Capitolo 50

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Rutigliano, 18 febbraio 2020

Partimmo per la Puglia la sera del 17 febbraio, abbastanza tardi, per poi arrivare a Rutigliano alle prime luci dell'alba: la casa della famiglia Patriarca era un trullo, una delle case tipiche del territorio, le cui tecniche di costruzione si perdevano nella notte dei tempi.
Man mano che ci avvicinavamo, si sentirono molti versi di animali: abbaiare di cani, miagolare di gatti, ragliare di asini e scoccodare di galline.
<< Ma avete praticamente uno zoo! >> esclamai divertita.
<< Oggi ti fucilerebbero, visto che si dice "bioparco". Ma al di là del politicamente corretto, da te non ci sono tenute agricole? >> rispose ironico Antonio.
<< Sicuramente non nella villa di famiglia. Mia madre sverrebbe >> ammisi.
<< Allora se ci sposiamo pensa lo scontro tra le due consuocere... >> sghignazzò, mentre tre donne di diverse età si avvicinavano a noi, parlando ad alta voce in un accento caratterizzato dalle vocali strette e dalla cadenza veloce.
<< Oh, Antò! Si arrivet! Come ste? >> esordì la donna con un'età intermedia.
<< Ho piglet u tren stanott, ma. Comunque questa è Anita Baldi, la mia nuova fidanzata >> mi presentò, e le tre mi squadrarono come un plotone d'esecuzione nei confronti di un condannato a morte.
<< È meglie chiste di chill'eltre >> sussurrò la più giovane.
<< Infett, ere truopp sicc. E poi chiste è chill che se cuciner bene >> sottolineò la più anziana.
Come rasserenata, quella che doveva essere la madre di Antonio si sciolse in un sorriso.
<< Carmela Patriarca, la mamma di Antonio, e queste sono mia madre Rosa e mia figlia Maddalena. Mi fa tanto piacere conoscerti! Sciamene, me! >> esordì, facendomi un cenno.
<< Significa "Andiamo, dai!" >> tradusse il mio fidanzato, ed io seguii lui e la sua famiglia dentro il trullo, pensando che avrei dovuto assolutamente imparare il dialetto barese.

                                     ***

L'interno della casa dava un senso di incontro tra l'antico e il moderno, come se fosse la versione un po' più popolare della casa della mia famiglia, a Firenze.
<< Ti piace casa? >> mi chiese la madre di Antonio.
<< È bellissima, mi ricorda un po' casa mia. Non a Roma, ma a Firenze >> risposi, ammirando i quadri con delle vedute di paesaggi campagnoli.
<< Allor non si net ne la Chepitel >> constatò la nonna Rosa, guardandomi come se venissi da Marte.
<< No, nonna. Anita è di Firenze, come Roberto Benigni! >> intervenne Maddalena, la sorella venticinquenne di Antonio.
<< Ah, quant'è brev Benigni! Lo conosci a Benigni? >> fece Rosa entusiasta, aspettandosi una risposta affermativa.
<< Io non proprio, ma mia madre sì. Lei conosce molta gente >> replicai, pensando a quanto si vantava di ciò.
<< Antonio ci ha detto che sai cucinare. Che hai un sito di ricette su Internèt. Come Sonia Peronaci, come Benedetta Rossi! >> mi incalzò la signora Patriarca.
<< Oddio, loro magari sono famose, io ancora no... >> commentai un po' imbarazzata.
Ma venimmo presto interrotte da due voci concitate, una maschile e una femminile, che venivano dal piano superiore della casa.

                                     ***

<< Te la fuitina co chill non la fei! >> gridò un uomo con capelli tirati indietro, occhi scuri, baffi da uomo d'inizio Novecento e camicia a quadri.
<< E invece si perché lo emo! >> rispose una ragazza con i capelli biondo cenere pieni di ciocche viola, con un borsone in mano e uno zaino in spalla.
<< Questi sono mio padre Alfredo e mia sorella Concetta >> sospirò Antonio, come scusandosi.
<< Ma che è success mo? >> si intromise Carmela.
<< Chiste vole schepper co Pascale, u figlie di Nicola Greco u mecchenico! >> affermò il capofamiglia, e a sentire quel nome la suocera si fece il segno della croce.
<< Chi è "Nicola U Meccanico"? >> domandai. Tutti si voltarono verso di me come se avessi detto un'eresia.
<< Nicola è un brav'uomo, suo figlio invece è un ciutaglione che non sa fare niente, solo andare in giro in moto! >> mi spiegò Maddalena.
<< Cuncè, ma tu ste storie le dovevi fer mo che è arrivet la zita di Antonio? >> berciò la madre, contrariata.
<< Ci sta la blogger famosa? >> fece la ragazza in tono inquisitorio.
Seguì un attimo di silenzio.
<< Sì >> rispose Carmela.
<< E allora voglio parlare solo con lei, che è forestiera e non è coinvolta, quindi può dire solo la verità. Voi no >> precisò Concetta, mentre tutti gli occhi si puntarono su di me.
<< Io ci provo, eh... >> mi feci coraggio, anche se non sapevo bene nemmeno io come sarebbe finita.

                                    ***

La ragazza era rientrata nella sua stanza, quando mi fece accomodare.
<< Chiudo la porta... >> le giurai, e a quelle parole sembrò più rasserenata.
Poi mi sedetti vicino a lei sul letto dalle lenzuola blu oltremare.
<< Quanti anni hai, Concetta? >> esordii, cercando di rompere il ghiaccio.
<< Ne devo fare diciotto >> ammise, guardandomi di sbieco con gli occhi verdi.
<< Io a diciannove me ne sono andata di casa, decidendo di studiare Economia a Roma. La mia famiglia, quella di Firenze, mi andava stretta >> cominciai a raccontare.
<< Nemmeno io voglio restare a Rutigliano. Voglio diventare una stilista. E poi tu ce l'hai fatta, no? >> rispose la giovane.
<< Ho incontrato un uomo che pensavo fosse il mio grande amore. L'ho sposato. Ho sopportato la sua ingombrante famiglia, e poi mi ha anche tradito, quindi mi sono divisa. Lui non era cattivo, semplicemente era l'uomo sbagliato >> proseguii, sperando che lei smettesse di stare sulla difensiva.
<< Pasquale è l'uomo giusto, solo che ancora non ha trovato la sua strada. Lui è un artista, uno di quelli veri che fanno i quadri. Ma i miei dicono che coi quadri non ci riempi la tavola >> sbuffò.
<< E allora digli di guadagnarsela, questa arte di cui vuole vivere. Digli di aiutare il padre, e nel frattempo di farsi conoscere, magari mettendo le foto dei suoi quadri sui social >> ipotizzai.
Concetta mi guardò a lungo, come studiando quest'opportunità, poi distese i muscoli contratti del viso.
<< Non è una cattiva idea. Può farsi conoscere, e poi non dovremmo scappare a Milano >> sorrise poi.
<< A Milano ci andrete. Quando sarete una stilista e un pittore, però >> ammiccai, felice di averla convinta a non fare una cazzata.
Quando uscimmo dalla porta, i Patriarca aspettarono il verdetto.
<< Non parto più. Se Pasquale vuole dipingere, deve lavorare col padre e poi farsi conoscere. Altrimenti, se non mi ascolta, vuol dire che non si fida di me, e allora tanti saluti >> decretò.
<< Come sono contente, figlie me! >> la abbracciò sua madre, mentre Antonio mi osservava, chiedendomi tacitamente quali tecniche di persuasione avessi utilizzato con sua sorella.
Io, per tutta risposta, gli feci l'occhiolino.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora