I don't wanna say goodbye

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La gente dice: "come passa il tempo, quando sei felice".

Ora lo posso confermare.

Dopo che io e Charles fummo tornati insieme, nulla fu più come prima. Essere la sua ragazza era ancora meglio di quanto ricordassi, anche perchè, a differenza della volta precedente, lavoravamo fianco a fianco.

Io ero sempre lì, a sostenerlo. Seguivo ogni sua vittoria, ogni sua sconfitta. Sollevavo con lui le coppe, e gli asciugavo le lacrime quando avrebbe voluto sparire dal mondo.

Io ero lì, in ogni istante della sua vita, come lui era lì in ogni istante della mia.

Solo che, si sa, quando passa il tempo, le cose cambiano. Le persone vanno, le persone vengono, e... i lavori cambiano.

Ero convinta che la mia vita sarebbe stata in Ferrari, nonostante tutto e tutti. Ero convinta che quella firma, che avevo inciso nero su bianco ormai due anni prima, fosse eterna: un tatuaggio sottopelle, destinato a segnarmi per sempre.

Mi sbagliavo.

Mi ero persino dimenticata che quel contratto avesse una scadenza, quando vidi un numero comparire sullo schermo del mio iPhone. Era il responsabile del personale, quella stessa persona che due anni prima mi aveva spinta a porre la mia firma su quel contratto, che allora vedevo come una sorta di condanna, mentre ora, come la mia salvezza.

"pronto?", risposi, con la voce tremante.

"Buongiorno Sofia! Ne è passato di tempo dalla nostra ultima chiacchierata!", esclamò.

Mi sforzai di sorridere. "in effetti..."commentai, ma non mi lasciò terminare.

"Le devo parlare, urgentemente", concluse, con un tono improvvisamente freddo.

Deglutii.

"arrivo", risposi, con un filo di voce.

Uscii dal mio ufficio, e salii velocemente le scale. Incontrai Carlos, ma nemmeno lo salutai. Ero troppo tesa.

Bussai alla porta, tremante.

"entri pure", rispose quella profonda voce maschile che avevo sentito al telefono.

Aprii la porta, e avanzai lentamente, verso la sua scrivania.

Ricordavo perfettamente l'ultima volta che avevo camminato su quel pavimento, ricordavo l'ansia che avevo quel giorno, e lo sguardo che avevo lanciato verso la pista di Fiorano.

Sguardo che, per altro, mi aveva spinta a firmare.

"suppongo che lei sappia che il suo contratto è in scadenza", disse, ancor prima che mi fossi messa a sedere.

"si... ma io mi trovo benissimo qui. Sono disposta a trascorrere ancora degli anni, qui dentro", dissi, sicura.

Vidi quell'uomo sorridere. "ma noi non siamo disposti ad averla qui".

"C-cosa?", chiesi, certa di aver capito male. Sentivo un mattone sul mio cuore, che gli impediva di battere con regolarità.

Non poteva essere vero.

"ha capito benissimo", mi ammonì.

"ma... perchè?", chiesi, rasentando la lacrime. "ho sbagliato qualcosa?".

Si mise a ridere. "ma no, certo. E' stata perfetta, è solo che...", iniziò, come se dovesse cercare le parole più adatte.

Restai lì, ferma, ad attendere il resto.

"... è solo che vogliamo cambiare, ecco", concluse.

"Perchè? La gente mi conosce, e mi sembra anche di stare simpatica ai Tifosi", ribattei, esasperata.

"Certo, ma sai com'è..."

"nessuno l'ha autorizzata a darmi del tu", dissi, con tono perentorio.

Lo vidi spiazzato, ma poi proseguì. "Vede, lei e Charles siete ormai una coppia stabile, che ha fatto il suo tempo... non so come dire. Ormai lei ha perso tutta l'attrattiva che aveva. Abbiamo bisogno di un volto nuovo"

"Cosa volete? Una modella? E' questo che volete? Che fine ha fatto tutto quel discorsone di due anni fa, quando mi avevate spiegato che per lavorare qui bisogna sapere tutto sulle auto?"

