L'orologio a pendolo scoccò le undici di sera, nell'atmosfera festosa d'un luogo che sembrava uscito dalle lande dei sogni.
L'inverno si era ritirato celere, permettendo alla primavera di spargere i doni della rigogliosa rinascita, arricchendo l'ambiente di fiori e profumi delicati.
La leggiadria della musica classica sovrastava il chiacchiericcio dei nobili, disposti nell'ampio giardino dell'aristocratico di turno, scelto per ospitare uno degli eventi mondani del Ton Londinese.
Nella perfezione di ogni dettaglio, tra candele colorate e la fragranza di innumerevoli fiori, si avvertivano risate leggere, tintinnii di brindisi e fruscii di abiti e sete preziose; vanto di ricchezza osteggiata in quei momenti volutamente preparati.
Gli invitati arrivavano a piccoli gruppi, sulle loro personali carrozze, accolti da un valletto che ne prendeva l'invito e li faceva entrare nell'ampio palazzo in stile classico. All'ingresso un domestico salutava ossequioso, porgendo ad essi un calice di benvenuto.Solo uno dei due uomini, vestiti in maniera impeccabile nei colori del blu e nero, con gilè doppiopetto e cravatta Ascot, prese la coppa contenente il liquore, osservando l'altro alzare educatamente una mano in segno di dinego.
Thomas si portò l'alcolico alle labbra avanzando nella villa con ostentata sicurezza, osservando il padre sottecchi che incedeva al suo fianco con l'abituale passo claudicante. Il conte aveva la solita espressione garbatamente tormentata, frustrato di trovarsi in quel mondo da lui percepito sempre troppo asfissiante.
«Certo che se provaste a divertirvi sarebbe più, come dire, facile per me prendervi parte» fece notare il ragazzo, centellinando distrattamente il calice prima di berne un sorso.
«L'ho sempre trovato oltremodo spiacevole assistere a tali frivoli momenti» borbottò Viktor lanciando un occhiata sghemba al figlio, per poi scivolare con lo sguardo verso il liquore del ragazzo, tergiversando su di esso qualche istante.
«Oh, andiamo. Siete stato voi a dirmi che avrei dovuto iniziare a farmi spazio nella Corte Londinese» sottolineò Thomas, avanzando fino al terrazzo che dava sul giardino allestito della grande residenza. «Stò solo seguendo le vostre istruzioni.»
«Non prevedeva che dovessi sempre venire con voi, o mi ritrovassi a presenziare persino nella Camera dei Lord.»
«Non potevo andarci da solo. Non sapevo neppure chi avessi davanti. Siete stato voi a insistere su quanto fosse necessaria la vostra presenza» evidenziò, terminando il contenuto del calice, posandolo su uno dei vassoi disponibili lì accanto.Erano passati quasi due anni da quando padre e figlio si erano finalmente riconciliati.
Ignorante di quelli che erano i suoi doveri in quanto nobile, dell'etichetta e atteggiamento da tenere in determinate situazioni, Thomas non aveva potuto fare a meno dell'aiuto di Viktor per poter entrare a tutti gli effetti a fare parte di quel mondo.
Aveva tentato di partecipare alla mondanità della capitale da solo, ritrovandosi in un contesto totalmente a lui alieno, tanto da non trovare aiuto neppure nei consigli di Cody.
Solo con la presenza di Viktor, cosciente di quali erano i rituali tipici, il visconte era riuscito a muovere i primi passi, trovandosi in pochissimo tempo a suo agio.
Insieme avevano iniziato a frequentare qualche festa mondana, benché spesso il conte avesse declinato gli inviti, lasciandolo andare da solo con Cody o qualche gruppetto di aristocratici di nuova conoscenza.
Aveva fatto il suo ingresso ai Club privati, il White's, il Savile, l'Arts, il Pratt's e, per faccende politiche, il Boodle's e il Cartlon Club.
Si era persino interessato subito a quelli che erano gli affari pubblici, affiancando Viktor nella Camera dei Lord come Tori, il partito conservatore, sebbene con il tempo, a differenza del genitore, le sue idee fossero indirizzate più verso il partito liberale.
In meno di un anno Thomas aveva iniziato a muoversi con disinvoltura e naturalezza e, sebbene non avesse più bisogno di suo padre per sopperire alle sue imperizie, non esitava mai a chiederne la compagnia.Nonostante Viktor non amasse affatto quel mondo, tuttavia, agli inviti del figlio, non aveva mai declinato le sue richieste. Non lo avrebbe ammesso, ma di quel rapporto non sarebbe mai stato sazio abbastanza da farne a meno.
Aveva atteggiamenti simili ai suoi, aveva notato il conte, osservandolo destreggiarsi nelle serate di corte, di gala o durante le discussioni nei club e nella Camera dei Lord.
Domandava, chiedeva e studiava, affamato di conoscenza come lo era stato il genitore, benché in maniera furbescamente diversa.
Solo di tanto in tanto aveva intravisto in lui la semplicità che gli ricordava Elaine, l'imbarazzo e la sua genuinità, quando si trovava ad affrontare ambiti più empatici e sociali.
Era come vedere due persone, l'alba e tramonto, ma facente parte entrambi di uno stesso equilibrio.
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La gabbia d'argento
Historical FictionLondra, anno 1851. Elaine, rampolla della famiglia Dietrich, riesce a unirsi in matrimonio al Conte di Lancashire; un uomo enigmatico quanto affascinante, ma dal freddo e distaccato atteggiamento. La meravigliosa vita che la giovane Contessa da que...