Capitolo 26

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Centocelle, 13 dicembre 2019

Come tutte le mattine quando non andavo in palestra, mi svegliai alle cinque quasi senza sapere che giorno fosse, fino a che non accesi lo smartphone e vidi arrivare un sacco di messaggi: Elena, Laura, Fabiola, Ivan, Marco, Dante e Sofia Mainetti, Antonio, Stella e Fabio, mia sorella Emma e suo marito Fabrizio Bottai, perfino Giuseppe... Mi facevano tanti auguri, perché quel giorno era il mio compleanno.
Già, sono nata a Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia: da piccola rosicavo tantissimo, pensavo che il mio compleanno durasse poco proprio perché capitato di 13 dicembre; ma fortunatamente crescendo imparai che non era esattamente quello il giorno più corto dell'anno, ma un insieme di giorni attorno alla metà di dicembre, dopo i quali le ore di luce cominciavano ad aumentare.
All'università Laura ebbe come fidanzato uno studente di matematica, che definì questo fenomeno un "intorno circolare completo": i giorni più corti dell'anno erano quelli intorno al 13 dicembre, con esso compreso.
Pensai che in Toscana avrebbe nevicato: ci avrebbe pensato mia madre a togliere ogni dubbio, visto che mi chiamò.

                                    ***

<< Pronto, mamma? >> risposi.
<< Auguri, tesoro! Oggi sono trentuno, eh? >> mi fece con voce gioiosa.
Il fatto che sottolineasse la mia nuova età mi diede fastidio.
<< Grazie, per farmi sentire così vecchia >> le risposi sarcastica.
<< E dai, non te la prendere... Si sa che l'età che avanza si sente di meno, quando hai realizzato tutti i tuoi obiettivi... >> proseguì, insinuando tutto ciò che non le andava bene della mia nuova vita.
<< Come mai ho la vaga idea che mi stai rinfacciando di avere divorziato? >> indovinai.
<< Ma che dici, lo sai che quel Lojacono e il suo clan di siciliani non li ho mai potuti soffrire, a parte i tuoi cognati che sembrano gli unici normali... E quel ragazzo, l'autista? Non festeggerai con lui? O l'hai fatto scappare a gambe levate pure a lui? >> rincarò la dose lei.
<< Io non ho fatto scappare a gambe levate nessuno. Giuseppe mi ha tradita, e Marco, nonostante l'eccessivo attaccamento a sua madre, non è male come fidanzato >> le risposi seccata.
<< Gli uomini sono tutti attaccati alle madri, e le donne ai padri. Se ce lo imputassimo come rispettivo difetto, nessuno si sposerebbe più... Comunque lui e i tuoi nuovi amici importanti ti stanno regalando una megafesta? >> insistette.
<< Non ne ho la più pallida idea. So solo che dovrei andare alla panetteria >> tagliai corto. Da quando le avevo raccontato che andavo in palestra con le Mainetti aveva cominciato a stimarmi di più, anche troppo.
<< Che tristezza lavorare il giorno del tuo compleanno, ma vabbè. A Firenze sarebbe stato tutto più suggestivo, c'è anche la neve. Ernesto Conti avrebbe affittato gli Uffizi per te... Ma sorvoliamo >> sostenne, propinandomi la vita che mi sarebbe aspettata se non mi fossi trasferita a Roma.
<< Grazie per avermi chiamata >> conclusi frettolosamente.
Non era il modo migliore di cominciare la giornata.

                                    ***

Non appena misi piede in Via dei Castani, un rumore assordante di clacson mi fece trasalire, e vidi una scena che definire trash mi sembra ancora oggi un eufemismo: un autobus pieno di palloncini a forma di cuore e altrettanti cuoricini di carta, nastri rosa e casse con la canzone "Abbracciame chiù forte" di Andrea Sannino scorrazzava per l'arteria principale di Centocelle e alla guida vi era Marco che, con un megafono, mi gridava i suoi auguri.
<< Buon compleanno, amore mio! >> esclamava, dimentico di rendersi ridicolo e di farmi venire unicamente la voglia di nascondermi.
<< Non è possibile... >> pensai, prendendo gli occhiali da sole e mettendoli immediatamente, mentre correvo alla panetteria e riprendevo fiato.
<< Che è successo? >> mi domandò subito Chiara.
<< Marco mi sta facendo gli auguri in una maniera ridicola >> spiegai velocemente.
<< Ah, perché oggi è il tuo compleanno... Auguri! >> fece la cameriera, baciandomi su entrambe le guance.
<< Ecco, così si fanno gli auguri a una persona. Non come quello... >> borbottai, con la mente ancora rivolta allo spettacolo raccapricciante di poco prima.
Avevo paura che venissero le feste di Natale per l'eventualità di doverlo portare con me a Firenze, per presentarlo ufficialmente in famiglia.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora