prima di te

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CONSIGLIO DI LEGGERE QUESTO CAPITOLO ASCOTANDO "CONTROL", DI ZOE WEES (in loop magari, perchè il capitolo è parecchio lungo😉).


"alle medie i professori mi dicevano che non avrei mai fatto nulla nella mia vita, e che non ero abbastanza intelligente per fare il liceo scientifico, mentre i miei compagni di classe non facevano altro che usarmi per copiare", iniziai a raccontare, mentre io e Charles ci trovavamo seduti sul divano nel mio appartamento.

"mi consigliarono di fare un istituto tecnico, io non li ho ascoltati, me ne sono fregata, e ho dimostrato a tutti che si sbagliavano", proseguii, "Durante quei tre anni infernali la mia autostima era andata sotto lo zero, ed io ero talmente stupida da non rendermi conto che stavo gettando via tutto per colpa di degli idioti. Al liceo le cose cambiarono. In realtà in prima ero ancora piccola e stupida, una ragazzina senza sogni o ambizioni, che studiava solo per il suo enorme senso del dovere. Il vero cambiamento in me è avvenuto nell'estate tra la prima e la seconda, quando mi resi finalmente conto che la vita era una, e che avrei dovuto viverla al massimo, senza ascoltare niente e nessuno. Decisi di diventare architetto, e di studiare a Milano, nonostante la  distanza dalla mia famiglia. Promisi a me stessa che pur di raggiungere i miei sogni e diventare qualcuno, avrei camminato su tutto e tutti, pur di farmi valere. Scoprii presto che l'unica cosa che mi permetteva di dimenticare tutto era scrivere, così iniziai a fare quanti più concorsi possibile. In questo la mia prof di italiano mi stette sempre accanto. Tutt'ora le voglio molto bene"

Bevvi un sorso d'acqua, e ricominciai a raccontare: "Volevo essere diversa da tutti coloro che mi circondavano, volevo fare carriera. In questo somiglio a mio padre, ed in molte altre cose. E' stato lui a trasmettermi l'amore per le tue amate monoposto rosso fuoco, l'amore per lo sci, per il calcio, per il tennis, e per lo sport in generale. Presto capii che in realtà il lavoro perfetto per me non era l'architetto, bensì la giornalista sportiva. Quando lo dissi a mia madre, si arrabbiò. Lei odia lo sport, e mi disse che avrebbe fatto qualunque cosa per impedirmi di fare un errore del genere. Me la misi via, e ritornai sul primo binario, quello di studiare architettura al Politecnico. Continuai a studiare, e non solo a scuola. Iniziai ad imparare il tedesco da autodidatta, perchè volevo essere migliore degli altri, volevo superarli in tutto, e conoscere più lingue di loro. Cominciai perfino a fare esercizi per il test d'ingresso all'università nell'estate tra la seconda e la terza liceo. Volevo essere imbattibile. Iniziai anche ad allenarmi, perchè volevo anche un fisico tonico, che fosse il migliore che potessi avere. L'unica cosa che non potevo cambiare di me in quel momento era il naso, che era terribile, ma decisi che quello sarebbe stato il primo vero grande cambiamento che avrei fatto una volta arrivata a Milano"

Mentre le mie parole scorrevano come un fiume in piena, le lacrime iniziarono a scivolare lungo le mie guance.

Charles non mi interruppe mai, lasciò che i miei pensieri fluissero. Volevo renderlo partecipe di tutto.

"poi proprio in quell'estate, tra la seconda e la terza, un giorno, dal nulla, mi venne sangue da naso. Non ci feci caso. Io andavo a scuola con 38 di febbre, ero indistruttibile. Poi accadde di nuovo, e di nuovo ancora. I miei attribuirono la cosa al caldo, agli sbalzi di pressione. Con l'avvento dell'inverno, non mi accadde più per un po', e non ci pensammo più. Poi la cosa si ripeté qualche mese dopo. Io continuavo comunque a studiare, e me ne fregavo altamente del fatto che potessi avere dei problemi di salute. Dopo tanto lavorare, giunse il fatidico giorno del test d'ingresso al Politenico. Era il sogno di una vita, il momento di sparare tutti i proiettili che avevo accumulato nel corso della mia esistenza"

Feci una pausa, dove trassi un profondo respiro.

"svenni", dissi secca, "là, davanti a tutti. Non mi era mai successo prima. Ricordo che sentii le gambe cedere di colpo, e la vista appannarsi. Quando mi risvegliai ero in un letto d'ospedale. Assorbii il colpo di aver saltato il test, e mi rimisi in piedi nel giro di qualche giorno. Continuai a studiare, anche più di prima. Continuavo ad avere quel problema del sangue di naso, ma io idiota continuavo a fregarmene, come avevo sempre fatto. Partecipai al secondo appello dell'esame. Non andò esattamente come sperato, ma alla fine per fortuna riuscii comunque ad entrare al Politecnico. Ce l'avevo fatta, stavo realizzando il sogno della mia vita"

Mi fermai, con le lacrime che ormai scendevano copiose lungo le mie guance. Charles mi guardava, ma non diceva nulla. Meglio così, avrei potuto raccontare tutto, senza dimenticare neanche un dettaglio.

"In tutto ciò ero riuscita anche a trovarmi un ragazzo. Si chiamava Mattia. Ero felice con lui, e credevo sul serio che potesse essere l'amore della mia vita. Lo amavo, e credevo che anche per lui fosse lo stesso. Un giorno, a scuola, svenni di nuovo. Mi portarono anche questa volta all'ospedale. Ricordo quando mi dissero: signorina, lei è troppo stressata... ha un esaurimento nervoso. Avrei dovuto restare lì per un po'. Per colpa di questo esaurimento, avevo perso peso. Lì per lì non ci avevo mai fatto caso, anzi, ero felice. Pensavo che fosse grazie ai miei allenamenti, ma il fatto era che a forza di studiare, delle volte mi dimenticavo persino di aver bisogno del cibo. Non mi ero mai resa conto che con la mia ambizione stavo finendo per calpestare me stessa. Quando i medici mi dissero questa cosa, mi crollò il mondo addosso. Non ero invincibile: avevo dei limiti, e parecchio evidenti anche. La maturità si stava avvicinando, e io non potei in alcun modo prepararmi nel modo in cui avevo sempre pensato. I crediti degli anni precedenti mi alzarono parecchio il voto, ma il risultato non fu assolutamente quello sperato. Gli scritti li feci a scuola, con un'infermiera in fondo all'aula, nel caso fossi svenuta. Mi capitava sempre, ormai. L'orale invece lo feci dall'ospedale, in videochiamata"

Mi fermai.

"In tutto ciò Mattia mi lasciò, e non si degnò nemmeno di dirmelo di persona. Mi scrisse un messaggio: forse è meglio se la finiamo qua. Bello, no? Gentile, soprattutto. Lui era stato tutte le mie prime volte, e credevo che mi sarebbe stato vicino anche nel momento più duro della mia vita, ma mi sbagliavo.", feci una breve pausa, "a quel punto capii che avrei giocato da sola, senza mai contare sull'appoggio di nessuno. Uscita dall'ospedale, la mia migliore amica mi fece il regalo più grande di tutti. Mi portò con lei a visitare gli USA. Ero debole, ma i medici dissero che staccare la mente mi avrebbe fatto bene. Dovevo continuare a monitorare la pressione e prendere delle pastiglie, per il resto ero libera. Tornai in Italia carica come non lo ero mai stata. A Milano alla fine mi rifeci il naso, come avevo stabilito, e mi tatuai questo", dissi, indicando un piccolo numero 10 impresso sulla pelle della parte sinistra del mio collo. "il 10 è il numero della perfezione, il voto più alto che puoi prendere a scuola, nel calcio è il numero dell'attaccate più forte, del simbolo della squadra. Avevo deciso che sarei sempre stata il numero 10 di me stessa, la parte migliore di me"

Asciugai le lacrime. "poi sei arrivato tu, e mi hai aiutata a crescere ancora. Mi hai insegnato che non sempre giocare da soli è la soluzione migliore"

Charles mi baciò. Non disse nulla, ma sapevo che aveva capito tutto. Aveva gli occhi lucidi, come me. Sapeva che avevo sofferto.

"ti starò sempre accanto", mi disse poi, "non ti permetterò mai più di giocare da sola, e ti prometto che avrai tutto ciò che vuoi. Non dovrai più avere paura di essere ambiziosa.".

Lo guardai negli occhi. Sì, lo amavo, più della mia stessa vita. Avrei fatto qualsiasi cosa per lui.

"Ti amo Charles", gli dissi.

Mi sorrise. "anche io piccola. Ti amerò per sempre"

Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora