Capitolo 16

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Centocelle, 22 novembre 2019

Sapere che quel giorno avrei passato il tardo pomeriggio in un'uscita a quattro con Marco, Dante e Sofia mi metteva in ansia: già tra me e Venturi ancora non c'era tutta questa sintonia, ma di fronte a Mainetti e alla cognata saremmo sembrati due sfigati; non che non mi ci fossi sentita negli ultimi cinque anni, ma ormai mi stavo riprendendo e il pensiero di tornarci dentro con tutte le scarpe mi riempiva di disgusto.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Marco mi telefonò non appena accesi lo smartphone.
<< Pronto? >> risposi.
<< Sono io, Ani. Lo so che sei agitata >> esordì.
<< Non sono agitata >> mentii.
<< Ti conosco, so che lo sei. Ma sai che ti dico? Che nessuno farà nulla per farti sentire a disagio. E in caso io ti difenderò >> mi disse premuroso.
<< In caso penso che mi difenderei da sola, ma comunque grazie >> replicai.
<< Andrà tutto bene >> mi rassicurò.
Questa cosa mi fece molto piacere, anche se faticavo ad ammetterlo.
<< Ci vediamo più tardi >> conclusi, attaccando la conversazione.
Pensai di essere stata un po' sgarbata con lui, voleva solo essere gentile: mi chiesi come facesse ancora a sopportarmi.

                                      ***

Anche Laura, in cucina, era con lo smartphone in mano mentre faceva colazione: guardava in continuazione lo schermo e rideva.
<< Un giorno dovrai dire a me ed Elena chi è l'uomo che ti fa ridere così >> le dissi, curiosa.
Era da un po' che aveva questo atteggiamento, ma nessuna di noialtre aveva capito chi ne fosse il destinatario.
<< Ancora non ve lo posso dire >> tergiversò lei, oscurando lo schermo.
<< A volte mi chiedo se esista, se tu non abbia pagato un collega >> la presi in giro.
<< Ma certo che esiste, mica sono così disperata! >> saltò su, come se avessi detto chissà cosa.
<< E dai, scherzavo! >> le spiegai.
<< È che... Sono scaramantica. Non faccio la frittata prima di avere le uova >> confessò.
<< Vabbè, ma non ti devi fissare! Guarda me e Marco: non si sa dove andremo a finire, ma intanto viviamo il presente! >> argomentai.
<< Ma voi due siete plateali >> affermò lei ridacchiando.
Risi anch'io, pensando a quante ne avesse studiate quel ragazzo per starmi vicino.

                                      ***

Quella mattina al lavoro c'era un'atmosfera strana: Fabio non se la prendeva con nessuno, Stella non faceva che sospirare malinconica e Antonio si lavava spesso le mani per guardare le notizie sullo smartphone.
<< Ma che succede? Sono io ad avere una responsabilità oggi, si può sapere che succede a voialtri? >> li richiamai.
<< Che palle, Anita! Sei talmente presa da te stessa che non sai ciò che succede nel quartiere? >> sbottò Patriarca.
<< Hanno bruciato "La Pecora Elettrica" e non si sa se riapriranno >> spiegò velocemente Stella.
<< Che cos'è "La Pecora Elettrica"? >> domandai. Non avevo mai sentito nominare quel posto.
<< Non conosci "La Pecora Elettrica"? Ma dove sei vissuta negli ultimi anni? >> fece Fabio sbigottito.
<< Prevalentemente dentro casa, non avevo molto tempo di uscire a divertirmi >> berciai infastidita.
<< "La Pecora Elettrica" è un bar/libreria. I proprietari sono un po' fricchettoni ma simpatici, spesso vengono a mangiare qui. L'incendio è stato presumibilmente doloso, sicuramente l'ha appiccato qualcuno con idee politiche diverse dalle loro >> affermò Antonio.
<< Ma perché deve per forza entrarci la politica? >> sbuffò Beretta.
<< La politica c'entra sempre, in qualche modo >> sospirò Patriarca, andando a posare lo smartphone per rimettersi a lavorare.
In tutto questo Stella non aveva parlato, ma aveva seguito tutti i suoi movimenti, dal primo all'ultimo.

                                   ***

I proprietari della "Pecora Elettrica" vennero a pranzo da noi: dalle loro facce si evinceva tutta la loro disperazione; mi adoperai per preparare loro qualcosa che li tirasse su, e poco dopo che Chiara li ebbe serviti rientrò dentro mentre sfornavamo altri prodotti da forno, sostenendo che chiedevano di me.
<< I ragazzi della "Pecora Elettrica" vogliono conoscere l'artista del pane di cui parla tutta Centocelle >> mi disse.
Sorrisi imbarazzata: loro sapevano di me, ma io non avevo la più pallida idea di chi fossero loro.
<< Ti accompagno >> mi rassicurò Antonio, mettendosi al mio fianco mentre uscivamo dalle cucine.
Arrivammo ad uno dei tavoli esterni, dove un gruppo di ragazzi dai look radical chic parlava animatamente.
<< Vi ho portato l'artista del pane >> mi annunciò Patriarca.
I commensali si voltarono verso di me, con i volti pieni di curiosità.
<< Anita? Sei veramente Anita, quella della Torta Pipistrello, degli Arancioni e delle Chiavi di Sol? >> si avvicinò una ragazza con le orecchie piene di piercing, e qualcuno anche sul naso e sulle labbra.
<< Avete già assaggiato queste cose o avete letto il blog? >> domandai, colpita da tutte quelle attenzioni.
<< Eravamo qui la sera di Halloween, e non perdiamo mai una ricetta di "Quante stelle ha il mio cielo"... Un capolavoro del web! >> esclamò estasiato un ragazzo con i rasta.
<< Capolavoro, che esagerazione... >> mi schermii, sempre più imbarazzata.
<< E invece sì... Conosciamo la tua storia, e sapere che col tuo talento ti stai rimettendo in carreggiata è un esempio per tanta gente che ha toccato il fondo, come noi >> ammise un'altra giovane donna con un outfit etnico.
<< A proposito, pensi che Teresa si mobiliterà per noi? >> chiese un quarto commensale, un giovane uomo con i tatuaggi, rivolgendosi ad Antonio.
<< Conoscendola sicuramente sì, ma le decisioni che prende non sono più affar mio >> ammise quest'ultimo.
Io guardavo quel gruppo di ragazzi che lottavano per cambiare le cose, pensai che qualche ora dopo avrei avuto un aperitivo con i signorotti del quartiere e mi sentii terribilmente in colpa.

                                     ***

Quel pomeriggio finii il mio turno prima, decisa a fare bella figura con quella particolare tipologia di gente che finché ero la signora Lojacono non mi avrebbe mai degnata di uno sguardo, ma che adesso che ero "l'artista del pane" si affannava per diventare mia amica; fortunatamente le mie amicizie storiche continuavo a mantenerle, e non le avrei cambiate con nessun'altra al mondo.
Laura e Fabiola erano ancora al lavoro, ma Elena era venuta in mio soccorso per occuparsi del mio outfit.
<< Oggi sono venuti i ragazzi della "Pecora Elettrica" e sento di aver fatto una figura di merda, non sapevo niente di loro >> ammisi, mentre lei mi metteva davanti ben quattro abiti da scegliere.
<< Sì, di fama. Ho scritto un articolo su "La Voce di Centocelle" sull'incendio che li ha travolti >> mi spiegò, mentre le indicavo un abito verde bottiglia e mi guardava con biasimo, segno che l'abito in questione era bocciato.
<< Antonio dice che è doloso, e che probabilmente la sua ex fidanzata Teresa Magni si schiererà dalla loro parte per non farli chiudere >> le raccontai.
<< Anch'io penso che qualcuno abbia voluto farli fuori. Qualcuno con le idee politiche opposte alle loro >> ipotizzò la Castroni, mentre le indicavo un abito rosso fuoco che bocciò con uno sguardo.
<< Che palle, tutti con questa politica! Qui i problemi sono altri: Laura ha un uomo e non ce lo dice! >> cambiai argomento, mostrandole che avevo scelto il terzo abito, quello nero.
<< Anch'io l'ho vista strana, e penso che c'entri l'amore. Quello completamente nero? Vai ad un aperitivo o a un funerale? >> rispose Elena, bocciando anche il terzo vestito.
<< Ma nero è elegante! >> protestai.
<< Per una cena ok, ma vai ad un aperitivo che decreterà la tua entrata nel gotha centocelliano, devi essere chic ma non eccessivamente. Devi entrarci in punta di piedi, non a gamba tesa! Ecco, questo è perfetto... >> dichiarò, mostrandomi l'ultimo abito, color azzurro polvere. Mi convinse. Potei passare al trucco con più serenità.

                                      ***

Marco venne a prendermi alle diciotto e mezz'ora più tardi arrivammo in un elegante locale a Piazzale delle Gardenie, con i lampadari di cristallo e le vetrate che riflettevano i raggi del sole di novembre, dove ci attendevano Dante e sua cognata Sofia: se non avessi saputo che lei era la moglie del fratello di lui, avrei giurato che fossero fidanzati.
<< Benvenuti, ragazzi! >> ci accolse il mio psicologo, salutandoci calorosamente.
<< Anita, come sei elegante! >> si complimentò Sofia, avvolta nelle sue consuete eco-pellicce.
<< Grazie... >> dissi timidamente.
Marco si accorse del mio disagio e mi cinse le spalle col braccio: quella sua vicinanza mi parve all'improvviso la cosa più rassicurante e piacevole del mondo; sentivo che accanto a lui la responsabilità di entrare nel gotha centocelliano, come lo chiamava Elena, mi sembrava all'improvviso meno gravosa.
Perciò feci un bel respiro, sfoderai il migliore dei sorrisi e cercai di vivere quell'aperitivo con leggerezza.


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