Capitolo 13

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Centocelle, 19 novembre 2019

La mia nuova abitudine della palestra mi permise di svegliarmi più tardi, alle otto meno un quarto invece che alle cinque: le lezioni cominciavano alle nove e trenta, e questo mi dava la possibilità di recuperare un po' di sonno arretrato.
Mi alzai dal letto, controllando di avere tutto l'occorrente per quella mia nuova avventura, risalente a quando andavo ero fuorisede e andavo alla palestra dell'università: il borsone, gli asciugamani, la borraccia, il tappetino, i pesetti; Fabiola aveva detto che la palla tipica del pilates, sulla quale bisognava sedersi, l'avrei trovata direttamente lì.
Mi sentii un po' in colpa perché avrei lasciato ad Antonio, Stella e Fabio tutto il lavoro della mattina, ma Patriarca mi aveva rassicurata la sera precedente: dopotutto erano stati in tre fino a poco tempo fa.
Andai in cucina, cercando di rilassarmi e pensare a me come non ero riuscita ancora completamente a fare.

                                     ***

La struttura si trovava al pianoterra di un palazzo molto alto, ed era contornata da diverse piante, panchine e tendoni per quando faceva più caldo e le persone volevano prendere un po' d'aria; c'erano persone, specialmente donne,  che parlavano, qualcuna fumava una sigaretta: quando mi videro arrivare sentii i loro sguardi addosso, come se ogni soggetto nuovo che entrava in quel luogo fosse considerabile come un alieno.
<< Salve >> biascicai imbarazzata, prima di entrare.
<< Lei è la signora Cecchi? >> mi domandò una donna con i capelli neri ricci acconciati in uno chignon largo.
<< Buongiorno >> risposi, riconoscendo Nadia Respighi, la proprietaria della palestra.
<< Il corso sta per cominciare, spero proprio che le piaccia >> mi augurò lei, sorridendo.
<< Grazie mille >> replicai, sperando per la sua coscienza che non sapesse niente delle abitudini di uno dei suoi dipendenti.
Non appena entrai nello spogliatoio femminile, le donne presenti mi guardarono con la stessa espressione di quelle che mi avevano osservata all'entrata.
<< Ani, sei arrivata! >> esclamò Fabiola, salutandomi calorosamente. Era già pronta per fare lezione.
<< Io mi preparo e vengo, ma basta che queste smettono di guardarmi come se venissi da un altro pianeta. Mi imbarazzano >> le confidai sottovoce.
<< Non ti preoccupare, vedrai che tra qualche giorno si abitueranno >> mi rassicurò, sempre con lo stesso mio tono.
Finii di prepararmi per poi raggiungerla nella sala dove si sarebbe svolta la lezione.

                                     ***

Nel momento in cui entrammo, trovai Roberto Ascalone che spostava gli step per metterli al centro della sala: non potei fare a meno di avere un sussulto, non appena vidi i suoi muscoli guizzare sotto la canottiera bianca.
<< Buongiorno, care! Oggi cominceremo con gli step... >> ci accolse, mentre ognuna prendeva posto accanto ad uno di quegli attrezzi.
<< Io me lo ricordo a malapena come funziona >> dissi onestamente a Fabiola, mettendomi accanto a lei.
<< Oggi abbiamo una nuova compagna di viaggio, Anita Cecchi >> continuò Ascalone, rivolgendosi alle altre ma facendo riferimento a me.
<< Ciao... >> salutai in preda all'imbarazzo. Le presenti ricambiarono il saluto. Tra di loro c'erano anche Sofia e Flora Mainetti.
<< Ora iniziamo l'esercizio. Guardate tutto ciò che faccio, poi lasciatevi guidare dalla musica... >> proseguì l'uomo, andando ad accendere lo stereo.
Il volume della musica era talmente alto da sembrare di stare in discoteca: Ascalone e le altre, Fabiola e le Mainetti comprese, cominciarono a muoversi a ritmo, seguendo ogni passo di Roberto, io cercai di fare uguale a loro ma mi sentivo scoordinata.
Cercai di accodarmi, facendo vedere di aver bisogno di aiuto il meno possibile.

                                     ***

<< Ragazze, pausa! >> esclamò Roberto dopo il terzo esercizio, spegnendo la musica e permettendoci di bere, di detergere il sudore e dare un'occhiata ai nostri smartphone.
Avevo fatto molta fatica per tenere il tempo, ero sudata e assetata da morire.
<< Non ti devi vergognare di chiedere aiuto >> mi sussurrò la voce di Ascalone, comparendo alle mie spalle e facendomi prendere un colpo.
<< Non è la prima volta che faccio il riscaldamento, ero solo un po' fuori allenamento >> dissi velocemente, cercando di evitare che si avvicinasse ulteriormente.
E invece mi toccò di nuovo le spalle; tutte erano impegnate a farsi i cavoli propri, o quasi.
<< Io non esiterei a darti una mano, ricordatelo... >> sibilò lui, in un tono che mi sembrò più viscido di quello che usava Federico Stanzi.
<< Roberto, puoi venire un attimo a spiegarmi questo esercizio? >> intervenne Fabiola.
Ascalone distolse subito l'attenzione da me.
<< Arrivo subito... >> disse, andandole incontro, mentre la Ventresca faceva vedere di non riuscire a fare un piegamento. Prima di piegarsi del tutto, però, mi fece un sorriso: aveva finto, mi aveva tolto da una situazione fastidiosa.

                                     ***

Per fortuna la fine arrivò presto: tornai in spogliatoio tirando un sospiro di sollievo.
<< Grazie >> dissi a Fabiola.
<< Non ti preoccupare. Se ne farà una ragione che non gli interessi >> mi rassicurò, mentre ci ricomponevamo.
<< Anita? Anita Cecchi? >> fece la voce di Flora Mainetti, mentre mi veniva incontro.
Era in compagnia di Sofia e le invidiai entrambe: avevano la capacità di essere in forma smagliante anche dopo un'ora di pilates.
<< Signore Mainetti... >> le salutai educatamente. Fabiola fece lo stesso.
<< Io e mia nuora siamo molto contente che abbia scelto di frequentare questo corso, sa? >> esordì la moglie del titolare della Panetteria Mainetti.
<< Più che scelto, me l'hanno consigliato in molti... >> commentai, mettendo in chiaro che in quella situazione c'ero stata trascinata.
<< Mio figlio Dante mi ha raccontato della sua inventiva. Lo sa che da quando è entrata nella nostra grande famiglia la nostra clientela è raddoppiata? >> proseguì la Mainetti.
<< Addirittura? >> feci, anche se ero sicura delle mie doti culinarie e dei risultati che esse producevano, ma non avevo alcuna intenzione di farmi vedere boriosa proprio davanti a loro.
<< Perché, non se n'è accorta? >> intervenne Sofia, studiandomi come se fossi un dizionario di greco antico.
<< È che difficilmente metto il naso fuori dalle cucine >> le tenni testa.
Pensai che fosse gelosa di me, perché ero diventata la paziente più disastrata del suo amante in carica, e quindi una specie di altra donna, per lui.
<< Dovrebbe, sa? Le soddisfazioni mica crescono sugli alberi. Lei se le merita, dovrebbe godersele di più >> mi consigliò Flora, prima di voltarmi le spalle e tornare a rivestirsi per dirigersi verso casa.
<< Dia retta a mia suocera >> aggiunse Sofia, prima di raggiungere quest'ultima.
Non dissi più niente fino all'uscita.

                                     ***

Mi sentii tranquilla solo al lavoro, anche se i miei nervi erano a fior di pelle e ciò influiva sul mio lavoro: Stella e Fabio si chiedevano cosa avessi, ma non avevano il coraggio di domandarselo; solo Antonio trovò la forza di capire cosa mi passasse per la testa.
<< Si può sapere perché tratti male tutti quanti oggi? Che ci hai lasciato il buonumore, in palestra? >> mi affrontò.
Quell'uscita mi fece salire ancora più il nervoso, ma una spiegazione gliela dovevo.
<< È che sono stanca, Antonio. Stanca dell'atteggiamento che avete tutti con me. Si può sapere perché vi interessa tanto di vedermi felice e realizzata dopo nemmeno un mese dal mio divorzio? Cosa sono diventata, un esperimento sociale? I Mainetti, le mie amiche, Marco, tu e gli altri... Se proprio vuoi saperlo non ci ho lasciato nessun buonumore in palestra... È là che Giuseppe mi ha tradita con una troietta allenata, e Roberto Ascalone di pilates ha veramente le mani lunghe come dicono! La verità è che ormai penso di trovarmi bene solo qui... >> mi liberai, come se avessi tolto un macigno dal cuore.
Patriarca non parlò per qualche secondo, guardandomi in silenzio.
<< Secondo me non è un problema la tua nuova vita, ma l'atteggiamento che hai nei confronti di questa, quasi come se a viverla fosse un'altra... Finora ti sei lasciata trascinare dagli eventi, è ora che la prendi in mano, questa tua nuova vita! >> mi delucidò.
<< Dici? >> domandai stupita da tanto fervore.
<< Cazzo se lo dico, Anita! In quasi quattro settimane sei diventata il punto di riferimento della Panetteria Mainetti, mettendo in commercio prodotti da forno mai visti prima. E poi hai trovato un amore un po' strano, ma che presumo ci tenga a te. E le tue amiche, guardale... Stanno facendo di tutto per farti tirare fuori un po' di grinta! >> mi ricordò.
<< Un po' di grinta? Perché, ho mai avuto la grinta io? >> chiesi, certa di non essere mai stata una combattente.
<< Sei figlia della migliore borghesia toscana e hai scelto di vivere da sola in un'altra città. Di fare la studentessa universitaria, la moglie, la lavoratrice. Se non è grinta questa... Sei tu che devi rendertene conto però! E appena puoi chiedi scusa a Stella e Fabio, che magari ci sono rimasti male... >> mi spronò infine, lasciandomi senza parole.
Aveva ragione da vendere: dovevo assolutamente ritrovare la grinta che avevo perduto da qualche parte.
Mi sembrava che Antonio Patriarca fosse l'unico che riuscissi ad ascoltare davvero.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora