Capitolo 31

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Stazione Termini, 21 dicembre 2019

Quando Marco e io arrivammo alla Stazione Termini, sembrava che tutta Roma si fosse riversata a Piazza dei Cinquecento per poter partire e tornare nei luoghi natii per le feste.
<< Ma quanti pochi abitanti deve avere in realtà Roma, se tutta questa gente torna per dire a Napoli, a Bari, a Milano, piuttosto che a Perugia o a Firenze come noi? >> dissi a Marco, mentre tiravamo fuori le valigie dal portabagagli.
<< 2,8 milioni, se calcoli solo i romani nati a Roma. Il resto sono turisti, residenti fuorisede, gente che rimane solo una notte, pendolari... >> mi spiegò, mentre mi precedeva.
<< E dove l'hai letta questa cosa? >> gli chiesi seguendolo, stupita dalle sue competenze statistiche.
<< Guido gli autobus, devo essere informato >> mi rispose ammiccando, mentre ci avvicinavamo alla stazione.

                                      ***

Il treno avrebbe attraversato il Lazio, l'Umbria e infine la Toscana, per questo stavamo appiccicati come le sardine in scatola: mia madre ci avrebbe sicuramente biasimati, per non aver scelto di andare in macchina; ma la verità era che a me piaceva viaggiare in questo modo, mi ricordava quand'ero una studentessa universitaria e facevo su e giù da Roma a Firenze e viceversa.
Saremmo dovuti scendere a Firenze-Santa Maria Novella, e da lì qualcuno della famiglia sarebbe venuto a prenderci.
<< Non pensi che il cambio del paesaggio sia splendido? >> feci a Venturi, indicandogli dal finestrino la città che andava trasformandosi dolcemente nella verde campagna laziale.
<< Mi ricorda il paese dei miei, chissà se lo stiamo attraversando... >> commentò quest'ultimo, riferendosi a Colleferro.
<< No, purtroppo non ci passa. Però possiamo vedere Orvieto, in Umbria. È una cittadina carinissima, e si mangia molto bene >> risposi, non potendo fare a meno di parlare di lavoro: non ci potevo fare niente, si trattava di deformazione professionale.
Finalmente la folla nel vagone cominciava a diminuire, e noi per contro iniziavamo a respirare: Firenze era ormai vicina.

                                       ***

Firenze, 21 dicembre 2019

<< Oh, eccovi! >> esclamò mio padre, venendoci incontro e aiutandoci con le valigie.
<< Ah, finalmente! Mi sembra di tornare nel Rinascimento ogni volta che vengo qui... >> commentai, respirando l'aria di casa.
<< Non lo dire a tua madre, che quella si crede imparentata con i Medici, addirittura... >> mi ricordò lui, mentre ci dirigevamo verso la sua macchina.
<< Sarebbe fighissimo però >> intervenne Marco con nonchalance.
Mio padre si girò verso di lui, stupito.
<< Questo è Marco Venturi, l'avete conosciuto a Ognissanti >> mi sbrigai a presentarlo.
<< Ah sì, guidava l'autobus al cimitero del Verano. Mia moglie e l'altra mia figlia non fanno che parlare di lei, sapendo che sarebbe venuto con Anita... >> commentò mio padre, squadrando il nuovo arrivato da capo a piedi e forse pensando, dentro di sé, che mia madre lo sopravvalutava.
<< Ricordo quanto fossero eleganti e molto felici di fare il giro turistico del Piazzale del Verano! >> affermò il giovane che avrei presentato in famiglia come il mio fidanzato.
<< Ecco, stia attento a com'è oggi. Sotto le feste mia moglie diventa elettrica... >> gli anticipò, sperando che cogliesse la gravità di ciò a cui andavamo incontro: ma Marco continuava a sorridere, serenamente inconsapevole.

                                     ***

La villa dove abitava la mia famiglia da generazioni era poco fuori città, immersa nel verde: d'inverno diventava un posto da fiaba, perché la neve si attaccava al terreno nelle piane circostanti; a nessuno sarebbe venuto in mente che da qui fossi letteralmente scappata, in cerca della mia libertà.
<< È veramente splendida! >> esclamò Marco estasiato.
<< È della famiglia di mia moglie, i Torresi di Vallelonga. Ci tiene molto >> spiegò mio padre, facendoci strada.
Fu Lorenzo, il maggiordomo, ad aprirci.
<< Signorina Anita, ma che grandissimo piacere vederla! >> mi sorrise intensamente.
<< Anche per me. Come stanno tutti? >> gli chiesi, riferendomi al resto del personale.
<< Erano tutti eccitati dal suo ritorno. A partire da Rosalia, ma sa com'è fatta: se non ha tutto sotto controllo... >> rispose, parlando della governante di casa, che aveva praticamente cresciuto me ed Emma.
<< Già, non sarebbe Rosalia... >> commentai divertita, immaginandola mentre impartiva alle cameriere gli ordini più assurdi, e quelle poverine eseguivano quasi senza chiedersi quanto ciò che venisse imposto loro fosse strano.
Fu proprio lei a venirci incontro mentre Lorenzo ci faceva strada.
<< Signorina Anita, come sono contenta che sia venuta, dopo tutti questi anni... >> mi disse, prendendomi le mani.
<< Manco da cinque Natali, ma le Pasque non le ho mai saltate... >> specificai sorridendo.
<< Oh sì, insieme a quella famiglia di buzzurri... Ma questo è il suo nuovo fidanzato! Mio Dio, lui si che è un uomo di classe... >> affermò ammirata, guardando Marco che le fece il baciamano.
Lorenzo invece continuava a scrutarlo con sospetto.
<< Sono davvero onorato di essere qui >> dichiarò Venturi, seguendo a ruota Rosalia che già l'aveva preso sottobraccio e si erano messi alla testa del gruppo.

                                     ***

Il resto della famiglia ci attendeva in soggiorno: c'erano mia madre, mia sorella Emma e mio cognato Fabrizio Bottai.
<< Buongiorno... >> esordii.
<< Anita, tesoro! Allora non era una bufala il fatto che venissi... >> ironizzò sarcastica mia madre.
<< Non mi dire che hai pensato fino all'ultimo che cambiassi idea! >> esclamai sconvolta.
<< No, e perché avrei dovuto? Non c'è più il buzzurro siculo a metterti sotto il tacco... >> si corresse. << Marco, giusto? >> indovinò poi, rivolgendosi al mio fidanzato.
<< Enchanted >> disse lui facendole il baciamano.
<< Sa pure parlare francese... Non devi assolutamente lasciartelo scappare! >> decretò eccitata.
<< Visto, ci avevamo preso... >> intervenne Emma sorridendo.
<< Me li ricordo, i vostri sfottò sul 542 a Ognissanti >> berciai, ricordando l'imbarazzante scena al Piazzale del Verano, un mese e mezzo prima.
<< Ad ogni modo, siamo contentissimi che ci siate anche voi a Natale! >> portò la pace Fabrizio.
<< La nonna dov'è? >> chiesi, notando che era l'unica assente.
<< In cucina, ad assillare la cuoca >> affermò mia sorella in tono scocciato. Lei e mia madre non avevano mai sopportato una passione così "umile", dal loro punto di vista, come saper cucinare: da qualcuno dovevo pur avere preso, perciò andai subito in cucina a presentarle Marco.

                                    ***

La nonna Beatrice detta Bice era con le maniche tirate su e la parannanza, mentre preparava un impasto chiacchierando con la cuoca Gina Pontieri, che lavorava per la mia famiglia da quando Emma e io eravamo piccole.
<< State cucinando da stamattina? >> domandai loro.
<< Dalle sei, per la precisione. Ma questo lo puoi immaginare... >> rispose lei, venendomi a salutare.
<< Che profumo? È per la pasta? >> riconobbi annusandole le mani.
<< Per i pici al sugo di carne, li facciamo oggi a pranzo! >> mi spiegò allegramente.
<< Seguiamo tutte le sue gesta culinarie a Roma, lo sa? Io leggo tutte le sere quella sua pagina di Internet... "Quante stelle ha il mio cielo", sì >> intervenne Gina Pontieri, che aveva i capelli rossi e la corporatura robusta: sembrava la signora Patmore di "Downton Abbey" in versione toscana.
<< Oh grazie... E giuro che vi farò assaggiare qualcosa. Ma ora vi devo presentare Marco Venturi! >> esclamai, mostrando il mio fidanzato alla nonna e a Gina.
<< Lei è la mitica nonna Bice, quella delle marmellate? >> ricordò Marco, presentandosi.
<< È stata una bella Odissea quel giorno, ma il mio segreto per le marmellate non lo rivelo! >> rise lei, stringendogli la mano.
<< La mia bocca è cucita... >> le fece eco Gina, facendo finta di chiudersela con la zip.

                                      ***

Dopo pranzo prendemmo il caffè e qualche dolce, di quelli che ti facevano capire che era quasi Natale anche se non erano ancora né il 24 né il 25: pensai che avrei dovuto cimentarmi anch'io in qualcosa, già immaginavo la faccia scandalizzata di mia madre nel vedere come audacemente mi discostavo dalla tradizione.
Rosalia poi ci accompagnò fino alla mia stanza, che sembrava rimasta uguale a quando avevo diciotto anni: provavo sempre un'ombra di nostalgia a quella visuale.
<< Siete sicuri che non vogliate un letto matrimoniale? >> domandò la governante.
<< Il mio letto ad una piazza e mezza andrà benissimo, non ti preoccupare >> risposi tranquilla, mentre entravo con Marco, che si guardava intorno a bocca aperta.
<< Certo che noi adolescenti nei primi Anni Duemila eravamo maledettamente trash... Ma la tua stanza rimane comunque più elegante della mia! >> osservò, mentre Rosalia ci lasciava soli.
<< Non lo dire a mia madre... Per lei non lo sarà mai abbastanza! >> sorrisi, mentre iniziavo a disfare le valigie, mentre mi sembrava di essere finalmente riappacificata con il mio mondo di provenienza.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora