l'ospite d'onore

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Quella mattina mi svegliai presto, come sempre. Amavo la mattina: era il momento più produttivo della giornata.

Dopo che la sveglia suonò, mi trascinai stancamente verso la cucina, dove preparai una tazza di caffè, che sorseggiai tranquillamente guardando Instagram.

Prima di vestirmi per andare all'università, decisi di dare una degna sistemazione all'autografo che avevo guadagnato solo il giorno prima.

Osservai gli occhi verdi nella foto. Erano proprio belli.

Lo sistemai su una libreria nel soggiorno, in modo che si potesse vedere sin dall'ingresso.

Mi vestii, indossando come sempre dei Jeans, con degli evidenti strappi sulle ginocchia, ed un top rosso scuro. A differenza del giorno precedente, faceva molto caldo, e soprattutto il sole di Milano era veramente forte.

Uscii di casa sorridente, come quasi sempre mi capitava da quando vivevo lì. Era il mio mondo e, nonostante il quartiere abbastanza degradato in cui ero costretta a vivere, il mio amore per quella città non sarebbe mai finito: l'avevo scelta, e avevo dato tutta me stessa per arrivarci.

La mattinata fu molto lunga e faticosa, come sempre ormai. Il primo anno era volato in modo molto semplice, mentre il secondo iniziava a presentare le difficoltà per cui quella prestigiosa università era tanto nota.

Uscii a pranzo con le mie migliori amiche, compagne di corso, e compagne di vita. Senza di loro sarei stata persa in una città tanto grande.

Mangiammo un sandwich vicino alla sede del Politecnico, e alla fine tornammo ognuna a casa propria.

Solitamente mi sarei fermata lì a studiare, o meglio, mi sarei buttata a capofitto sui libri, ma quel giorno era diverso: la dirigenza dell'Armani Hotel, dove lavoravo, mi aveva chiamato perchè quel giorno andassi al lavoro qualche ora prima.

A quanto pareva un cliente molto importante avrebbe fatto il suo ingresso nelle sale dell'hotel, e necessitava di un'adeguata accoglienza.

Indossai la divisa, costituita da un meraviglioso vestito nero, la cui gonna molto aderente arrivava appena alle ginocchia. Il tutto era accompagnato da un paio di scarpe con un tacco 10, ed ovviamente dall'obbligo di esaltare il contorno degli occhi con mascara, matita e eyeliner.

Come ogni volta mi piastrai i capelli, come se l'ospite d'onore fossi io.

Era la regola: bisognava essere perfette.

Da un lato quel lavoro mi piaceva, e anche parecchio: mi aveva dato la possibilità di incontrare decine di celebrità: calciatori, sportivi, attori e cantanti erano pane quotidiano.

Dall'altro lato però, mi faceva sentire incredibilmente inferiore: li servivo, li riverivo, e tante volte non ricevevo nemmeno un semplice "grazie", da parte loro.

Chissà chi sarebbe stato il cliente d'onore, questa volta.

Salii nella mia 500 e guidai fino a via Monte Napoleone, dove si trovava l'hotel.

"buongiorno", dissi, quando entrai.

La receptionist ricambiò il saluto, mi squadrò dall'alto in basso per capire se fossi adeguata al compito che mi era stato assegnato, e alla fine mi fece un cenno con il capo, per indicarmi una stanza dietro di lei.

Mi dissero che l'ospite stava arrivando, e che avrei dovuto prepararmi all'ingresso. Non dovevo parlargli, se non per lo stretto necessario, non dovevo chiedere foto o autografi, come non mi era concesso dimostrare anche solo il minimo interesse nei confronti di chi era o cosa faceva nella vita.

Feci un cenno affermativo con la testa: era sempre la stessa storia, ogni volta.

Restai ferma all'ingresso dell'hotel, incuriosita. In fondo stavo per incontrare una celebrità... chiunque fosse.

Qualche minuto dopo vidi una Ferrari rosso fiammante fermarsi a pochi centimetri da me.

In un istante capii tutto. 

Charles Leclerc scese dalla sua auto, sorridente come il giorno precedente. Portava gli occhiali da sole, per cui non vidi i suoi meravigliosi occhi.

"buon pomeriggio", gli dissi, porgendogli la mano, come da ordini strettissimi.

"salve", rispose, mentre si sfilava gli occhiali. Sentii che il mio cuore perdeva un battito.

"ha dei bagagli?", chiesi.

Il pilota fece un cenno affermativo con la testa, e mi porse le chiavi della Ferrari. Le consegnai ad un paio di miei colleghi, e li invitai a trasportare le sue valigie fino in camera.

"se vuole seguirmi, le indicherò il suo alloggio", dissi, rivolgendomi a Leclerc.

Lui mi sorrise, e fece un cenno con la mano, invitandomi a precederlo.

Ricambiai velocemente il sorriso, e lo condussi fino alla sua stanza.

Gli aprii la porta, e gli consegnai la carta magnetica.

"questa è la sua stanza. Se avesse bisogno di qualcosa, non esiti a chiamare la reception, saranno lieti di servirla... io ora andrei"

Vidi i suoi occhi soffermarsi ancora una volta sui miei. "grazie... Sofia, giusto?"

Deglutii. Mi aveva riconosciuta sul serio?

Annuii lentamente.

Charles sorrise ancora. Dio com'era bello quando sorrideva.

"è un nome bellissimo, ma credo che accompagnato da un cognome sarebbe ancora meglio", disse, con quel suo leggerissimo accento francese.

Restai sbalordita, sperando di non essere arrossita ancora una volta.

Gli dissi il mio cognome

"ci vediamo Sofia", concluse.

Gli sorrisi e mi richiusi la porta dietro le spalle. Non poteva essere accaduto veramente.... stavo senza dubbio sognando.

Mi voltai a guardare il numero in oro dietro di me. Era una camera vera, e se avessi bussato mi avrebbe aperto Charles Leclerc.

Trassi un profondo respiro e mi allontanai. Avevo la tachicardia.

Quel lavoro mi faceva male, e molto anche.


"papà! Non puoi capire cosa mi è successo oggi", dissi a mio padre al telefono, mentre cenavo in solitudine nel mio appartamento.

"cosa?", mi chiese, incuriosito dalla mia allegria.

"all'hotel... indovina chi era l'ospite d'onore!"

"Icardi?". Mi misi a ridere. Sì, da adolescente ero stata letteralmente in fissa con lui.

"no, cambia sport e ci sei"

"Berrettini?"

"no"

"Sinner?"

"dio mio papi, ma quanto ci metti ad indovinare?"

"Leclerc?"

"alleluia", riposi, alzando gli occhi al cielo.

"avevi la stessa espressione da ebete di ieri?"

Smisi di mangiare. Speravo di no.



Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora