Facendo forza nella braccia abbassò i maniglioni antipanico, così aprì le porte che lo separavano dall'ambiente. Appena mise piede oltre la soglia che lo separava dall'ampia sala del teatro perse il fiato, percepì subito un'aria pesante impedirgli di respirare. Era come se l'atmosfera fosse talmente densa da non poter essere filtrata correttamente dalle narici del ragazzo. Il cuore aveva rallentato di colpo. Vedere quell'ambiente aveva avuto un certo effetto su di Frank.
Sentiva nell'aria il peso e l'importanza di chi viveva quell'ambiente. Era come se la storia racchiusa nel velluto delle sedie ordinate in infinite file, il parquet laccato e calcato da molteplici attori dilettanti, il leggio che aveva ospitato copioni e spartiti differenti venissero sprigionati nell'aria sotto forma di odori. Riusciva a sentire un calore differente, era come entrare in un'altra dimensione.
Il sole pomeridiano tagliava la sala, illuminandola a metà, nel fascio il pulviscolo danzava a tempo dei passi sostenuti che produceva Frank, mano mano che si avvicinava alle prime file. Sul palco un uomo di mezza età faceva avanti e indietro ticchettando con i tacchetti bassi delle scarpe eleganti che calzava. Sembrava che l'uomo, vestito in diverse tonalità di nero, stesse ripentendo un discorso nella mente. Mentre compiva i passi si picchiettava la stecca degli occhiali da vista sulle labbra, come se provasse ad incoraggiarsi a ricordare il seguito.
L'uomo, che Frank capì essere il loro insegnate, al rumore dei suoi passi si destò dallo stato in cui era piombato e alzò lo sguardo all'unico in piedi: Frank. L'uomo lo guardò dritto in volto - ormai Frank era quasi arrivato alla meta del percorso - poi lo indicò con fare teatrale. Tutti gli studenti seduti nelle prima file, dacché stavano osservando i gesti dell'insegnante, passarono a guardare Frank. «Tu!» disse non abbassando ancora la mano che lo indicava, tenendo in volto un'espressione seria, «Ti stavamo aspettando, coraggio siediti» continuò poi, cambiando in volto. Ora i ricci castani, intervallati da ciocche argento, gli incorniciavano un sorriso caloroso.
Frank gli sorrise un po' a disagio, finire sempre sotto i riflettori, anche quando non era il suo turno, lo infastidiva. Continuò a camminare fino a raggiungere dei posti, notò che ad essere occupate erano le prime tre file. Non tutti i primi posti erano stati presi, quindi decise di sedersi in seconda fila. Una volta accomodato poggiò la cartella sulla poltroncina libera al suo fianco. Il professore, si rese conto di non conoscere ancora il suo nome, iniziò a raccogliere i suoi pensieri per poi buttare fuori un discorso.
Tutto sommato l'atmosfera che si viveva all'interno dell'ambiente era calma. Non sapeva cosa in particolare, ma tutto quello che regnava nel teatro lo stava mettendo a suo agio in quel momento, però c'era qualcosa che non quadrava. La sensazione era simile a quella di una macchia di inchiostro nera su di un figlio totalmente bianco. Percepiva della tensione. Aveva come l'impressione che al suo fianco qualcosa non andasse.
Si voltò. Al suo fianco dei capelli bruni sfioravano una mascella dal colore cadaverico, essa era stranamente serrata. Il ragazzo guardava dritto davanti a sé, ma sembrava cercare di controllare la situazione tramite la vista periferica. Era palese che stesse cercando di evitare in qualunque modo Frank. Le mani, distese sulle gambe, erano intrecciate in maniera serrata, tanto da rendere le nocche ancora più bianche se possibile. Si percepiva a colpo d'occhio che lì dentro la sua tensione bastava per tutti.
Non capiva perché Gerard si stesse comportando in quel modo, in fondo non si conoscevano, o almeno non di persona. Non era sicuro però che non lo avesse preso involontariamente in antipatia, magari aveva associato a lui i commenti offensivi dei suoi amici. Magari lo odiava senza neanche sapere chi era realmente, o forse era intimidito. Si sentiva uno stupido vanitoso ogni volta che ci pensava, però in fondo lui era uno fra i più popolari della scuola, non era inusuale trovare ragazzi che avevano paura persino di salutarlo - come se fosse al pari di una divinità, o una rockstar - però di solito erano i primini a vederlo quasi come un alieno e non un ragazzo come tanti.
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A Summoning // Frerard
FanficMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...