In principio era sempre stato il Nero!
In epoca dove le malattie si diffondevano rapidamente, e dagli ospedali uscivano più esanimi che sanati, non era raro che si passasse da un lutto all'altro e il colore di tale ricorrenza non poteva che essere il nero.
Tuttavia, nonostante il frequente passaggio delle carrozze trainate da corsieri neri in livrea funebre, nessuno si abituava mai a perdere i propri cari.
C'era chi avrebbe gioito per una dipartita, felice di ciò che ne avrebbe guadagnato, ma c'era invece chi ne avrebbe sofferto, andando a perdere una parte di sé stesso che mai avrebbe potuto colmare.
Alla privazione di un proprio caro, genitore, moglie o figlio che fosse, nessuno sarebbe mai stato più lo stesso.
La vita sarebbe continuata, ineluttabile, affiancata da un'assenza spettrale, e nulla avrebbe potuto prendere il posto di coloro che erano scomparsi.Per decine di anni Viktor aveva osservato la Morte attraverso la medicina e la chirurgia, studiato le sue armi mortali e tentato di impedire alle sue sinuose dita scheletriche di sfiorare chi avesse in cura, impedendole di mietere vittime.
In guerra aveva salvato soldati incapaci di tenere ancora in mano un fucile, uomini, donne e bambini, permettendo ad essi di iniziare una nuova vita.
In cambio aveva ricevuto solo ripetuti ringraziamenti dei quali poco gli era importato, muovendosi in ciò che sapeva fare meglio, solo per trovare una pace mai trovata.
Centinaia di vite erano state salvate e altre decine erano spirate quando ogni tentativo era stato vano per sconfiggere una Dea fredda e imparziale.Il conte non aveva mai sofferto di quelle sconfitte, conscio di quanto la vita fosse realmente legata a un filo tanto sottile da risultare invisibile.
Bastava solo il tocco di quella falce per dichiarare la gelida sentenza che portava alla disperazione, ai pianti e al dolore; emozioni a cui lui era rimasto sempre spettatore, senza davvero capire come quelle persone potessero sentirsi.
Spezzati, divisi e tormentati da una perdita straziante.
Persino alla morte di suo padre, il Conte Cedric Lloyd Mattihas di Lancashire, la sua reazione era stata fredda e distaccata, legata alla frustrazione per non essere riuscito a salvarlo dalla tubercolosi, piuttosto che nell'aver perso definitivamente il suo genitore.Aveva da sempre avuto notevoli difficoltà con la sfera delle proprie emozioni, quasi fossero troppo fosche, confuse e difficili da gestire, cercando spesso un modo per tentare di sopprimerle.
I sentimenti lo avevano sempre spaventato, soprattutto se spingevano verso sensazioni avverse e potenzialmente dolorose.
In passato, quella sua condizione lo aveva portato a chiudersi con chiunque fosse a lui troppo vicino, con coloro ritenesse tanto importanti da poter diventare pericoloso per il suo equilibrio mentale, benché la sua follia lo avesse spinto in direzione di chi, quel male, lo aveva solo alimentato.
I tentativi per eludere la sofferenza avevano solo creato una fragile gabbia di cristallo, capace di andare in frantumi alla prima reale ferita, dalla quale non avrebbe potuto fuggire.Alla morte di Elaine quel dolore lo colpì come un mare in tempesta, lasciandolo in un uragano di incredulità, in balia di emozioni incontrollate capaci di abbattere e affondare anche la nave più salda, abbandonandosi infine alla deriva, incapace di capire e di accettare quanto fosse appena accaduto.
La Nera Mietitrice aveva posato lo sguardo sulla contessa nel giorno delle Idi di marzo, allungando su di essa le proprie dita ossute, in un gelido invito dal sapore di epilogo.
La sua salute era peggiorata nel corso dell'intera giornata, tra stati febbrili farneticanti e momenti di tosse convulsa che aveva lasciato Elaine rantolante e con il respiro irregolare.
Viktor aveva sentito l'ansia crescere di minuto in minuto, senza mai lasciare il suo capezzale, cercando inutilmente una soluzione per poterle salvare la vita, vedendola spegnersi istante dopo istante, impotente.
Ormai in preda al sottile delirio della malattia, la contessa non era stata neppure in grado di capire cosa davvero le stesse accadendo, troppo debole e consumata dalla febbre, sussurrando di tanto in tanto il nome di Viktor e Thomas e limitandosi e brevi momenti di lucidità.
In quel pomeriggio che si avvicinava alla primavera, il cielo da limpido si era fatto terso, annunciando pioggia e oscurità, riportando la magione a quella tenebrosa atmosfera scomparsa nei mesi precedenti, quasi volesse preannunciare ciò che da lì a poco sarebbe accaduto.

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La gabbia d'argento
Historical FictionLondra, anno 1851. Elaine, rampolla della famiglia Dietrich, riesce a unirsi in matrimonio al Conte di Lancashire; un uomo enigmatico quanto affascinante, ma dal freddo e distaccato atteggiamento. La meravigliosa vita che la giovane Contessa da que...