ambizioni

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Mi svegliai, felice come non mai all'idea di poter trascorrere un'altra giornata in compagnia di Charles Leclerc.

Non avrei mai dimenticato la cena della sera precedente, come le ore che l'avevano preceduta. Era stato tutto perfetto, esattamente come la persona che mi aveva permesso di vivere tutto ciò.

"ciao papà", dissi a mio padre al telefono, mentre camminavo verso l'università.

"ciao tesoro, come stai?"

"benissimo"

"e con il tuo principe azzurro a bordo di una Ferrari?"

Alzai gli occhi al cielo. "non è il mio principe azzurro: sono solo la sua guida"

"sarà..."

"è, non sarà"

"stai attenta"

"va bene papi, non  mi farò rapire da uno dei piloti più famosi al mondo", commentai ironica.

Riattaccai ed entrai velocemente nelle aule del Politecnico, dove trascorsi l'intera mattinata.

Sarebbe superfluo dire che non ascoltai quasi nulla, pensando a ciò che avrei dovuto indossare.

Alla fine la scelta ricadde su dei Jeans a palazzo ed una felpa bianca molto leggera, che mi lasciava scoperto l'ombelico.

Qualche ora dopo ero nuovamente nella hall dell'hotel, ad attendere quello che mio padre aveva ironicamente definito il mio "principe azzurro".

Mi scoprii a fissare con sguardo vacuo le mie Nike bianche. Quando mi riscossi sperai che nessuno mi avesse notata.

Incredibile l'effetto su di me di un pilota monegasco.

Trasalii quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla.

Quando mi girai vidi Charles che rideva, e non resistetti al guardarlo male, incrementando ancora di più la sua meravigliosa risata.

"salve guida", mi disse, mentre io mi tenevo una mano sul cuore, tentando di riportare i miei battiti nella normalità.

"vuoi farmi morire?", gli chiesi.

"giuro che non è mia intenzione", disse, alzando il palmo della mano come per un giuramento in tribunale.

Questa volta fui io a ridere.

Salimmo ancora una volta sulla sua fantastica Ferrari, e dopo qualche minuto ci trovammo a City Life.

Quando scendemmo dall'auto, restai qualche istante in silenzio a contemplare ciò che avevo davanti.

Forse un giorno avrei raccontato a Charles ciò che ero stata costretta ad affrontare in passato, forse gli avrei parlato dei miei obiettivi, delle mie ambizioni, e di ciò che City Life rappresentava per me.

"tutto bene?", mi chiese, probabilmente leggendo il mio sguardo malinconico.

Annuii con poca convinzione. Forse un giorno gli avrei anche parlato della mia abitudine di tenermi sempre tutto dentro, del fatto che io giocavo sempre da sola.

"se hai bisogno di parlare, io ci sono", mi disse sincero.

Mi girai a guardarlo, e mi trovai ancora una volta persa nell'oceano dei suoi occhi.

"un giorno, forse. Ora non ce la faccio", ammisi, più che altro a me stessa.

Restò in silenzio, ed osservò ciò che poco prima era stato sotto ai miei occhi, squadrò i moderni grattacieli di fronte a noi.

"non c'è nulla di male ad essere ambiziosi", mi disse poi, avvicinandosi a me.

Abbassai lo sguardo. "però quando cadi ti fai più male di tutti", obiettai.

Charles mi squadrò, con uno sguardo dolce che mai avevo visto sui suoi occhi.

Poi, senza quasi che me ne accorgessi, mi abbracciò. Sentii le sue braccia avvolgere il mio corpo, il suo meraviglioso profumo entrare nei miei polmoni.

Posai la testa nell'incavo del suo collo, rispondendo all'abbraccio.

Lui in due giorni mi aveva capita più di tutti coloro che mi conoscevano da una vita intera, genitori compresi.

Ma questa storia gliel'avrei raccontata più avanti.

Sciolsi l'abbraccio, e lo accompagnai per tutto il parco. Varie persone lo riconobbero, e gli chiesero una foto con lui.

Alcuni azzardarono pure a chiedergli se fossi la sua ragazza, ma noi, imbarazzati, rispondemmo che no, non ero altro che una guida.

Nelle ore seguenti poi, camminammo tranquillamente per le vie della moda, guardammo le vetrine, e gli diedi persino dei suggerimenti riguardo ad alcuni acquisti.

"questo ti piace?", mi chiese, indicando un meraviglioso vestito Chanel, corto, attillato, rosso bordeaux, esposto in negozio.

Mi misi a ridere. "ti donerebbe molto, devo ammettere", dissi.

"scema", mi rimbeccò, ridendo, "io dicevo per te"

Sorrisi. "sarebbe meraviglioso se solo non costasse quattro volte tutto ciò che posseggo"

Lo vidi fare un cenno alla commessa. "uno della taglia della signorina, grazie", disse.

"ma sei pazzo?", gli chiesi.

"no, voglio che tu abbia un mio ricordo quando me ne andrò da Milano"

Lo guardai, a bocca aperta. "fidati che di ricordi ne avrò finché campo"

Mentre parlavo la commessa prendeva delle misure al mio corpo, e qualche istante dopo ci raggiunse con il vestito, incartato.

Quando uscimmo dal negozio, non parlai. Non lo ringraziai neppure.

Le sue parole mi avevano ricordato che lui presto se ne sarebbe andato, e lo avevano fatto in modo troppo brusco.

Charles se ne accorse, perchè cercò subito di sanare il danno. "questi giorni sono stati meravigliosi, e vorrei che noi continuassimo a frequentarci"

Lo guardai e sorrisi, malinconica. "anche io lo vorrei"

"ti piacerebbe vedere un'altra gara?", mi chiese.

"ovvio", risposi ridendo.

"entro un paio di giorni ti farò avere un biglietto per il gran premio d'Austria... sarai ai box"

Mi bloccai di colpo. "stai scherzando?", gli dissi.

Si mise a ridere. "no, e voglio che tu metta quel vestito", concluse, indicando la borsa che pendeva dal mio braccio.

Per poco non saltai in aria dalla gioia. Sarei stata parte dei vip, di coloro che potevano permettersi di guardare la gara da una posizione a dir poco privilegiata.

Sarei stata al suo fianco.

"ma non è necessario", gli dissi, cercando di non mostrarmi troppo felice, "tra la gente comune va benissimo lo stesso"

"ma tu non sei gente comune, per me sei molto di più"

Lo disse avvicinandosi a me, finché sentii il suo profumo ancora una volta vicinissimo. 

Potevo percepire il suo respiro sul mio volto, e le distanze tra noi si sarebbero accorciate ancora di più se il suo telefono non avesse iniziato a suonare di colpo.

Chiusi gli occhi, mentre sentivo il mio cuore riprendere a battere.

"Bonjour maman", disse, prima che il suo sguardo si rabbuiasse di colpo.

"je serai tout de suite", disse poi, chiudendo la telefonata e riponendo il telefono in tasca.

"mia madre è in ospedale", mi disse, "ci vediamo questo weekend alla gara, ti spedisco a casa i biglietti".

"charles?", chiamai, mentre si stava allontanando da me.

Mi guardò, in silenzio.

"fammi sapere come sta tua madre.. ci tengo a vederti felice"

Mi sorrise. "sei la persona migliore che abbia mai incontrato"

Detto questo se ne andò, lasciandomi lì, tra la folla milanese.


Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora