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Quella corsa in pista mi aveva fatto maledettamente bene: avevo scaricato la mia rabbia sul pedale dell'acceleratore, attaccando l'asfalto di Maranello come se la fonte dei miei problemi fosse lui.

Dopo essere tornata a Milano ed aver finalmente trovato un nuovo appartamento in cui trascorrere il semestre a venire, decisi che avrei trascorso i miei ultimi giorni di libertà dallo studio in compagnia dei miei genitori.

Mi sarebbe servito anche quello per staccare il cervello, e fingere che nulla fosse successo, anzi, che quella parentesi della mia vita insieme a Charles Leclerc non fosse mai esistita.

Salii ancora una volta sulla mia amata 500 e, dopo aver messo in moto, partii alla volta della mia città natale: Conegliano.

Nel corso delle quasi quattro ore di viaggio, non feci altro che ascoltare musica, ammazzando il tempo cercando di non pensare a nulla che non riguardasse ciò che stavo ascoltando.

Mi fermai ad un autogrill per bere un caffè, poi ripresi il viaggio, incontrando ovviamente ingorghi ad ogni curva che facessi.

Arrivai a casa nel primo pomeriggio, e fui accolta dai miei genitori, felici come non mai per il fatto che sarei rimasta lì qualche giorno.

Gli avevo raccontato poco di ciò che era accaduto tra me e Charles e, sinceramente, non avevo nemmeno molta voglia di approfondire la questione.

"stai bene?", mi chiese mia madre, dopo che mi fui seduta al tavolo della cucina, immancabile luogo di ritrovo per la mia famiglia.

"sì mamma, tranquilla", risposi, sul serio convinta di ciò che stavo dicendo.

"sei pallida", constatò, osservandomi bene. "vuoi mangiare qualcosa?"

Scossi la testa: una delle cose che più apprezzavo del fatto di vivere da sola, era avere la possibilità di mangiare quello che volevo, senza il fiato sul collo dei miei genitori che mi dicevano che secondo loro era troppo poco. Grazie alla mia vita universitaria avevo acquistato un fisico sufficientemente magro da soddisfarmi, anche se loro continuavano a ripetermi che dovevo nutrirmi di più.

Amen: a 300 chilometri di distanza, non potevano certo fare molto.

"cos'è successo?", mi chiesero.

"non mi va di parlarne"

"te l'avevamo detto di stare attenta", affermarono.

Sentii una punta di rabbia nascermi dentro: "sono stata attenta", sibilai.

"beh, i risultati dicono il contrario"

Deglutii e chiusi gli occhi: perchè ero tornata a casa?, mi chiesi.

"come facevo a sapere che sarebbe finita così?", sbottai, "stavo vivendo una favola, come avevo sempre sognato, solo che, a quanto pare, sono finita in quella sbagliata: io sono la strega cattiva che si è messa in mezzo all'amore perfetto tra Charles e Charlotte".

Lessi negli occhi dei miei genitori la voglia di continuare ancora il discorso, ma per fortuna il buon senso prevalse, e mi lasciarono in pace.

Volevo loro molto bene, ma spesso sapevano essere piuttosto snervanti: tendenzialmente in tutta la mia vita non gli avevo mai raccontato ciò che accadeva sul serio nella mia testa. Avrebbero giudicato tutto a modo loro, senza capirmi.

Parlammo del più e del meno, evitando accuratamente il discorso "Charles Leclerc", e affrontandone altri migliori.

Proprio mentre l'atmosfera si era fatta molto più tranquilla, sentii il mio iPhone squillare.

Lo afferrai. Era un numero che non avevo salvato in rubrica, ma comunque risposi.

"pronto?"

"buon pomeriggio. Lei è Sofia t/c?", chiese una voce di donna dall'altro capo del telefono. Dal timbro si capiva che apparteneva ad una donna giovane, forse poco più grande di me.

"sì, sono io", risposi.

"piacere, io sono Lavinia. Lavoro nell'ufficio del personale della Scuderia Ferrari"

Le parole girarono nella mia testa, senza giungere ad un qualsiasi neurone che mi potesse spingere a dare una risposta valida. Restai in silenzio, pensando a cosa cavolo potesse volere da me l'ufficio del personale della Ferrari.

"è ancora lì?", mi chiese.

"sì, scusi. Mi dica"

"abbiamo una proposta di lavoro per lei. Se le va, può venire a Maranello anche domani, e le illustreremo l'offerta"

"Verrei volentieri, ma..."

" Siamo a conoscenza del fatto che lei è una studentessa di architettura, e non vogliamo rubarle troppo tempo che altrimenti dedicherebbe ai libri.", disse svelta Lavinia, centrando subito il punto a cui volevo arrivare. "sarà un lavoro per lo più sui social... una sorta di presentatrice, per intenderci. La aspettiamo domani alle 15 di fronte all'ingresso della sede di Maranello: la accompagneremo noi agli uffici"

"a domani", conclusi.

Quando posai l'iPhone sul tavolo, notai che le mie mani tremavano: ancora non riuscivo a capire perchè la Ferrari volesse me, una studentessa di architettura che era saltata agli onori della cronaca solo per essere stata ben 5 mesi con Charles Leclerc, per essere una... presentatrice!?

Osservai gli sguardi incuriositi dei miei genitori, che ancora non sapevano nulla.

Gli raccontai tutto, e notai il loro volto farsi contrariato.

"devi studiare, non hai tempo per lavorare lì", mi ricordarono.

"almeno vado a sentire cos'hanno da dirmi", dissi, sicura, "hanno detto di sapere della mia vita universitaria"

"dovrai incontrare il tuo pilota", mi rammentarono, facendomi crollare dal paradiso in cui ero finita in quegli ultimi minuti.

Non avevo messo in conto questa cosa: probabilmente avrei dovuto incontrare i piloti molto spesso, e questo fatto si portava dietro infinite complicazioni.

Da un lato non avevo nessuna voglia di rivedere Charles, mentre dall'altro ci speravo. Ero una stupida illusa: pensavo che in qualche modo la vicinanza potesse sistemare le cose tra noi.

Invece era troppo tardi, e lo sapevo bene. Ora lui aveva una vera e propria famiglia, a Montecarlo. Chi lo sa, magari aveva già chiesto alla sua amata Charlotte di sposarlo.

Fissai il vuoto per qualche istante, come se potesse darmi tutte le risposte che cercavo. Eppure, per quanto mi sforzassi, nessun'idea o decisione veniva a galla in quell'oceano in tempesta che era la mia mente.

Alla fine decisi: sarei andata a Maranello, avrei ascoltato ciò che avevano da dirmi, e solo in quel momento avrei deciso se accettare o meno.

In fondo avevo sempre sognato di lavorare nel mondo dello sport.... certo, non sarebbe stato nulla di particolarmente importante, ma comunque il mio nome si sarebbe fatto conoscere.

"ci penserò", dissi ai miei genitori, anche se, in fondo, dentro di me la decisione era già stata presa.

Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora