I piedi battevano al ritmo di quella sensazione di noia mista al nervosismo che cresceva per via dell'attesa. Sembrava che in quel modo imponesse al tempo di passare più velocemente, ma purtroppo non era così. Le suole contro le gradinate degli spalti producevano un leggero ticchettio, e le braccia incrociate al petto facevano in modo di proteggerla da quel leggero freddo che lei considerava stupido: non era abbastanza rigido da soffrirlo per davvero, ma neanche così leggero da poter stare bene. Era un leggero freddo ottuso.
I suoi occhi castani rivolgevano lo sguardo al campo vuoto. Continuava a spostare delle ciocche plumbee dal volto per via del venticello che non faceva altro che muoverle e farle danzare tra le sue braccia. Tutta la sua attenzione era riposta alla casa base, lì dove il battitore sarebbe andato a posizionarsi. Anche se si trattava solamente di una partita di allenamento la tensione scorreva in ogni fibra del suo corpo, rendendole impossibile stare ferma sul posto.
Jamia sapeva quanto anche gli allenamenti contassero, era in quelli che si capivano le mancanze di ogni giocatore e si andavano migliorare. Era in quei momenti che si discutevano le tattiche di gioco e si testava l'affiatamento tra i compagni di squadra, tra lanciatore e ricevitore, addetti a scambiarsi informazioni con invisibili cenni, così da poter eliminare il battitore avversario. Quello del battitore si poteva definire uno dei ruoli più importanti, e per quanto tutta la squadra dovesse essere in grado di battere, c'era sempre chi eccelleva.
Frank, così come l'amica, sentiva ogni fibra nervosa del suo corpo tendere da renderlo, così, incapace di stare fermo ad aspettare gli altri uscire dagli spogliatoi. Era sulla porta, già con la divisa grigia indosso, con la mazza martellava sul pavimento e guardava annoiato sommariamente i suoi compagni. Sembrava gli stesse intimando di sbrigarsi, ma d'altronde loro non avevano la stessa pressione che sentiva Frank.
Era come se sulle spalle avesse un enorme peso incorporeo, un'entità, una voce che gli ricordava in continuazione che doveva mantenere la sua posizione. Era stato il migliore, l'unica azione concepita era quella di migliorare, di tornare indietro non se ne parlava. Era suo compito sfiorare, per poi raggiungere, la perfezione.
Una mano chiusa a pugno bussò sulla lastra di vetro incorniciata a finestrella sulla porta. Frank sobbalzò e si allontanò dallo stipite sul quale si era poggiato. La maniglia si abbassò e dalla fessura ne uscì un volto maturo, non ancora macchiato dalle rughe, ma con qualche fugace ciocca grigia a cadergli sulla fronte. «Dai ragazzi, vi voglio in campo entro due minuti!» ordinò il coach Ford.
Ray, che aveva appena finito di allacciare le stringhe delle scarpe, buttò uno sguardo agli spogliatoi e notò come tutti al richiamo dell'allenatore avessero smesso di perdersi in ciance e avessero ultimato gli ultimi ritocchi alla divisa. C'era chi finiva di allacciare i bottoni della casacca e chi alzava sotto al ginocchio le calze, ma in meno di un minuto furono tutti pronti, con guantoni e mazze alla mano.
Quando furono usciti si posizionarono come di consuetudine di fronte al coach, in attesa di essere divisi in due squadre e poter simulare una partita. La prima cosa che Frank fece quando mise piede sulla terra rossiccia, del campo a quarto di cerchio, fu voltarsi e cercare Jamia. Appena incrociò lo sguardo della ragazza le vide sbocciare sul volto un enorme sorriso capace di illuminare anche la più uggiosa delle giornate. Frank pensava che non potesse esistere un sorriso più bello, ma forse non l'aveva ancora trovato. Le sorrise di rimando.
Il coach Ford richiamò l'attenzione dei ragazzi, erano tutti disposti in una linea dritta, e Ford li guardava come se fosse un generale militare. Iniziò a guardarli uno ad uno, indicò nove di loro e così li divise in due squadre. La prima squadra iniziò a prendere posizione sul campo, attendendo comunque istruzioni dall'allenatore, mentre i restanti nove rimasero in posizione in attesa di sapere chi dovesse battere per primo.
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A Summoning // Frerard
FanfictionMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...