ma sei tu

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Mi strinsi nella felpa nera NASA che indossavo, riuscendo a stento a tenere gli occhi aperti.

Stavo studiando da ore. Ero atterrata a notte fonda a Milano Linate, di ritorno da Baku... inutile dire che fossi esausta.

Mi alzai dalla sedia, e mi posai allo stipite della porta che dava sul terrazzo, per guardare il mondo fuori da quelle quattro mura.

Sorrisi, rivolta ad una Milano sempre splendente, frenetica. Vivevo in periferia, ovvio, ma quella città per me era bella comunque, piena di pieghe, sfumature che solo una persona che la amava veramente poteva comprendere sul serio.

Notai che stava arrivando un temporale: io li amavo.

Sorrisi. Sì, ero pazza, fuori dal comune, ma quando vedevo il vento alzarsi e il cielo dipingersi rapidamente di nero, mi sentivo felice, leggera.

Corsi in camera, indossai dei jeans e una felpa un po' più decente, un paio di Vans, e mi precipitai giù dalle scale del mio condominio, trovandomi in strada nel giro di qualche secondo.

Alzai lo sguardo rivolta alle nuvole nere del cielo, lasciando che il forte vento mi scompigliasse i capelli, che li facesse danzare con lui, a ritmo della sua meravigliosa musica.

Sorrisi. Ero felice, sul serio.

Solo il temporale era in grado di farmi sentire così.

L'ombrello che avevo preso per sicurezza dondolava, anche lui cullato dal vento, appeso al mio polso destro.

Iniziai a camminare, un passo dopo l'altro, senza mai smettere di osservare quel meraviglioso cielo.

Vedevo le persone correre dentro casa, cercare riparo, guadare preoccupate le nuvole, sperando che si allontanassero. Io invece ero lì a sorridere al mondo, quando tutti gli altri ne erano spaventati.

Mentre camminavo lentamente, sentii dietro di me la voce di una ragazza che esclamava: "o mio Dio!"

Mi voltai, incuriosita, e notai una ragazza non troppo alta, dai lunghi capelli rossi, che guardava me.

Mi chiesi immediatamente se avessi qualcosa che non andava, di cui non mi ero accorta.

Poi, però, notai che quella ragazza stava sorridendo, avanzando velocemente verso di me.

"Ma tu sei Sofia!", esclamò, portandosi le mani a coprire la bocca, manifestando tutto il suo stupore.

"sì...", risposi, confusa.

"ti adoro", si affrettò ad aggiungere la ragazza, "ti seguo su Instagram, e ti giuro sei l'unica persona di cui non salto le storie... sei... fantastica", mi disse.

La guardai, sbalordita. "grazie", risposi, incredula.

"potresti...", iniziò la ragazza, visibilmente imbarazzata. "farmi un... autografo?", chiese.

Le sorrisi. "ma certo", mi affrettai a rispondere, gongolante all'idea che qualcuno chiedesse un autografo a me.

Vidi le labbra della ragazza piegarsi in un largo sorriso. Frugò dentro la borsetta che portava appesa alla spalla sinistra, poi, dopo qualche istante, mi porse una penna e un taccuino.

"come ti chiami?", le chiesi.

"Luce", rispose, ancora più imbarazzata di prima.

Le sorrisi, e scrissi una dedica veloce su una pagina del taccuino, aggiungendo ovviamente la mia firma.

La osservai per qualche istante: era il primo autografo che facevo in tutta la mia vita. Me lo sarei ricordato per sempre.

Mentre scrivevo, la vivace ragazza dai capelli rossi dondolò per qualche istante sulle sue stesse gambe, poi trasse un respiro. "tu... hai... hai sul serio il tatuaggio sul collo?", mi chiese, tutto d'un fiato.

Alzai il capo verso di lei, e sorrisi. "ma certo", le dissi, scostando i capelli e facendole vedere il numero 10 che risaltava sulla mia pelle.

"mi... mi sono sempre chiesta il suo significato...", iniziò, imbarazzata.

"indica la perfezione a cui ho aspirato per tutta la vita, e a cui aspirerò per sempre", ammisi, guardandola negli occhi.

Luce chiese anche una foto con me, ed io accettai senza problemi.

"grazie mille... ti adoro ancora di più", ammise alla fine, senza mai smettere di sorridere.

"non sono nessuno di speciale", obiettai, osservando la gioia dei suoi occhi.

"sì, invece. Sei una presentatrice fantastica, e poi... cavolo, sei la fidanzata di Charles Leclerc"

Deglutii. Cercai di improvvisare un sorriso, che però risultò per lo più come una smorfia. Sperai che Luce non se ne fosse accorta.

"è stato un piacere conoscerti", le dissi, tentando di tagliare corto: non avevo nessuna voglia di parlare di Charles, e del fatto che tutti pensavano che stessimo ancora insieme.

Mi faceva troppo male.

Guardai Luce allontanarsi, con i suoi lunghi capelli rossi al vento. 

Il cielo si era oscurato ancora di più, ma non riuscivo più a percepire la spensieratezza di prima: in bocca avevo un sapore dolce-amaro: da un lato ero felice che le persone mi riconoscessero addirittura per strada, mentre dall'altro...

beh, dall'altro pensavo a Charles, a tutto ciò che avrebbe potuto essere ma che non sarebbe stato mai.

Mi infilai in una caffetteria, e ordinai un cappuccino.

Mentre mi sedevo ad un tavolo, percepii una vibrazione provenire dal mio iPhone. Quando lo estrassi dalla tasca posteriore dei jeans, vidi che Lewis mi aveva scritto.

"come stai?", chiedeva, ovviamente in inglese.

Sorrisi. "bene", scrissi, mentendo più che altro a me stessa.

"tu?", chiesi.

In attesa della risposta, posai il telefono sul tavolo, con lo schermo rivolto verso il basso. Ero felice che io e Lewis fossimo diventati amici: era una bravissima persona e, soprattutto, si preoccupava per me.

Oltre a Carlos, nessuno prima d'allora si era mai premurato di asciugarmi le lacrime di dolore che scorrevano sul mio volto.

Quei due erano i miei migliori amici. Non so cos'avrei fatto senza di loro.

Guardai fuori dalle ventrate della caffetteria. Dovevo smetterla di piangere sul latte versato: era ora di voltare pagina.

Ero famosa, la cosa migliore da fare era incrementare ancora di più la mia fama, dimostrando ancora una volta al mondo e a me stessa che avrei potuto avere tutto dalla vita, mi sarebbe bastato impegnarmi.

Sorrisi, rivolta alla trafficata strada milanese su cui avevo posato gli occhi.

Terminato il cappuccino, ritornai a casa, giusto qualche istante prima che si mettesse a piovere.

Faceva molto freddo, per cui mi raggomitolai in una coperta e mi rimisi a studiare, con la testa chinata sui libri.

Mi sembrava quasi di avere due vite: una che all'apparenza era meravigliosa, in tacchi alti sotto ai riflettori nei paddock di formula 1, ed un'altra, estremamente comune, in cui vivevo tutti i giorni come una normalissima studentessa universitaria di Milano.

Ora la palla passava a me, d'ora in poi sarebbe toccato a me capire quale di queste due fosse la mia strada.

Anche se, in fondo, il mio cuore aveva già deciso per me, molto tempo prima.

Velocità II Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora