Capitolo 35

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Firenze, 25 dicembre 2019

Al contrario della mattina precedente, a svegliarmi furono le campane delle chiese circostanti.
Aprii gli occhi, grata per sentire quel dolce suono antico e profondo, e non mia madre che mi trascinava giù dal letto sulle note di "Jingle Bell Rock", che pure era una bellissima canzone natalizia.
<< Buon Natale, amore mio! >> mi salutò Marco, svegliandosi anche lui.
<< Buon Natale a te! >> esclamai.
<< Mi sono divertito molto, ieri sera, con i tuoi parenti >> affermò, cosicché lo guardai incuriosita.
<< Quale ramo preferisci? I "nobili dai tempi dei Medici" o i "nuovi ricchi"? Sembravano tutti coalizzati contro di noi ieri sera, ma la verità è che tra loro non si sono mai presi... È quello il vero conflitto sociale, altro che capitalisti e operai... Sono i nobili e i borghesi le due classi che si odiano per eccellenza! >> decretai, pensando che come minimo fosse rimasto traumatizzato.
<< Tutti e due. Non ho mai conosciuto gente così benestante, a parte i Mainetti. Sono simpatici a modo loro >> mi tranquillizzò Venturi.
Non l'avrei mai detto apertamente, ma in quel momento ringraziai mentalmente Marco, le sue piccole certezze di periferia, la sua visione della vita semplice, forse un po' basica, ma che non l'avrebbe mai tormentato.

                                     ***

Quando scendemmo in sala da pranzo, un'ondata di nostalgia mi pervase: ricordai di quando Emma e io eravamo piccole e correvano a vedere se tutti i regali chiesti a Babbo Natale fossero sotto l'albero; non esistevano difficoltà, incomprensioni, scontento e scelte sbagliate.
<< Adesso che hai deciso di tornare per Natale anche tu, Anita, posso finalmente lasciarmi andare ai ricordi e alla nostalgia. D'altra parte, mi pare ieri che tu ed Emma scendevate la scala di corsa... >> mi lesse nel pensiero mia madre, vedendomi arrivare.
<< A vedere se c'erano tutti i regali di Babbo Natale! >> si accodò mia sorella, anche lei in tono nostalgico.
<< Ma perché, vogliamo parlare di tutte le volte che mi chiedevate di preparargli la colazione, a lui e alla Befana? >> si aggiunse mia nonna.
<< Lì ho cominciato a capire che forse avevo la cucina nelle vene >> feci la battuta.
<< A proposito: il Cenone di ieri sera è stato gradito da tutti! Aspettano con ansia una tua nuova creazione! >> mi comunicò mio padre, dicendo che il resto della famiglia aveva gradito le mie invenzioni culinarie.
<< Ah, sicuramente. E forse l'anno prossimo penso che proverò a fare il Pandoro a mano... >> progettai, con un'altra fetta in mano.
Come tutti i bambini nati negli Anni Novanta, amavo il Pandoro e non potevo soffrire il Panettone, sempre così pieno di uvetta e canditi, e mia sorella idem: i nostri genitori e le nonne non avevano mai capito quest'avversione, dato che era il primo dolce tradizionale natalizio a diffondersi in tutta Italia, quando quell'altro paradiso zuccheroso lo potevi trovare ancora solo in Veneto.
<< Per carità, no! È l'unico dolce industriale che mangerei tutto l'anno insieme al Panettone... >> si difese la nonna Bice, cosicché abbandonai quella folle idea.

                                      ***

Ricevetti molti messaggi d'auguri e telefonate, in quella mattinata: Elena e sua madre, Laura e Giuseppe, Fabiola e Ivan, Dante, Sofia e i miei colleghi del forno Stella, Fabio e Antonio.
Il suo messaggio mi colpì particolarmente:

Auguri alla stella più brillante della Panetteria Mainetti! Passa un dolce Natale!

Sorrisi, mentre entravo in cucina con lo smartphone in mano. Mia nonna mi guardò di sottecchi.
<< Che è quel sorriso? Mica avrai l'amante... >> mi accolse.
<< Ma no, è un collega. Anzi, è Antonio, quello che mi ha offerto il lavoro alla panetteria >> risposi, mentre posavo lo smartphone e indossavo la parannanza.
<< Quello che hai conosciuto la sera del divorzio, quando ti sei ubriacata e hai insultato tutti i suoi piatti, vorrai dire >> mi prese in giro lei, mentre spargeva il rosmarino sull'arrosto.
<< Grazie per avermi ricordato il giorno più brutto della mia vita >> sbuffai, mentre iniziavo a sbucciare le patate.
<< E dai, comunque ti sei ripresa, e anche molto bene >> osservò tranquilla, mentre infornava.
Lavoravo tutto il giorno, ero seguita da uno psicologo e il mio istruttore di pilates era anche il mio amante: mi ero proprio ripresa, infatti.
<< Sì, più o meno >> bofonchiai.
Però non negavo che mi facesse piacere, che almeno Antonio, in quel mare in tempesta che era stato la mia vita dopo il divorzio, avesse creduto per primo in me, e che fosse talmente pazzo da farlo ancora.

Quante stelle ha il mio cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora