorriso quando mia accorsi di esser riuscita ad andare avanti, a sbloccare questa paura di suonare che era cresciuta in me insieme al rancore.

Intonai il pezzo di canzone che avevo appena creato e sorrisi soddisfatta, tutto ora sembrava avere più senso, incluso quello che provavo per il biondo. Mi sentivo svuotata ma era contenta, mi resi conto che tutte quelle parole che ora erano messe insieme in una bella melodia significavano veramente qualcosa per me, io le avevo pensate e ci credevo in quello che avevo detto.

Metterlo per iscritto era stata l'ammissione definitiva dei miei sentimenti per Rafe, e non erano sentimenti d'odio, non era rabbia, non era fastidio, non ero nemmeno sicura si trattasse di amore, però era qualcosa di forte, qualcosa che me lo faceva desiderare, qualcosa per cui volevo averlo accanto, qualcosa per cui volevo conoscerlo nel profondo, qualcosa per cui volevo capirlo, era qualcosa di più grande di me.

Rafe era una canzone,
e le canzoni erano tutto.

𝐛𝐚𝐝 𝐢𝐝𝐞𝐚 𝐫.𝐜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora