«L'unica erede ancora in vita?» domandò Elaine impallidendo e con voce che iniziava a tremare. «Cosa... che cosa vuoi dire?»
Sapeva benissimo, ma chiese lo stesso. Non potevano esserci molte spiegazioni, ma quelle stesse parole le aveva percepite lontane, improprie per la notizia che andavano a portarle all'orecchio.
«Elaine...» mormorò Ben con un sospiro stanco, consapevole che quel discorso avrebbe portato solo dolore, motivo per il quale lo aveva sempre evitato.
Si trovavano l'una di fronte all'altro, con solo il tavolo a dividerli, entrambi illuminati dalla scarsa luce di ciò che restava del fuoco del camino, ravvivato solo da una timida ma coraggiosa fiammella aggrappata al legno fresco.
«Che cosa significa?» insistette nuovamente, con voce stentata.
Ben sospirò, nervoso, scuotendo il capo. «Non avrei mai voluto arrivare a questo...»
«Viktor è vivo! Non posso essere l'ultima erede in vita» sottolineò la donna, cercando di scacciare i pensieri legati a quanto sentito in precedenza, poi scosse il capo, alzandosi in piedi. «No! Non voglio tornare a Londra. Non posso! Quello è il mio passato...»«Elaine, ascolta, lo so che è difficile...» mormorò l'uomo tornando ad avvicinarsi a lei.
«Non c'è niente da discutere. La tua è un'idea stupida. Non voglio neanche sentirti dire di nuovo una cosa simile» gli rispose con voce tremante, scuotendo il capo, senza voler concretizzare quello che le era stato detto, come se fosse un sogno.
O un incubo.
«Troveremo un'altra soluzione» insistette lei, benché ciò a cui stesse pensando fosse ben lontano dal problema economico che si era abbattuto su di loro.
Nella sua mente riecheggiavano solo quelle poche parole che avevano fatto dimenticare tutto il resto.
"L'unica erede in vita!"
Una frase che l'aveva messa di fronte a una consapevolezza straziante.I due rimasero a lungo in silenzio; lei a camminare nervosa per la cucina e lui intento a guardarla, in attesa che il momento critico passasse per tentare un altro approccio, con calma, consapevole di quanto quella situazione fosse delicata e difficile per entrambi.
Difatti il momento arrivò pochi minuti dopo.
Elaine si fermò, voltandosi a guardarlo con occhi lucidi e le mani tremanti. «Sono l'unica erede? Non c'è più nessuno in vita?»
«No, nessuno» rispose Benjamin con un sussurro, vedendo gli occhi della donna riempirsi di lacrime, senza riuscire più a trattenersi.Si mise una mano davanti al viso, cercando invano di mantenere un contegno senza successo, combattuta dal lasciarsi trasportare dal pianto disperato e il timore che Tommy si potesse svegliare nel sentirla.
«Non è vero, tu menti. Viktor deve essere vivo» farfugliò con tono deciso, pur piangendo sommessamente e con la voce ridotta a un sussurro.
«Viktor è deceduto da quasi due anni, o almeno da allora ne è iniziata a circolare la notizia. Era stato dato per disperso in Crimea, dopo la fine della guerra» spiegò l'uomo a bassa voce e senza avvicinarsi, sotto lo sguardo attento della donna che lo fissava a occhi sgranati e sospiri accelerati.
Lui prese fece un altro lungo sospiro, distogliendo lo sguardo e osservando verso il soffitto, cercando di prendere coraggio e raccontarle tutto ciò che in quegli anni le aveva taciuto. «Forse è meglio che ti siedi.»Lei lo fissò senza capire né emettendo suono alcuno, osservandolo mentre recuperava il tabacco per prepararsi una sigaretta, accorgendosi dopo pochi istanti di faticare sempre di più a stare in piedi, seguendo quindi il suo consiglio.
Era caduta in uno stato di abulia, privata della propria volontà e sola spettatrice di quanto le stava accadendo. Era come se stesse leggendo un libro, vivendo immagini chiare e nitide per ogni parola letta, senza però poter cambiare quella che era una trama decisa e ben definita.
Quella stessa trama, tuttavia, aveva il gusto amaro di una tragedia, per la quale aveva terrore di leggerne la fine.«Dalle poche notizie che mi sono arrivate il Conte era partito per la Crimea, poco dopo l'ingresso dell'Inghilterra nel conflitto» iniziò a spiegare Ben. «Te ne avevo parlato, ricordi? Cinque anni fa è iniziata la guerra contro i russi.»
Elaine annuì a quelle parole. Si sentiva la bocca secca e percepiva un sapore aspro che non le piaceva per nulla.
«Da più di due anni e mezzo è ormai terminata» narrò lui tergiversando, come se non sapesse bene come affrontare l'argomento, girandoci attorno. «Ho saputo la notizia tempo fa, ma non volevo dirtelo. Non volevo ferirti. Ho pensato fosse meglio non darti anche questo pensiero. Non volevo farti soffrire» spiegò in tono basso, accendendosi la sigaretta.
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La gabbia d'argento
Historical FictionLondra, anno 1851. Elaine, rampolla della famiglia Dietrich, riesce a unirsi in matrimonio al Conte di Lancashire; un uomo enigmatico quanto affascinante, ma dal freddo e distaccato atteggiamento. La meravigliosa vita che la giovane Contessa da que...