Centocelle, 9 marzo 2020
La nostra vita venne scandita da nuove, particolari abitudini: ero abituata alla routine di coppia, e Antonio come compagno era decisamente meglio di Giuseppe, ma mai mi sarei immaginata di cominciare una convivenza in un periodo così critico; i primi giorni furono un'avventura: facevamo colazioni artistiche, ci distribuivamo il lavoro con Stella e Fabio con turni specifici e nel tempo libero ci dedicavamo ad hobby che solitamente eravamo costretti ad accantonare, come le letture di romanzi, il giardinaggio, il patchwork e la costruzione di puzzle da mille pezzi ciascuno.
Le notizie che ascoltavamo al telegiornale erano sempre meno rassicuranti: il numero dei morti aumentava ogni giorno di più, le terapie intensive straripavano di gente alla ricerca di ossigeno e non esisteva ancora una cura.
Ma eravamo sicuri che sarebbe finita presto, e che sarebbe bastato stare riguardati per dieci giorni al fine di scampare il pericolo.***
Una deroga, però, ci era stata necessaria: quella della festa organizzata in panetteria da Elena, la quale si apprestava a festeggiare la sua prima collaborazione con un giornale online.
Antonio e io avevamo cucinato per quattro giorni, Fabiola aveva sfoderato i migliori trattamenti estetici e Laura aveva passato in rassegna abiti, cosmetici e regali destinati alla festeggiata; Stella, Fabio e gli altri dipendenti si erano occupati di decorare la sala con addobbi ricavati da vecchie carte di giornale, dando loro una destinazione più amena e più ecologica.
<< Alla migliore giornalista professionista! >> gridò Dante, levando un bicchiere pieno di champagne.
<< Alla salute! >> gridammo tutti.
<< Discorso, discorso! >> si mise a battere le mani Laura, trascinando tutti noi e disegnando un sorriso imbarazzato sulla faccia di Elena.
<< Lo so cosa state pensando: che sono brava con le parole. E anche molto fortunata a trovare un lavoro in un periodo così critico. Ma se mi guardo indietro, sono fiera del lavoro che ho fatto, e vi ringrazio di avermi supportato, e sopportato, in tutto questo tempo. Grazie a tutti! >> dichiarò commossa, mentre battevamo le mani e cominciavamo a consegnarle i nostri regali: Antonio e io avevamo scelto una penna a sfera blu, pensando che le avrebbe portato fortuna.***
Per quel giorno avevamo finito di lavorare, quindi ci dirigemmo verso casa.
<< Questa sera vorrei fare la lasagna al pesto genovese, che ne dici? >> gli domandai, ma lui non mi rispose subito: stava guardando il telegiornale.
<< La situazione è sempre più disastrosa. Gli abitanti del Nord Italia, quelli fuorisede, si stanno attaccando agli ultimi treni che portano giù. E a Napoli fanno code interminabili ai supermercati >> commentò preoccupato.
<< Se è per questo l'altro pomeriggio sul tardi, quando sono andata a prendere l'acqua che mancava, per strada non girava quasi nessuno. Ed erano le sette meno un quarto! Ma che cosa sta succedendo? >> sospirai, andandomi a sedere accanto a lui.
<< Non ne ho la più pallida idea, ma sono sicuro che ne usciremo. Siamo usciti dalla febbre spagnola, l'ultima malattia ad essere classificata come pandemia mondiale. Vedrai che prima o poi tutto questo rientrerà... >> mi consolò, prendendo la mia mano.
<< Speriamo... >> mormorai, anche se avrei voluto avere un briciolo della sua fiducia nel futuro.***
Alle otto e trenta ero pronta per infornare la lasagna al pesto, che era stata più laboriosa del previsto: ogni tanto Antonio e io interrompevamo l'assemblaggio degli ingredienti per seguire le notizie riguardanti il Coronavirus.
Quella sera avrebbero dovuto replicare un vecchio episodio de "Il Commissario Montalbano", dopo la messa in onda, alla fine di febbraio, di due episodi inediti.
Tuttavia, poco dopo la fine dei "Soliti Ignoti", il gioco a premi preserale condotto da Amadeus, partì un'edizione straordinaria del telegiornale: comparve Giuseppe Conte su un pulpito con dei microfoni e dei fogli, pronto ad una conferenza stampa.
Disse che la diffusione del contagio era ormai incontenibile, e che bisognava prendere misure drastiche, finché non ci fosse stata una cura: non si potevano lasciare le abitazioni se non per motivi come il lavoro, le cure mediche, gli altri tipi di prima necessità, in un periodo compreso da quella sera fino al 3 aprile.
In pratica, saremmo dovuti stare per la maggior parte del tempo chiusi in casa, solo che a differenza del 4 marzo non sarebbe stato un gioco.
Mangiammo in silenzio, seguendo l'episodio di Montalbano con un peso sul cuore, che difficilmente sarebbe andato via.
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Quante stelle ha il mio cielo
Literatura FemininaCentocelle (Roma), 29 ottobre 2019. Anita Cecchi ha trent'anni e ne ha passati cinque sposata con Giuseppe Lojacono, conosciuto ai tempi dell'università, il quale non ha fatto altro che mortificarla insieme alla madre Assunta, la quale accusava la n...