"Certo, qualcosa dovrà pur sapere..."

Mi alzai di scatto. "allora tenetevi le vostre cazzo di modelle, il vostro contratto e tutto il resto. Sono stanca di essere usata".

Corsi fuori da quell'ufficio e, una volta oltrepassata la porta, iniziai a piangere.

Fino a quel momento la Ferrari era stato il mio luogo sicuro, quello in cui mi sentivo a casa, nonostante tutto e tutti.

Ora, invece, mi avevano gettata via anche loro.

In passato ero stata abbandonata e delusa decine di volte, tanto da essere convinta che non avrei mai più sofferto.

Invece mi sbagliavo.

Eccome, se mi sbagliavo.

Uscii da una porta sul retro, e mi sedetti su un muretto, che separava la zona del Reparto Corse  dalla pista di Fiorano.

Mi portai le mani al volto, e asciugai le lacrime.

Deglutii, e trassi un profondo respiro. Dovevo smetterla di piangere ogni volta che qualcosa andava storto. Dovevo crescere.

Proprio in quell'istante udii, dietro di me, ciò di cui avevo più bisogno.

"Sofi", disse Charles, "cos'è successo?", chiese, sedendosi accanto a me.

Guardai il vuoto di fronte a me, senza mai voltarmi verso di lui. "Mi hanno licenziata", risposi, in un soffio.

"cosa?", chiese, ma la realtà era che aveva capito benissimo. Anche lui, come me, stentava a crederci.

"Da domani non lavorerò più qui", ribadii, cercando delle parole più morbide per descrivere la fonte di tanto dolore.

"ma... perchè?", domandò.

"perchè non sono una modella... le persone come me non vanno più di moda", risposi, amareggiata.

Charles non rispose. Percepii il suo respiro, farsi leggermente più pesante.

Gli sarei mancata. In quel silenzio compresi tutto, ogni parola che avrebbe potuto dirmi.

"non capisco", commentò, a bassa voce. "sono degli idioti"

"qui l'unica idiota sono io", ribattei, "che mi sono illusa che questo sogno potesse durare ancora"

Il monegasco si avvicinò ancora me, cingendomi le spalle con un braccio. mi accarezzò i capelli, e stampò un bacio sulla mia guancia.

Mi voltai lentamente verso di lui, cercando conforto in quei suoi meravigliosi occhi verdi.

Mi sporsi, e lo baciai.

Fu un bacio strano, consapevole che da quel momento in poi non avremmo più potuto vederci tutti i giorni. Charles sarebbe stato sempre in giro per il mondo, ed io l'avrei incontrato solamente durante le pause, mentre la mia vita sarebbe ritornata a scorrere come quella di anni prima.

"Verrò da te in ogni istante possibile. Comprerò un appartamento a Milano, e vivremo lì insieme, fin quando avrai terminato gli studi, e poi... vedremo", disse, sorridendo.

Lo guardai, grata. Era in grado di alleggerire ogni peso, solamente specchiandosi nei miei occhi.

"Ed io verrò a vederti ogni volta che ne avrò la possibilità", aggiunsi, accarezzandogli una guancia.

Deglutii, per non ricominciare a piangere.

Charles era con me, e questa volta sapevo che il nostro sarebbe stato un "per sempre".

Uno di quelli veri, come quelli che si vedono nei film, quando le persone si giurano eterna fedeltà, e mantengono la promessa.

Osservai il pilota, e pronunciai, a bassa voce, una frase di una delle mie canzoni preferite: "I don't wanna say goodbye, 'cause this one means forever".

Charles mi asciugò una lacrima, che aveva timidamente tentato di farsi strada sul mio volto.

 "tornerai, credimi".


Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora