Taehyung non era forte come un alpha, o indipendente come un beta...
No, questo no... Taehyung, dopotutto, era un semplice omega.
Ma, invece, aveva qualcosa che in molti non avevano: La bellezza.
E diamine se era bello.
Bastava un battito di cigl...
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Il magazzino della Jeon Co. era un'ambiente che si ampliava nei due piani inferiori dell'edificio principale della zona dedicata alla rete televisiva. Il lavoro di magazziniere consisteva nel trasportare pellicole, documenti e materiale per la scena di studio in studio e, in evenienza, anche di aiutare nella costruzione delle scenografie, visto che la mano d'opera non era mai abbastanza. «Namjoon-ssi, sbrigati a smontare lo studio cinque, lo studio dodici vuole quelle pellicole entro le 18.00 di oggi» il principale del magazzino, un uomo corpulento con il vizziaccio di tenere un dannato stecchino in legno tra i denti con la quale faceva versi vomitevoli, indicò l'imponente pila di scatoloni che erano state lasciate all'inizio dell'entrata dello studio dove si trovava in quel momento. «Ma signore, io stacco tra mezz'ora...non può chiedere a-» L'uomo lo fulminò con lo sguardo, schioccando la lingua con fare arrogante «Tu sei il più giovane, quindi questa merda spetta a te. Non me ne frega nulla di quando stacchi, vuol dire che farai gli straordinari»
Namjoon fece per parlare di nuovo, ma decise di mordersi la lingua. Gli straordinari del mese precedente non gli erano ancora stati versati, ma non poteva mettersi contro il principale, non ora che quel lavoro gli serviva più che mai. «Va bene, me ne occupo io» si limitò a dire sollevando le spalle.
L'uomo sorrise soddisfatto, poi gli lasciò una forte pacca su una spalla e, finalmente lo lasciò solo, diretto sicuramente alla sua scrivania, dove avrebbe mangiato un'altra ciambella e sarebbe rimasto a giocare il resto della giornata a qualche app per il telefono. Il giovane alpha sbuffò, sollevando l'ennesimo pannello in finto marmo da spostare in magazzino. Quel giorno aveva promesso a Seokjin di accompagnarlo fino a lavoro, così da passare quei quaranta minuti di tragitto insieme, ma avrebbe dovuto annullare di nuovo. E Namjoon immaginava già la sua espressione ferita e il suo finto sorriso di comprensione.
Quando si erano marchiati, parecchi anni prima, lo avevano fatto con la promessa di congiungersi formalmente in matrimonio in un anno e coronare il sogno di nozze perfette di Jin. Ma una cosa dopo l'altra, quel matrimonio era andato sempre più fuori la loro portata. E lui non credeva quasi più sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe visto il suo amore in bianco che attraversava la navata di una chiesa solo per raggiungerlo. Sospirò al pensiero, tanto sonoramente che non fu l'unico a sentirlo.
«T-ti serve una mano con quello?» era una voce pacata e melodiosa, in completa contrapposizione con il lieve odore agitato dei suoi ormoni. Namjoon sapeva chi era ancora prima di voltarsi e affacciarsi oltre il carro trasportatore su cui era montato «Signor Jeon» riconobbe alzando un sopracciglio. In tre anni in cui aveva lavorato alla Jeon Co., non aveva mai visto nessuno dei grandi capi scendere fino a lì «Cosa posso fare per lei?» Il corvino guardandolo fece una smorfia acida «Sei più grande, non devi parlarmi con tanta reverenza. Dammi del tu e chiamami Jungkook» disse, sfilandosi la giacca firmata per poggiarla su degli scatoloni lì accanto. Poi, quasi senza neanche farsi perno con me mani sul carretto, zompò sopra il macchinario «Ti aiuto» allevò un po' il peso che creava a sull'altro alpha, che lo continuava a guardare come fosse un dinosauro resuscitato dal nulla.