I raggi di una quieta Luna si gettavano ad illuminare quel poco di asfalto che potevano. Alcuni fili d'erba tenaci erano riusciti a prendere possesso di uno spazio che prima di essere asfaltato apparteneva a loro, essi brillavano sotto quei fasci di luce lattiginosi. La Luna era appena nata, non era completa, le mancava un quarto, ma era comunque più luminosa rispetto a molte altre sere di quelle settimane. Brillava nel tentativo di indicare, come un faro durante una tempesta, la via da percorrere.
Tutto intorno era buio, da lontano si percepivano le luci gialle ronzanti dei lampioni della città. In quel tratto la Luna si fingeva un occhio di bue. Nel silenzio si potevano sentire dei passi disinvolti pestare il terreno e qualche volta incappare in dei sassolini, oppure calpestare delle erbacce riuscite a crescere nell'asfalto. Anche a concentrarsi nel voler sentire per forza qualcosa si udiva solamente un respiro ritmico; esso non si allontanava mai troppo, tanto da convincere il ragazzo che si trattasse del suo stesso respiro.
Continuò tranquillo per la sua strada, il passo non era svelto, non si era voltato una singola volta, sentiva di poter essere sicuro che nulla ci fosse alle sue spalle. A volte chi pecca di superbia paga cara la sua condanna.
Grandi raffiche di respiro caldo uscivano da un paio di narici larghe, appiattite al muso, come se avesse preso una grande botta ed il naso si fosse ritirato. Le guance erano segnate da rughe pronunciate, quasi innaturalmente grottesche. Questi solchi costringevano il volto ad un'espressione triste e angosciosa, messa in evidente contrapposizione con lo sforzo di inarcare l'apertura della bocca in sù, nel peggiore tentativo che ci fosse mai stato di sorridere.
Dalla bocca, equiparabile ad un fessura che nel tempo si era rimarginata nel peggiore dei modi - aperta tramite una sega da falegname spuntata e arrugginita -, usciva un leggero rantolio. Ad ogni avanzata - i suoi non erano passi, il piede veniva poggiato a terra, le dita uncinate toccavano l'asfalto ed esso sprofondava sotto la sua pelle eterea, ma non c'era vero contatto, neanche un piccolo schiocco ad annunciarlo, nulla - dalla sua bocca usciva un lamento talmente leggero da perdersi nel cielo stellato.
Il corpo scuro, sorretto da arti incredibilmente magri, si stava avvicinando sempre di più al ragazzo, rendendo il respiro sempre più affannato. Non si capiva se Bob avesse una sicurezza tale da farlo sentire al sicuro anche a un metro di distanza da quei rumori demoniaci o se fosse semplicemente sprovvisto di un buon udito.
Un fruscio caldo accarezzò il collo del biondo, e ne mosse delle ciocche. Un paio di piedi si impuntarono sul terreno, fermi come se qualcuno li avesse trafitti con dei chiodi in quel momento. Un brivido percorse la spina dorsale del ragazzo, rizzò le orecchie e fece del suo meglio per percepire tutto quello che aveva ignorato fino a quel momento.
L'essere non fermò la sua avanzata, con ostinata lentezza avvicinò il muso all'orecchio di Robert. Gettò un paio di volte, con prepotenza, dell'aria calda dalle narici e rantolò qualcosa. Nonostante condividesse il lessico di questo mondo si divertiva di più a usare i suoi versi, per gli umani insensati, per comunicare. Il biondo rimase immobilizzato, muovendo solo gli occhi, che vorticavano febbrilmente in tutte le direzioni, ma non c'era nulla.
Né alla sua destra né alla sua sinistra c'era anima viva. Lottava contro il suo stesso corpo per voltarsi, ma sembrava essersi paralizzato dal terrore. Sentì qualcos'altro al suo orecchio sinistro, un verso senza senso, la voce era roca, la sentiva sfumarsi in fretta, come non fosse abbastanza forte per aggrapparsi alla Terra. Il suono somigliava ad un mormorio, come qualcuno stesse recitando il rosario, ma era abbastanza certo che quelle parole fossero inventate.
Sentì una mano artigliarli il capo. La mano, dalle lunghe dita affusolate, che sembravano possedere una falange in più, affondò la presa nei lisci capelli biondi del ragazzo. Al sorriso grottesco si aggiunse una nota in più di austera malizia. Affondò gradualmente le unghia nella carne del ragazzo, che iniziò a gemere per il dolore. «Cosa cazzo succede!» gridò voltandosi di scatto quando ormai era troppo tardi.
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A Summoning // Frerard
Fiksi PenggemarMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...