La gabbia

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I rintocchi rimici dell'antico pendolo a colonna, posto su uno dei lati corti della sala da pranzo di villa Lloyd, segnarono le ormai passate undici di sera, mentre i commensali, padroni stessi di quella dimora, finivano di consumare l'ultimo pasto della giornata.
Elaine alzò gli occhi sulla figura di Viktor, soffermandosi un attimo a guardarlo mentre era intento a terminare quello che gli era rimasto nel piatto. Lo osservò in silenzio, giocando distrattamente con la forchetta e con l'ultimo boccone che le era rimasto, incerta su come iniziare ciò che avrebbe voluto dirgli.
«Viktor?» lo chiamò cercando di attirare la sua attenzione, vedendolo, poi, rivolgere lo sguardo su di lei, interrogativo.
La donna ricambiò quello sguardo con lieve soggezione, stringendo appena le labbra e riposando la forchetta. «Scusatemi, ma ho un dubbio che da un po' di tempo mi assilla e sentivo il bisogno di parlarne con voi» spiegò Elaine, mordicchiandosi il labbro inferiore come faceva sempre quando si trovava a dover parlare con lui di qualcosa che potesse in qualche modo infastidirlo o non piacergli.
«Ditemi» rispose il visconte con tono paziente, inarcando un sopracciglio evidentemente stranito, quasi fosse sorpreso del fatto che la moglie gli facesse una domanda così diretta.
«Perché... perché non riusciamo ad avere figli?» domandò lei, continuando a mordicchiarsi le labbra nervosamente, dubbiosa su quella che avrebbe potuto essere la reazione del marito.

Erano ormai sei mesi che si erano sposati e che condividevano il letto praticamente quasi tutte le notti, eppure il suo ciclo era sempre rimasto regolare.
Da quasi un mese aveva iniziato a preoccuparsi seriamente della cosa e, ovviamente, l'ansia l'aveva ghermita abbastanza fortemente da farle dubitare di poterne avere.
Viktor la guardò in silenzio per qualche istante con la solita espressione fredda e attenta, sistemando poi le proprie posate nel piatto con attenzione.
«Volete avere figli, Elaine?» chiese lui mantenendo un'espressione incuriosita, senza dare l'impressione di essere alterato o contrariato dalla domanda della ragazza.
«Qualsiasi donna sposata vuole avere dei figli con il proprio marito, sarebbe strano il contrario. Non vorrei dipendesse da me» rispose accigliandosi, perplessa dalla domanda di suo marito.
Il visconte distolse lo sguardo dalla donna, osservando il piatto vuoto per qualche istante, come se stesse valutando l'argomento.
Scosse lentamente il capo socchiudendo gli occhi.

A differenza della moglie sapeva benissimo quale fosse il motivo di quel problema, così com'era consapevole che non fosse dipeso da lei.
«Siete ancora voi stessa una bambina; un figlio è un sacrificio quanto una benedizione. È ancora presto per voi per avere dei figli» spiegò Viktor tornando a guardarla.
«E non vi sembra strano che però non ne abbia avuti? Ho già diciotto anni e so di molte altre donne che hanno avuto figli anche prima di me, sono...»
La voce le morì in gola non appena notò l'espressione di lui cambiare lentamente; lo sguardo Viktor si assottigliò, facendosi irritato e infastidito.
«Penso di sapere cosa sia meglio per voi, Elaine» ribatté gelido. «Siete perfettamente in grado di generare, se è questo che vi preoccupa, ma per adesso non voglio che abbiate figli» terminò quindi continuandola a fissare severo, per poi alzarsi.
Lei lo osservò annuendo, senza avere il coraggio di ribattere per quanto si sentisse più confusa di prima nell'udire le sue parole.

Lo seguì con lo sguardo mentre lasciava la sala da pranzo, restando seduta e ancora scossa dalla freddezza e dal gelo espresso dalle sue parole.
Non che fosse la prima volta, era ormai abituata a quel carattere glaciale e ai suoi cambi d'umore repentini.
Nonostante alle volte la trattasse in maniera scontrosa e arrogante, continuava comunque a provare per lui gli stessi sentimenti di quando lo aveva conosciuto.
Poteva sembrare distante, spesso annoiato tanto da mettere Elaine in dubbio sul fatto che gradisse di restare in sua compagnia. 

Non mancavano però casi dove un semplice gesto d'attenzione, come ad esempio il farle trovare una rara gemma di cioccolato sul vassoio d'argento della colazione, aprivano letteralmente il cuore della ragazza più di qualsiasi regalo che lui potesse fare.
Erano gesti rarissimi, casuali ma presenti nella loro vita e che permettevano a Elaine di non soccombere alla vita chiusa in casa a cui era obbligata, anche se lui mai se ne sarebbe reso conto.
Viktor rientrava solitamente sul tardi, poco dopo che il pranzo era stato consumato dalla moglie.
Da prassi la raggiungeva al salone della musica, trovandola intenta a suonare in attesa del suo arrivo, persa nella sua melodia ritmica e solitamente sempre diversa.

La gabbia d'argentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora