Centocelle, 4 maggio 2020
Mai giorno fu più atteso di quello: un decreto stabiliva la fine del lockdown, e un parziale, ma apprezzatissimo ritorno alla vita normale; certo, il Covid-19 non era finito, ai vaccini ancora si stava lavorando e gli unici antidoti erano ancora mascherine, guanti e tamponi, ma almeno non eravamo più costretti a stare chiusi dentro casa dalla mattina alla sera.
Per me, poi, sarebbe stata una salvezza: la mia relazione con Antonio era finita proprio per colpa della quarantena e dei nostri approcci alla situazione così diversi che avevano fatto lasciare tante coppie oltre che noi; anche l'amore tra Laura e Giuseppe, ad esempio, era finito, e quest'ultimo era pronto per tornare con me.
Mi guardai intorno, in quella che era stata prima la mia camera da letto, poi divenuta mia e di Antonio: le valigie erano piene, i mobili sgombri delle mie cose, come se non vi fosse stata traccia del mio passaggio lì.
Chiusi la porta dietro di me, decisa a non riaprirla mai più.***
Antonio non aveva ancora cominciato a lavorare: ora che le attività potevano tornare in presenza, avevamo chiesto a Sofia turni diversi, di modo che non ci potessimo incontrare e così evitare imbarazzi inutili.
<< Te ne vai adesso? >> mi chiese non appena mi vide con le valigie.
<< Beh, sì. I Lojacono mi aspettano a casa >> risposi, frugando nella borsa per prendere le chiavi di casa e consegnargliele.
<< Perfino la signora Assunta, che non ti ha mai sopportata? >> insistette.
<< Sì, perfino lei. Ci voleva che me ne andassi per far capire loro che forse ero indispensabile >> replicai, trovando le chiavi e allungando la mano verso di lui.
<< Ma che fai? >> volle sapere, stupito.
<< Non mi servono più. Chi lo sa, magari diventeranno le chiavi di qualcun'altra... >> ipotizzai, con una nota di rammarico nella voce.
Evidentemente suonò alle sue orecchie come uno sfottò, perché la sua espressione si indurì.
<< Sicuramente >> disse infatti, sbrigativo.
<< Allora addio >> feci con lo stesso tono, aprendo la porta d'ingresso e girandomi un'ultima volta verso di lui.
<< Addio >> ribatté, mentre già scendevo le scale.***
Non appena uscii dal portone d'ingresso, sentii il suono frenetico di un clacson.
<< Ani! Finalmente ce l'hai fatta! >> esclamò Giuseppe, sporgendosi dal finestrino.
<< Vuoi occupare la strada fino a mezzogiorno o mi aiuti con le valigie? >> lo presi in giro.
<< Mi mancava il tuo sarcasmo, sai? >> fece lui, avvicinandosi per aiutarmi.
<< Mancava anche a tua madre? >> insistetti, mentre metteva le valigie nel bagagliaio.
<< Non ci crederai, ma nei mesi in cui sono stato con Laura rimpiangeva te. Diceva che almeno tu le rispondevi per le rime, che la tua amica era moscia per i suoi gusti >> mi spiegò, mentre apriva la portiera per farmi salire sul posto del passeggero.
<< Laura non è moscia e a me non va di litigare. Guarda che se va male anche stavolta, non te la do una terza possibilità >> lo ammonii.
<< Saremo tutti irreprensibili >> mi promise, mettendo in moto l'auto per tornare a casa nostra.***
Quando fummo davanti al portone della nostra casa di sposi, dove abitava la famiglia Lojacono da trent'anni; quando Assunta e il suo defunto marito Rocco erano arrivati a Roma dalla Sicilia, avevano trovato casa a Via Ceprano, nella zona dietro la Chiesa di San Felice che viene oggi chiamata Centocelle Vecchia perché fu il primo nucleo del quartiere, nato negli Anni Venti e a lungo considerata la parte abitata dai disgraziati, con abitazioni in mezzo al verde costruite dai residenti di allora e poco più signorili delle baracche.
In seguito, quando Centocelle aveva cominciato ad ingrandirsi, come molti abitanti di laggiù avevano venduto casette e terreni, trasferendosi in più comodi appartamenti dotati di tutti quei comfort che non avevano mai posseduto; i Lojacono, in particolare, si erano stabili in Via dei Platani, vicino al negozio di generi alimentari che avevano aperto in Piazza dei Mirti.
<< Mi fa un certo effetto tornare qui >> ammisi.
<< Ti ho rassicurato in tutti i modi possibili, se questo ti può consolare >> mi rispose.
<< Non è quello. È che pare ieri che abbiamo divorziato, e adesso torniamo insieme, il tutto nell'arco di cinque mesi... >> riflettei.
<< La vita è imprevedibile, ma come si dice: I grandi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano >> motteggiò, mettendo la chiave nella serratura.
Lo seguii in silenzio, pensando più ad Antonio che a lui.***
Non appena fummo nell'ingresso, notai che era tutto buio.
<< Ma cos'è successo? Non avete pagato la bolletta? È vero che con il lockdown e l'ora solare messi insieme la luce e il gas sono schizzati alle stelle, ma... >> esordii, ma non feci in tempo a finire che le luci si accesero e la gente saltò fuori da ogni dove gridando "SORPRESA!", con tanto di striscione e coriandoli annessi.
<< Ani, come sono contenta che sei tornata in famiglia! >> esclamò Fabiola, abbracciandomi entusiasta, imitata dai miei nipotini festanti.
<< Siamo felici che sei tornata... Tutti... >> disse Ivan, richiamando con dei colpetti di tosse anche la mia burbera ex suocera Assunta, che poi si sciolse in un sorriso.
<< E ben tornata in famiglia! >> decretò, tra il sollevato e il rassegnato.
Non ci eravamo mai prese, ma eravamo entrambe convinte che le cose stavolta sarebbero andate meglio.***
Quella sera fui contenta di cucinare per tutti, perciò sfornai le mie specialità: in realtà erano ricordi legati ad Antonio e al tempo passato insieme alla Panetteria Mainetti, ma avevo urgentemente bisogno di crearmene di nuovi per non soffrire troppo.
Giuseppe fu talmente premuroso e collaborativo che decise di sparecchiare, cosa che raramente faceva quando eravamo sposati, mentre io mi preparai per andare a letto; quando fui pronta, nel tempo in cui lo aspettavo mi misi sotto le coperte del nostro ex talamo nuziale e continuai ad aggiornare il blog di "Quante stelle ha il mio cielo".
Mentre lui arrivava, notai che mi erano arrivate almeno altre dieci mail dallo chef Alberto Della Valle, che io non avevo mai visto né sentito nominare.
<< Ma questo è un pazzo! >> sbottai, mentre Giuseppe mi raggiungeva in camera.
<< Chi devo menare? >> ironizzò, sedendosi accanto a me.
<< Probabilmente uno sfigato che millanta di essere uno chef desideroso di collaborare con me >> risposi esasperata.
<< Magari è vero >> ipotizzò, con una tolleranza e un'apertura mentale che mi stupirono.
<< O magari è un maniaco. Io lo blocco e basta >> dichiarai, seguendo tale azione alle mie parole e spegnendo il pc.
<< E adesso pensiamo alle cose importanti... >> aggiunsi sorridendo maliziosamente.
<< E adesso pensiamo alle cose importanti... >> mi fece eco lui, spegnendo la luce.
Ci tuffammo sotto le coperte e facemmo il pieno d'amore che ci era stato negato da quasi sei mesi.
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Quante stelle ha il mio cielo
ChickLitCentocelle (Roma), 29 ottobre 2019. Anita Cecchi ha trent'anni e ne ha passati cinque sposata con Giuseppe Lojacono, conosciuto ai tempi dell'università, il quale non ha fatto altro che mortificarla insieme alla madre Assunta, la quale accusava la n...