The Rocky Road to Dublin

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Altre poche parole vennero dispensate durante quel breve incontro conoscitivo, tra Elaine e la fondatrice dell'istituto femminile, ovviamente nell'abituale cornice di un tè consumato assieme alle donne presenti per semplice e puro piacere.
Avevano ormai quasi finito quella cerimonia, che la contessa non aveva più avuto occasione di svolgere in compagnia se non di sé stessa, quando passi e rumori indistinti attirarono l'attenzione delle astanti, occupate in quel momento ai saluti di prassi dal finale congedo.

Prima ancora che una di loro avesse il tempo di proferire parola, la porta venne aperta senza che nessuno bussasse o chiedesse il permesso di entrare.
Elaine, sorpresa da quell'atteggiamento tanto poco educato e che mai, in tutta la sua vita, le era capitato di vedere, rimase piuttosto interdetta.
Vivendo sempre in maniera rigida e inflessibile per il tipo di etichetta britannica, non si era mai trovata in una situazione simile, considerando che sia nella sua attuale residenza, così come in quella precedente, la famiglia e i domestici che per essa lavoravano, dovevano risultare impeccabili.
Che qualcuno potesse entrare in maniera coì sgarbata non era ammissibile.

Era una fortuna, per la giovane nobile, avere il volto coperto dal velo da lutto, così da permetterle di nascondere l'espressione confusa per quello strano ingresso da parte di alcuni uomini dall'aspetto di chi sembra aver appena finito un lavoro piuttosto faticoso.
«Mrs. Reid, il vostro tetto è come nuovo!» esclamò uno dei ragazzi, con voce allegra e tonante.
«Buon Dio, Signor Collins, quante volte vi devo insegnare, a voi e ai vostri due amici là dietro, come bussare a una porta?» lo riprese la donna, alzandosi in piedi con sguardo arcigno. «Abbiamo delle ospiti.»

Gli sguardi dei tre ragazzi si spostarono all'istante sulla figura vestita completamente in nero di Elaine, assumendo rapidamente una postura il più possibile consona. Il primo, il signor Collins, si tolse subito dalla testa una coppola in lana di Tweed dai colori sbiaditi, che aveva sicuramente visto tempi migliori.
Anche il secondo copiò il primo, togliendosi il berretto e tirando a quello accanto una gomitata, intimandogli in silenzio di fare lo stesso, mentre quest'ultimo cercava di sistemarsi a sua volta in maniera frettolosa e palesemente imbarazzata.

Era evidente che tutti e tre non fossero avvezzi a quel genere di atteggiamento o nell'avere a che fare con persone rilevanti, quali la figura di Elaine, ben riconoscibile nel suo rango nonostante gli abiti funerei.
L'entrata tanto rubesta fu subito smorzata nei toni e nell'atteggiamento tenuto dai ragazzi, tutti con l'attenzione rivolta verso la nobile, con un'espressione che lasciava intendere non sapessero minimamente cosa fare in una situazione come quella.

«Ci... scusiamo, per la nostra... entrata poco... ehm...» iniziò a farfugliare il primo ragazzo, di cui la contessa distingueva una capigliatura scura e arruffata, come se quei capelli non avessero mai visto una spazzola in vita loro.
Per quanto la vista di Elaine fosse limitata dal tessuto che le copriva il volto, riuscì a scorgere lineamenti giovanili e massicci, ipotizzò, di un ragazzo della sua stessa età o qualche anno in più.

Gli altri due, invece, sembravano ragazzini, piuttosto magri e smilzi, anche loro dai capelli scarmigliati e bruni, tranne per uno di loro che sembrava avere un riflesso ramato che la contessa percepì appena.
«Lasciate perdere, Signor Collins, ormai il danno l'avete fatto, ma non tollererò più un simile atteggiamento. Siamo pur sempre in un collegio» intervenne Elizabeth Reid, con lo stesso tono autoritario usato poco prima. «Cosa c'è di tanto importante per venirci a disturbare?»

Il ragazzo di fronte ai due più giovani rimane un attimo interdetto, timoroso, con tutta probabilità, che ogni cosa avesse potuto dire avrebbe di certo irritato Mrs. Reid.
«Si, perdonate... ecco... avvisavamo solo che il tetto adesso è sistemato» rispose lui, passandosi una mano sulla nuca, con evidente disagio, neanche si trovasse a cercare di trovare una via di fuga da un covo di serpi velenose. «Ci chiedevamo se ci fosse altro...» spiegò infine fissandola, per poi accennare un sorrisetto «Signora» aggiunse infine.
«Non c'è altro, tornate domani. Ci sono parecchie cose da sistemare, ma non serve che ve ne occupiate adesso» replicò la donna con sufficienza, sottolineando il suo disinteresse con un'alzata di mano. «Siete liberi.»

La gabbia d'argentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora