ciò che eravamo

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Mi sfilai il costume e l'accappatoio, mettendoli ad asciugare in terrazza.

Quando rientrai, mi feci una doccia per eliminare ogni traccia del cloro della piscina. Mi asciugai, posizionandomi poi davanti allo specchio per piastrarmi i capelli.

Mi diressi poi verso il letto, e presi in mano il vestito nero che Lewis mi aveva gentilmente donato.

Sorrisi: era meraviglioso.

Lo indossai con cura, per paura di rovinarlo. Conoscendo Lewis, probabilmente il mio outfit per quella sera costava più di me stessa.

Aprii la pochette che era posata sul lenzuolo. C'erano vari rossetti, ombretti, un eyeliner, un mascara, un piegaciglia, e, infine, del fard.

Scelsi un rossetto scuro, applicai un po' di mascara alle mie ciglia, del fard sulle guance, e mi osservai allo specchio.

Sorrisi, compiaciuta. Quel rossetto era spettacolare.

Mi infilai le scarpe col tacco, e scesi lentamente le scale.

Quando giunsi nel salotto, trovai Lewis seduto sul divano, con il cellulare in mano.

"ciao", gli dissi, in italiano.

Il pilota alzò lo sguardo, e lessi nei suoi occhi una leggera punta di meraviglia.

"ciao", rispose, sempre nella mia lingua.

Gli sorrisi, e mi avvicinai a lui. 

"cosa si mangia?", chiesi, "sto morendo di fame", ammisi.

"non ne ho la più pallida idea", confessò.

"ti va un drink?", mi chiese poi.

Annuii, sedendomi sulla poltrona di fronte a lui.

Lo vidi alzarsi, dirigersi verso un piccolo armadio che scoprii contenere degli alcolici, per poi tornare verso di me con un bicchiere.

"Eccoti un Martini", disse.

Sorrisi: mi sembrava di essere in un film.

Lo ringraziai, ed iniziai a sorseggiare. Non ne avevo mai bevuto uno in vita mia, e dovevo ammettere che non era niente male.

"è buonissimo", commentai.

Lewis sorrise. "grazie", rispose.

Qualche istante dopo, una cameriera che non avevo mai visto, venne ad annunciarci che la cena era pronta.

"dov'è finita May?", chiesi.

"E' in cucina... lei è .... oddio, non mi ricordo il suo nome", disse Lewis, fermandosi un secondo per riflettere.

Mi misi a ridere, e mi avvicinai alla ragazza esile di fronte a me. "come ti chiami?", le chiesi, dolcemente.

"Annagreca"

Deglutii. Quel nome, era quello che avevo sempre sognato di dare ad una mia possibile figlia. Inevitabilmente la mente volò fino all'immagine che mi ero fatta della mia famiglia: io, una bambina, e... Charles.

Trassi un profondo respiro. Eccolo, il soffio di vento che ero certa avrebbe portato via la polvere del tempo, che speravo avesse coperto la ferita.

Di tutti i nomi che c'erano al mondo, perchè mi era capitata proprio una cameriera che si chiamava così?

"tutto bene?", mi chiese Lewis, avvicinandosi.

"certo", mentii, poi mi rivolsi alla ragazza. "è un nome meraviglioso"

Andammo verso la sala da pranzo. Il pilota mi indicò una sedia, così io mi abbandonai su di essa, improvvisamente esausta.

Notai che la parete in fondo alla stanza era completamente tappezzata di foto. Mi alzai, e mi avvicinai ad esse, incuriosita.

Per lo meno avrebbero contribuito a spostare la concentrazione su qualcosa che non fosse Charles.

Le osservai bene: tutte ritraevano Lewis, da quando era bambino, fino all'ultima gara vinta.

Erano tantissime.

"sono tutte le mie vittorie", confessò. "dall'inizio, fino ad oggi"

Focalizzai lo sguardo su quelle più antiche. Sorrisi.

"che carino... un piccolo Lewis Hamilton", commentai, sorridendo verso la versione in carne ed ossa.

Notai, però, che era diverso. Il suo sguardo nelle foto... era più vivo, più... dolce.

"sono cambiate tante cose dall'epoca", confessò, allontanandosi.

Non dissi nulla. Io per prima sapevo che non era il caso di fare domande sul passato: nel momento in cui avesse voluto raccontarmelo, l'avrebbe fatto in autonomia. Non gli avrei certo forzato la mano.

Sentii il suo sguardo su di me.

"quando ero piccolissimo, i miei genitori si sono separati", iniziò.

Alzai gli occhi, fino a raggiungere i suoi. In essi c'era una strana luce... potevo quasi leggervi la malinconia.

Strano, ma non riuscivo ad immaginare questo sentimento addosso a Lewis Hamilton. Eppure lui era lì, le sue iridi gridavano di dolore per una vita passata che non sarebbe tornata più.

"mi dispiace", dissi, con un filo di voce.

Lewis sorrise. "ovviamente il tribunale mi affidò a mia madre... era ovvio. Di solito i figli vengono affidati ai padri solo se le mamme sono delle psicopatiche. Restai lì un po' di tempo, però io, ogni giorno che passava, mi rendevo conto che volevo qualcosa di più dalla vita: volevo guidare"

Lewis aveva smesso di sorridere: i suoi occhi erano lucidi.

"Alla fine decisi di andare da mio padre. Litigarono moltissimo per questa mia decisione ma, per fortuna, alla fine vinsi io. Il mio papà ha fatto di tutto per me, si è persino indebitato per riuscire a farmi correre con i kart, quando ero piccolino"

Notai che ora stata sorridendo: era un sorriso sincero. Amava suo padre, forse più di chiunque altro al mondo.

"amo correre, ma la Formula 1 è uno sport tanto meraviglioso quanto spietato"

"lo so", sussurrai, ricordando le parole di Charles, quella sera, sul lungo mare monegasco. Incredibile come storie diverse, vite diverse, portassero sempre a quel punto: la crudeltà di ciò che più si ama.

"Sognavo di diventare un campione, ma allo stesso tempo vedevo i più grandi piloti morire, o restare feriti per sempre", disse, con la voce leggermente incrinata. "Non ho mai mollato. Ho calpestato tutto e tutti per arrivare dove sono. C'è chi mi ama, ma tanti mi odiano... come dargli torto? Sono un mago nel provocare incidenti agli altri, a mio vantaggio. Non me ne vanto. Una volta non ero così"

Lo guardai. Non riuscivo a leggere alcun sentimento sul suo volto, quasi come se avesse imparato a far scivolare via ogni spina della sua vita.

"però sei anche un pilota formidabile", gli ricordai, sorridendo.

Lewis si strinse nelle spalle. "sai qual è la differenza tra un campione nel cuore ed uno nelle classifiche?", mi chiese.

Restai in silenzio: no, non lo sapevo.

Lo vidi sorridere. "Un campione nel cuore, come Charles, fa la sua gara in modo del tutto onesto, ma sarebbe anche pronto ad aiutare gli altri in caso di bisogno... un campione nelle classifiche, pensa solo a se stesso... come me"

Scossi la testa. "Anche tu aiuteresti gli altri, ne sono certa". Non riuscivo a credere che una persona che mi era stata sempre accanto negli ultimi mesi, potesse avere un lato così crudele.

Lewis sorrise.

"Sei così bella nella tua semplicità"

Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora