Capitolo 43

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Centocelle, 27 gennaio 2020

L'entusiasmo di Elena nei confronti degli incontri con Dante trascinò anche me: il fatto che seguisse le sue sedute mi portò a tornare ad avere fiducia nel mio ex psicologo, e a rimettermi in cura da lui.
Fu proprio Mainetti, quella mattina, a chiamarmi.
<< Buongiorno, principessa! Questa notte t'ho sognata! >> esordì citando "La vita è bella" con Roberto Benigni.
<< Il fatto che sia la Giornata della Memoria non vuol dire che puoi appropriarti di battute altrui >> sbuffai.
<< Forse hai ragione, ma hai avuto una bella idea ad organizzare il menù kosher per i Pesaro, gli amici di mio padre. Solo che ancora non riesco a convincere il signor Emanuele, sopravvissuto ad Auschwitz, a raccontare la sua esperienza >> rispose.
<< Ha novant'anni e ha vissuto l'inferno. Come pensi che possa andargli? >> gli rammentai.
<< Appunto perché quello che ha vissuto è troppo importante, che deve parlarne, specialmente alle nuove generazioni, proprio perché non se ne dimentichi la memoria! >> disse con enfasi.
<< Se tiri troppo la corda, sappi che si spezza >> obiettai.
<< Proprio per questo ho bisogno di te. Sono sicuro che se ci parli tu lo convinci >> dichiarò.
<< Tu sei pazzo... Io lo conosco a malapena! Ma poi che gli dico? >> mi dissociai subito.
<< Anche tu, in piccolo, sei una specie di sopravvissuta. Sei davvero la persona più adatta! >> insistette.
<< Dante, io non intendo mettermi sullo stesso piano di qualcuno che ha sofferto veramen... >> cercai di liquidarlo.
<< Ok, ti vengo a prendere tra mezz'ora. Ho chiesto a Sofia di darti la giornata libera per la "missione Emanuele" >> mi interruppe, e attaccò per non darmi il tempo di rispondere.

                                     ***

Dante era arrivato puntualmente, come aveva previsto.
Quando lo vidi arrivare con la sua decappottabile rossa, pensai che uno così non mi avrebbe mai dato l'idea di un uomo sensibile, se non l'avessi conosciuto.
<< Ti sembra un'automobile con cui presentarti, dai Pesaro? >> gli domandai, avvicinandomi.
<< I Mainetti e i Pesaro si conoscono dai lontani Anni Cinquanta, non si formalizzano per certe cose. Sono sicuro che piacerai anche al vegliardo! >> esclamò, facendomi accomodare sul sedile del passeggero.
<< Spero che gli piacciano i dolci da forno, in versione kosher ovviamente >> replicai, allacciando la cintura di sicurezza mentre lui metteva in modo.
<< I dolci e la verve, e sono entrambe qualità che tu possiedi >> mi rivelò, mentre dentro di me cresceva un misto di curiosità e ansia da prestazione.

                                    ***

La famiglia Pesaro abitava a Viale Manzoni, poco lontano dalla Metro A: il loro appartamento era al terzo piano di un lussuoso palazzo; non troppo in alto, né troppo in basso: l'altezza perfetta per ricevere quante più luce e aria possibili.
Fu una cameriera ad introdurci nella sontuosa abitazione, annunciandoci.
Ad accorglierci fu Giada Ronchi, moglie di Daniele Pesaro, il nipote del vecchio Emanuele.
<< Dante caro, che piacere vederti! Anzi shalom, per l'esattezza... Come sai, Daniele è in banca >> esordì la giovane padrona di casa.
Pensai che anche Laura ci lavorava, ma mentre lei era un'impiegata, il giovane Pesaro era invece un dirigente.
<< Shalom anche a te e a lui, sebbene sia assente. Sono venuto per la celebrazione di stasera alla panetteria... Lei è Anita Baldi, la nostra artista del pane! >> mi presentò.
<< Anita Baldi, piacere >> risposi un po' imbarazzata.
<< Piacere di conoscerti, Anita. Dante mi ha parlato di te e della tua vita. Incredibile, sembra davvero che tu abbia vissuto due vite, come il povero Emanuele. A proposito, si trova nello studio. E sarà un osso duro, te lo dico subito >> replicò la donna, rivolgendosi più a Mainetti che a me.
<< Per questo ho portato con me Anita >> ammiccò lui, mentre Giada ci faceva strada.

                                    ***

Il signor Emanuele Pesaro aveva i capelli bianchi come la neve e gli occhi azzurri come il cielo; era elegantemente vestito, e aveva un'aria autorevole, capace di ispirare solennità e soggezione al tempo stesso ai suoi interlocutori.
<< Shalom, caro Emanuele >> lo salutò educatamente Dante, avvicinandosi a lui.
<< Shalom, Dante. Ho come l'impressione di sapere perché sei qui >> indovinò questi, guardando prima lui, poi me.
<< Prima di dirmi definitivamente di no, posso presentarti Anita Baldi, la migliore collaboratrice di mio padre? >> propose Mainetti, mentre il signor Pesaro mi squadrava da sotto in su, seduto su una sedia che sembrava un trono.
Dopodiché batté un colpo a terra col suo bastone che portava un manico a forma di testa d'aquila, e mi fece cenno di sedermi di fronte a lui.
<< Io vi lascio soli >> si congedò Dante, non dandomi il tempo di replicare mentre chiudeva la porta.
Seguì un lungo minuto di silenzio imbarazzato.
<< Dante è proprio tale e quale a suo nonno. Quando si mette una cosa in testa, è difficile fargli cambiare idea... >> esordì lui.
<< Lo so. E se vuole me ne vado. Con tutto ciò che ha vissuto, non credo che le andrà di ascoltare la banale storia di una donna divorziata... >> argomentai, facendo per andare via.
<< Ogni storia merita di essere raccontata, poi lasciamolo decidere a chi ascolta se è interessante o meno... >> mi fermò Pesaro.
Allora mi sedetti di nuovo di fronte a lui e narrai con naturalezza la storia di una ragazza di buona famiglia che voleva vivere a modo suo, sperando di suscitare il suo interesse.

                                    ***

Uscii estenuata ma soddisfatta da quella conversazione, e Dante se ne accorse.
<< Allora? >> mi incalzò.
<< Ha ascoltato la mia storia e ha detto che preferisce ascoltare la testimonianza di una "povera disgraziata", così mi ha definita, piuttosto che le parole di cordoglio e circostanza di amici e conoscenti ogni benedetto 27 gennaio >> risposi sinceramente.
<< E...? >> volle sapere.
<< Quanto sei insistente! Stasera verrà e racconterà la sua storia, va bene? >> sbuffai.
<< Perfetto, visto che ho incaricato la tua amica di scrivere un articolo in merito. Per la terapia, ovviamente >> mi rivelò.
<< Ovviamente >> abbozzai, come se non avessi già immaginato che il legàme tra lui ed Elena stesse diventando molto di più di un semplice rapporto medico-paziente.
<< Dai, adesso torniamo a Centocelle >> decretò poi, mentre andavamo a salutare Giada.

                                     ***

Quella sera la sala era gremita: la Giornata della Memoria come sempre scuoteva tutte le coscienze, ma i prodotti da forno kosher avrebbero reso sicuramente più dolci parole molto amare.
I Pesaro avevano un posto d'onore al centro della sala, al tavolo coi Mainetti; poco lontano Elena, seduta con Laura, Giuseppe, Fabiola, Ivan, Assunta e i bambini, attendeva col computer acceso.
I camerieri facevano su e giù tra la sala e le cucine, dove noi sfornavamo dolci e salati: erano loro a raccontarci gli umori della gente, e ad avvertirci quando Emanuele avrebbe parlato.
<< Non so che cos'hai detto al signor Pesaro, ma hai davvero fatto un miracolo! >> si congratulò con me Antonio, poco prima che l'ospite d'onore parlasse.
<< Gli ho raccontato la mia storia. Magari non si può paragonare ad un sopravvissuto all'Olocausto, ma nelle difficoltà, piccole o grandi che siano, ci si assomiglia. E ci si riconosce >> dissi con naturalezza.
Fu Chiara a dirci che Emanuele Pesaro stava per parlare: entrammo in sala e ascoltammo con gli occhi lucidi le parole di un uomo che aveva vissuto l'inferno vero, ma che era tornato vivo per raccontarlo.
Dopo che ebbe finito mi riconobbe tra la folla, mi fece un occhiolino.
Sorrisi a mia volta, fiera di averlo convinto a venire, quella sera.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora